Di fronte al letto stava un piccolo scrittoio abbastanza disordinato, sommerso anch'esso da libri, vestiti e inchiostro rovesciato, mentre alla sua destra stava l'armadio di legno.

Un sospiro le uscì dalle sottili labbra pescate mentre avanzava sedendosi sul letto e accarezzando il piumone.

Doveva dormire, o lei e Sarah l'indomani non sarebbero andate da nessuna parte.

Si distese sul materasso facendo cigolare le molle, un rumore ormai a cui non faceva caso abituata al gracchiare di quel giaciglio confortevole, chiudendo gli occhi.

L'indomani sarebbe stata una giornata travagliata, doveva dormire per non ritrovarsi affaticata il giorno dopo.

***

Quella mattina il rumore delle scarpe sulla neve risvegliava la città dormiente, Sarah e Ester camminavano a braccetto come due gemelle inseparabili.

La cugina era una chiacchierona, parlava di qualunque cosa le fosse capitata in testa; Era una ragazza abbastanza robusta, poco più bassa di Ester, con ricci capelli di un biondo ramato e gli occhi grandi e chiari, di un verde mare opaco, aveva un'andatura quasi saltellante e rispetto alla cugina, che era molto più sobria negli atteggiamenti, sembrava una bambina.

Ester era rigida, tesa e continuava a guardarsi intorno, vedendo persone lanciarle occhiate di disprezzo e di disgusto, sprezzanti verso le due ragazze.

Il padre di Sarah aveva paura a mandarle sole in giro per Magdeburg, pensava che qualche soldato sarebbe venuto a catturarle e portarle via dalla loro confortevole casa accanto a quella dei rispettivi zii, i genitori di Ester, ma le due adolescenti sgattaiolavano sempre via, dispettose.

Eppure quel mattino la faccia della rossa era cosi turbata che Sarah cominciò a preoccuparsi.

- Ester, mi ascolti? - chiese con la sua voce acuta, distraendo la ragazza dai suoi pensieri.

- Eh? Oh sì certo...- rispose vaga ritornando a guardare la folla.

Sarah sbuffò seccata. -Smettila di fare la paranoica e ascoltami! Nessuno ci ucciderà se passeggiamo, già il Führer ci ha tolto il diritto di fare ogni cosa, chissà se ci ordinerà pure di non respirare...-

- Zitta! - si girò nervosa verso di lei. -Se ti sentono ti ammazzano, lo sai? -

Lei ridacchiò divertita. -Scusa! -

Ester sbuffò guardandola male: come faceva a essere così calma e felice in quel momento?!
La guerra perseverava, tutti quelli non ritenuti idonei alla perfezione di un pazzo venivano smistati per essere portati chissà dove in un carro e la cugina stava a saltellare felice come se tutta quella situazione non la toccasse minimamente.

Arrivarono davanti alla merceria dove avrebbero dovuto comprare dei bottoni per rattoppare la povera bambola di Angelika, la sorellina minore di Sarah, ma si fermarono all'entrata giusto per notare il cartellone postato davanti alla porta di vetro che recitava la frase ''qui gli ebrei non entrano''.

- Questo qualche giorno fa non c'era...- sussurrò tristemente Sarah.

- Ci trattano come cani...- ringhiò Ester marciando verso il parchetto lì vicino, rincorsa dall'affannata cugina che cercava di trovare il lato positivo dietro quella situazione.

-Ci sono così tante mercerie in città Ester, non ti arrabbiare! -

La ragazza si sedette sulla panchina apposita per la sua razza colorata di un giallo ocra sbiadito per distinguerla dalle altre, accavallando le gambe furiosamente.

-Dai, abbiamo anche le panchine riservate, di sicuro non avremo problemi a cercarle...-

-Come fai a guardare il lato positivo in questa deteriorante situazione?!- urlò esasperata la cugina mettendosi le mani davanti al viso.

Sarah rimase in silenzio, la sua parlantina era scomparsa, forse si era resa conto anche lei che non era il caso di proferire parola sull'accaduto.

