La campanella che indica l'inizio del pranzo riecheggia nell'aria e mi affretto ad uscire dalla mia classe, desiderosa più che mai di liberarmi di tutto ciò che ho dentro.

Faccio una piccola sosta al mio armadietto per lasciare tutti i libri e, solo dopo, posso dirigermi nel giardino della scuola dove Cole si trova praticamente sempre.

Esco dal grande edificio ed intravedo quasi subito il padre di mio figlio. È così impegnato in un'animata conversazione con un ragazzo dai capelli bruni molto chiari da non accorgersi della mia presenza fino a che, innervosita, non gli rivolgo la parola: "Devo parlarti" lo guardo fisso negli occhi con aria di sfida.

"Piccola, sto parlando io con Cole quindi, se non ti dispiace..." colui che deduco sia un amico del moro s'intromette nella conversazione e mi fa segno di andare altrove.

"Primo, chiamami piccola un'altra volta e ti spacco la testa a suon di pugni; secondo, la mia non era una richiesta quindi vedi di portare fuori dal mio campo visivo la tua testa di cazzo in meno di dieci secondi"

Il ragazzo che ho appena minacciato guarda Cole e, dopo un messaggio visivo che non riesco a cogliere, fa come gli ho detto e si allontana.

Riporto la mia attenzione sul padre di mio figlio e gli mollo uno schiaffo degno di record.

"Sei un coglione" apre la bocca per ribattere, ma lo zittisco "Sei scappato con la coda tra le gambe non appena hai visto che la situazione era complicata. Hai pensato, almeno per un momento, come cazzo mi sono sentita io quando ti ho detto una cosa così delicata e ti ho visto scappare? Io non posso scegliere se fuggire o meno dato che porto il bambino dentro di me, ci hai pensato a questo? Hai pensato al fatto che grazie alla cosa che ti ritrovi fra le gambe puoi scegliere se assumerti le tue responsabilità o meno? E non azzardarti ad usare come scusa il fatto che non te ne abbia parlato, perché adesso l'ho fatto. Non puoi neanche immaginare cosa ho provato nel vedere quelle due lineette sul test di gravidanza. Quelle due lineette parallele che urlano 'hai fatto una cazzata', che ti fanno sentire sbagliata, vuota. Se non te ne fossi accorto il bambino non l'ho fatto da sola, ma qui sono l'unica a che si prende le sue responsabilità"

"Abbiamo solo diciotto anni" pensa ad alta voce.

"Diciassette" lo correggo "Ci avresti dovuto pensare prima di portarmi a letto. Dato che la tua risposta mi sembra più che ovvia non devi neanche scomodarti a fare finta che ti interessi qualcosa" gli punto un dito al petto "E non provare ad avvicinarti né a me né a mio figlio perché non lascerò che soffra per un bastardo senza palle che ha il potere di distruggere ogni cosa che tocca" sto per andarmene, però Cole mi blocca trattenendomi per un braccio.

Non lo lascio parlare neanche stavolta e, con le lacrime che mi riempiono gli occhi, gli urlo contro: "Sai qual è la cosa che fa più male?" ormai trattengo a stento una crisi di pianto "La cosa che più mi fa sentire una stupida, un'emerita cogliona, è che stavo iniziando a fidarmi di te e, come sempre, mi sbagliavo"

Mi stacco dalla sua presa e corro via, alla ricerca di un posto dove potermi sfogare e piangere in santa pace.

Mi stacco dalla sua presa e corro via, alla ricerca di un posto dove potermi sfogare e piangere in santa pace

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