"Mi sembrava di essere tornata a quel giorno di due anni fa" dice cogliendomi alla sprovvista. Mi volto verso di lei e la vedo fissare il vuoto davanti a sé. "La tachicardia era la stessa, non potevo muovermi e.." fatica a proseguire la frase perché viene sommersa dai ricordi. So benissimo a cosa si riferisce, quel giorno non lo dimenticherò mai, ho davvero avuto paura di perderla e oltretutto senza averle ancora confessato ciò che provavo per lei. Da quel giorno non ci siamo più lasciati, almeno fino a qualche mese fa. Una lacrima solitaria le riga il viso e mi affretto ad asciugarla. Al contatto con la mia mano vedo il suo volto rilassarsi, così comincio ad accarezzarle la guancia.

"Andiamo a casa?" le chiedo accennando un sorriso. Lei non dice nulla, annuisce accennando a sua volta anche lei un piccolo sorriso.

[...]

"Dai, mangiane po' " le dico mentre scarto la pizza e la metto su un piatto. La vedo sbuffare e prenderne uno spicchio.

"Contento ora?" mi dice addentandone un pezzo prima di farmi la linguaccia.

"Ora sì" ridacchio prendendone anche io un pezzo. E' finalmente più rilassata, ancora leggermente immersa nei suoi pensieri, ma almeno riesce a sorridere e scherzare.

"Non vai al pub?" chiede guardando l'orologio sulla parete.

"No, ho mandato un messaggio a Jim dicendogli che mi sono preso un'intossicazione alimentare" ridacchio facendo spallucce.

"Stamattina non hai detto che vuoi evitare di saltare i giorni di lavoro?" chiede sorpresa alzando un sopracciglio.

"Ho cambiato idea, ho cose più importanti da fare" dico con nonchalance scrollando le spalle. Blocca i suoi movimenti e comincia a guardarmi sorridendo, dopodiché porta la mano libera sulla mia guancia cominciando ad accarezzarla con il pollice. "Grazie" mima con le labbra in un sussurro.

JANE'S POV:
"Lasciali stare lì dai, ci penso io domani mattina" gli dico, ma lui fa finta di niente e continua a lavare le stoviglie che abbiamo sporcato per mangiare la pizza. Sorrido e poggio lateralmente la testa allo stipite della porta. Averlo intorno mi è sempre più facile, raramente penso a ciò che è successo tra noi qualche mese fa. È come se la mia mente stesse archiviando quei ricordi per fare in modo che io possa dargli un'altra possibilità. Dopo oggi poi, ne sono sempre più convinta. Avere di nuovo qualcuno accanto a me in queste situazioni, mi ha fatto ricordare quanto fosse più facile affrontare tutto. Sono sempre stata abituata a cavarmela da sola, ad ogni tipo di terapia o di esame clinico a cui mi sono sottoposta ero quasi sempre da sola, raramente permettevo ad Alex o a Laurel di accompagnarmi. Quando poi nella mia vita è entrato Harry, ho scoperto quanto fosse meno stressante e più confortevole affrontare con qualcuno certe situazioni in ospedale.

"A cosa pensi?" chiede asciugandosi le mani su un canovaccio.

"Ho voglia di andare a fare due passi" dico senza pensarci.

"Non sei stanca dopo la giornata di oggi?" chiede a sua volta, corrugando la fronte.

"Non dico di andare chissà dove, anche un semplice giro qui nel quartiere" dico facendo spallucce.

"Okay, ti devi cambiare o andiamo subito?" dice appoggiandosi con un fianco al lavandino. Il fatto che stia parlando al plurale fa spuntare un sorriso sul mio volto.

"Perché dici che non è il caso di uscire così?" ridacchio mettendomi al centro della porta e facendo una piroetta su me stessa. Indosso una tuta con un top nero, per andare in ospedale non indosso mai nulla di ricercato o pensato.

"Prendi la mia felpa" ridacchia mentre scuote leggermente la testa guardando i miei gesti. Prendo la felpa che ha lasciato sulla sedia e la indosso velocemente, dopodiché gli faccio un cenno con il capo verso la porta di casa per incoraggiarlo ad andare. Una volta fuori dal portone del palazzo vengo sopraffatta da una ventata d'aria molto fredda, ringrazio mentalmente Harry per avermi fatto prendere la sua felpa. Cominciamo a camminare in silenzio uno accanto all'altro, finché non sono io a parlare.

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