Rimasero lì a rimuginare per qualche minuto fino a che un bambino sui 7 anni lanciò una palla verso di loro mentre giocava con i suoi amichetti, a differenza degli altri uno si avvicinò titubante.

-Voi siete ebree? - chiese con la voce tremante. -La mamma mi ha detto che siete cattive. -

Ester lo osservò, con la mente in subbuglio; Era abbastanza alto, con i capelli castano chiaro scompigliati e il visino sporco di fango, i grandi occhi castani osservavano le due ragazze, lucidi per la paura.

Come una macchina si mosse automaticamente, uscendo dalla borsa di cuoio un paio di orecchiette di Amman coperte da un fazzoletto con cucite sopra le iniziali del suo nome, Ester Heilbrunn.

-Cosa sono? - chiese il bambino, che ora era più interessato al dolcetto che impaurito, lasciando cadere per terra perfino la palla raccolta poco prima.

-Sono dei dolcetti, si chiamano orecchiette di Amman ed è una ricetta che conosciamo solo noi ebrei. Gliene porse uno, e lui lo divorò vorace, affamato dalla precedente partita giocata.
-Ma sono buonissimi! - esclamò sorpreso il bimbo.

-Tieni, li puoi mangiare tutti. -

-Davvero? -chiese timidamente il bambino, abbassando la testa, mentre prendeva con le manine sporche il fazzoletto, guardando il contenuto come se fosse un tesoro inestimabile.

Prima che potesse rispondere, una donna alta e bionda arrivò scuotendo la folta chioma, aveva gli occhi fuori dalle orbite dalla rabbia.

Prese il bambino per il braccio, mentre rivolgeva un'occhiata di puro disprezzo alle due ragazze, rimproverando aspramente il figlio.

-Cosa ti avevo detto sugli ebrei?! Sono cattivi! Ti portano via dalla mamma! Ti hanno dato loro questi dolci? - prima che potesse rispondere con una manata fece volare il fazzoletto facendo cadere a terra il suo contenuto, per poi allontanarsi strattonando il figlio piangente.

Sarah prese il quadrato di stoffa buttando i dolcetti ormai immangiabili ritornando poi da Ester, silenziosa e livida in volto.

-Andiamo a cercare qualche altra merceria..?- chiese timidamente accarezzandole il braccio con il dorso delle dita, un povero tentativo di calmare la rabbia che faceva ribollire le viscere della ragazza.

Ester sospirò, alzandosi e avanzando verso il centro della piazza, dove sostavano dei ragazzi che porgevano volantini ai passanti, i loro occhi che brillavano di determinazione quando qualcuno prendeva il dépliant osservandolo con curiosità.

Erano tutti relativamente giovani, sulla ventina, Ester presumeva fossero tedeschi.

Rallentò il passo quando li vide, incuriosita, e proprio mentre uno di loro le porgeva il piccolo foglio di carta con un sorriso sghembo si sentirono delle urla, dei passi veloci provenire da uno dei vicoli accanto alla merceria antisemitica.

Il giovane scattò la testa di lato, mentre la sua espressione cambiava da gentile a stizzita, forse con un pizzico di sfida nel suo sguardo. -Arrivano!- urlò ai suoi compari, mentre gli altri cominciavano a correre a gambe levate verso la via acciottolata opposta alla piazza.

Sarah l'aveva raggiunta dietro di lei e li fissava con la stessa curiosità di Ester. -Chi sono?- chiese la rossa, mantenendo lo sguardo nel punto in cui erano scomparsi.

-Oppositori Politici.- disse con voce ferma la cugina, stringendosi a lei. -Mio padre dice che sono più selvaggi dei comunisti.-
Dal vicolo uscirono quattro soldati delle SS ansimanti, che si guardarono intorno imprecando. -Scheiße!-

Si divisero per perlustrare la zona, mentre Ester deglutiva guardando il volantino: rappresentava Hitler in una vignetta satirica insieme a Mussolini, la sua controparte Italiana.

Ester lo accartocciò. -Andiamocene, prima che sfoghino la loro rabbia su di noi.-

The Nutcracker SuiteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora