Capitolo 12

123 9 5
                                    

 Il giorno seguente incontrò lo squadrone delle prigioniere politiche che furono affidate al loro stesso lavoro, Helma appena la vide si mise subito vicino a lei mentre caricavano sulle spalle le assi di legno per la costruzione di una nuova baracca.

-Possiamo parlare?- chiese dolcemente, mentre la aiutava a sollevare un carico.

-Che vuoi dirmi?- Ester si ripeteva in testa le parole di Adeline, non doveva fidarsi e non lo avrebbe fatto.

-Vorrei sentire come stanno i miei familiari.. come li hai incontrati.- la guardò per un attimo per poi abbassare lo sguardo e caricare dei mattoni accanto a lei.

Ester si girò verso Adeline che era più in là, la donna la guardava preoccupata, con le labbra strette, mentre anche lei lavorava.

Buttò lo sguardo sui soldati che stranamente non avevano ancora urlato o le avevano picchiate per il loro chiacchiericcio, cosa che la faceva tentennare ancora di più sul fidarsi della donna.

Eppure era la sorella di Wilm, come poteva non fidarsi?

Non sapeva che rapporto aveva con i soldati nazisti né con i suoi presunti familiari, ma di sicuro non se la sarebbe fatta nemica, poteva essere un forte alleata per evadere da quella prigione.

-Tua madre mi ha dato lavoro alla sartoria di nascosto, li ho incontrati li.- riassunse in poche sillabe la ragazza ritornando a caricare assi di legno.

-E come stanno? Wilm è cresciuto vero? - la donna sorrise. -Quanto mi mancano... e mio padre?-

La mente di Ester si congelò per un attimo e fulmineo un pensiero le percorse la mente facendole premere la ferita nella mano sull'asse nell'atto di stringerlo, facendo cadere le suddette.

Diversamente da come succedeva di solito nessuno la riprese o la picchiò, e capì il perché.

Il padre di Helma era un capitano delle SS e nonostante la figlia fosse in campo di concentramento, le portavano rispetto.

Era sicura che la donna fosse molto più furba del fratello minore e che avesse sfruttato la cosa a suo vantaggio per avere delle immunità.

-L'ultimo ricordo che ho di Sonja è lei con gli occhiali a piè di naso annoiata.- disse mentre si teneva la mano fasciata che si sporcava nuovamente di sangue.

Fece ridere Helma a cui comparirono le fossette, consuete tra le caratteristiche dei Krämer e un moto di malinconia le percorse lo stomaco vuoto, facendole abbassare lo sguardo.

-Per quanto riguarda Wilm, sì, è cresciuto e ti somiglia molto.- sussurrò con la voce tremante, si era scoperta gelosa del suo ricordo e non voleva condividerlo con nessuno, non lo aveva rivelato neanche ad Adeline.

-Dimmi qualunque altra cosa per favore.- lo sguardo di Helma era disperato, alle parole dell'ebrea i suoi occhi diventavano sempre più lucidi e malinconici.

Sembrava veramente soffrire la lontananza, non la biasimava di certo visto che lei stessa avrebbe fatto di tutto per un briciolo di informazione sulla sua famiglia.

Ma Wilm... era un tasto dolente.

Le lacrime minacciavano di uscire mentre tutto ciò che aveva soppresso per non soffrire ulteriormente le esplodeva nella mente come una bomba atomica.

Con la voce rotta, disse. –Siamo scappati insieme, e... - un singhiozzo uscì involontariamente. –Mi manca molto.-

Mettere quel pensiero a parole fu doloroso, ricordarsi di tutte quelle meravigliose cose che facevano parte di quel ragazzo che aveva amato e continuava ad amare nei suoi pensieri l'aveva buttata in un baratro di realtà, dove sapeva che probabilmente avrebbero ucciso anche lui.

The Nutcracker SuiteWhere stories live. Discover now