Svolte inaspettate

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"Che razza di problemi ha questo Wonton?" strepita Chris attraverso il cellulare. La fotocamera frontale del suo cellulare inquadra a stento il suo volto mentre cammina nervosamente sul ponte della nave. "Oh, quanto vorrei essere lì. Gliene direi quattro, a quel bastardo narcisista e bipolare."

La sua reazione mi strappa una risata incontrollata.

"C'è poco da ridere, Leah" mi rimprovera, ma io non riesco a smettere. "Vuoi spiegarmi cosa c'è di tanto divertente in questa faccenda?"

"Nulla, Chris. E' che sei così buono che una volta ti ho chiesto ti uccidere un ragno in cucina e tu non hai voluto perché non era giusto fargli del male. E se qualcuno si scontra distrattamente con te per strada sei persino tu a chiedergli scusa" gli spiego ridacchiando ancora. "Non ti ci vedo per nulla ad affrontare qualcuno, neanche lo stronzo che mi ha licenziata."

"Ehi" ribatte, fulminandomi scherzosamente con lo sguardo. "Mi sottovaluti. Potrei incutergli timore con la mia divisa, piccola."

"Ah, certo. Con la tua candida divisa da marinaio, in camicia a maniche corte e calzoncini?" lo prendo in giro.

"Proprio così" risponde a tono Chris finendo a ridere insieme a me, poi ritorna serio e butta fuori un lungo sospiro. "Mi dispiace davvero tanto, piccola mia. Non doveva andare così. Vorrei essere lì e poter fare qualcosa per te."

"Mi basta avere il tuo supporto, Chris, anche se a distanza. E poi sarai qui per Natale, giusto?"

"Certo!" sorride, e i suoi occhi azzurri si illuminano dietro gli occhiali. "Te l'ho promesso. Sai che adoro passare il Natale insieme a te."

"Insieme sul nostro divano, sotto le coperte, a bere cioccolata calda e fare maratona di film Disney?"

"Come da tradizione, piccola."


Solo un paio di settimane dopo il licenziamento, sono già al lavoro da Johnny's, un vecchio e datato fast food che non ho idea di come faccia a stare ancora in piedi dal 1987. Devo cambiare due linee della metro e camminare un bel po' per arrivarci, ma non posso rimanere senza lavoro e devo adattarmi, anche se ciò significa che sono costretta, momentaneamente, a svolgerne uno che non mi piace.

Mi guardo allo specchio nel minuscolo bagno del personale durante i miei primi 10 minuti di pausa dopo 7 ore di lavoro ininterrotte. Sono piuttosto alta e la mia divisa mi sta leggermente corta, ma Johnny, il mio capo, dice che non può permettersene un'altra e devo farmela piacere; in più lo stupido cappellino che sono costretta ad indossare non rende giustizia al mio volto. Non mi sono mai ritenuta bellissima ma quantomeno carina, cosa che in questa accozzaglia di stoffa pruriginosa e dai colori discutibili non riesco a percepire.

Torno al bancone attraversando la cucina, che i miei colleghi stanno già incominciando a pulire in vista della chiusura. Per fortuna il locale si è svuotato e posso dedicarmi alla contabilità della cassa.

"Leah, oggi è il tuo turno per i cessi!" urla la mia collega Helen dal fondo della sala mentre sparecchia gli ultimi tavoli."
"D'accordo" le urlo io di rimando, non accorgendomi subito della presenza di fronte a me.

Un forte profumo di cui non distinguo la composizione ma che mi risulta familiare mi riempie le narici. Alzo lo sguardo dalla calcolatrice e mi rendo conto: i lunghi capelli neri, il viso dai tratti esotici e inconfondibili e quelle labbra carnose e stupende.

Jayden.

"Tu" gli dico infastidita e sorpresa allo stesso tempo.

"Tu" mi scimmiotta lui con aria insolente, ma sembra sorpreso tanto quanto me di vedermi. "E così sei finita qui da Johnny, adesso."

"Beh, indovina un po' di chi è la colpa" ribatto stizzita. "Non credevo che uno come te frequentasse posti come questo."

"Non me ne vergogno affatto. Sono un grande fan del panino col pulled pork di Johnny."

"Già. E' la salmonella che da quel tocco di sapore in più."

Jayden scoppia a ridere di gusto. "Devo ammettere che sei divertente, Leah. Chissà se non ti abbia giudicata troppo velocemente."

"Suppongo non lo scoprirai mai. Lavoro dal tuo adorato Johnny, adesso."

L'espressione sul suo volto passa dal divertito al pensieroso. "Sai, mi piacerebbe farmi perdonare" mi dice con la stessa dolcezza di quando si è preso cura della mia ferita quel giorno. "Non augurerei mai a nessuno di dover lavorare qui" aggiunge in un sussurro avvicinandosi leggermente.

"Già" mi limito a rispondere tenendo gli occhi fissi verso il basso e giocherellando con la calcolatrice tra le mani.

"Ti andrebbe se ti offrissi un drink, non appena sei libera?"

Il cuore comincia a battermi all'impazzata, ma allo stesso tempo rimango interdetta dalla sua proposta. Il mio idolo mi ha appena invitata ad uscire e nessuna persona sana di mente rinuncerebbe mai ad un'occasione simile, ma è anche vero che lui è la stessa persona che mi ha licenziata senza battere ciglio.

Oh, al diavolo.

"Dopo il mio turno ai cessi?" gli domando mentre un sorrisetto imbarazzato spunta sul mio viso.

"Dopo il tuo turno ai cessi sarebbe perfetto."

Of love and cakesWhere stories live. Discover now