Dopo la ramanzina le chiese di chiamare il padre, Ester ridacchiò sentendola lamentarsi del marito mentre si lavava le mani recitando il Berakha' e benedicendo il cibo, subito dopo eseguì gli ordini entrando velocemente nello studio.

Era piccolo e consisteva in due piccole librerie, degli archivi, una vetrinetta dove erano conservati in passato vari oggetti d'argento e di antiquariato, al centro stava lo scrittoio disordinato dove l'uomo leggeva il giornale fumando un sigaro.

Era veramente assorto nella lettura, con le gambe accavallate e le spalle rilassate, gli occhi erano come saette mentre scattavano leggendo una notizia sul quotidiano.

-Se non ti sbrighi, la mamma ti uccide. - senziò Ester giocherellando con una ciocca di capelli.

-Si, arrivo...- disse distrattamente, di suo padre Ester aveva ricordi vacui, ricordava soltanto le belle scampagnate che facevano nei suoi giorni liberi, ma lo ricordava quasi sempre a lavoro o nel suo studio, perennemente con la cornetta attaccata all'orecchio e la fronte corrugata.

-Allora mangiamo senza di te, perché io ho fame. - il Signor Heilbrunn si accarezzò il baffo sospirando, un'abitudine che l'uomo aveva preso soprattutto quando era pensieroso, mentre si alzava e si dirigeva con la figlia verso la sala da pranzo.

La madre stava aspettando i due ritardatari a tavola mentre trafficava con l'uncinetto.

-Allora? Spero che in quel quotidiano ci sia qualcosa di veramente scioccante per farti rimanere rinchiuso dentro il tuo studio per almeno mezz'ora. - lo rimproverò la donna severamente. -Il minestrone si raffredda. -

Il marito le sorrise dolcemente dandole un bacio, non parlò e questo bastò alla moglie per perdonarlo.

Si sedettero a tavola in silenzio, mentre gustavano il pasto ormai tiepido in tranquillità.

Finito di mangiare Ester si alzò. -Esco di nuovo, devo fare compere. -

-Ritorna a casa prima delle sei. - la ammonì il padre severo.

***

Ormai aveva comperato tutto quello che le serviva, metteva soldi da parte per comprarsi degli abiti all'antiquariato e qualche libro se ci riusciva, dopo aver completato la sua spesa aveva giusto qualche moneta per comprare i bottoni ad Angelika.

Alla fine trovò una merceria tra i vicoletti nascosta in modo quasi specifico, era veramente piccola e claustrofobica e dall'esterno a segnalare il negozietto c'era soltanto un piccolo cartello al lato della porta con scritto a caratteri cubitali "Riparazioni Sartoriali" l'inchiostro ormai era vecchio e secco, tanto che la scritta era quasi cancellata.

Entrati si notavano subito le due pareti con appesi rotoli di stoffa e rocchetti di fili colorati e in fondo un bancone di legno disordinato, pieno di piume, pezzi di stoffe tranciate, forbici, aghi, bottoni e quant'altro.

C'era una donna dietro ad esso, era minuta, con degli occhi veramente grandi rispetto al viso e di un nocciola molto chiaro, era pallida e i capelli color paglia erano crespi e disordinati, sembrava che si fosse svegliata poc'anzi.

Portava un paio di occhiali dalla montatura simile a quella che portava il padre della ragazza e stava fumando un sigaro che rendeva l'aria pesante e carica di nicotina, provocando il tossire della giovane.

Era vestita con degli abiti eleganti ma vecchi, notò anche una macchia al lato della camicia bianca, le sembrò birra ma non ci fece caso.

Le ricordò una povera zitella ma guardando attentamente vide che portava la fede nuziale, quindi pensò che era semplicemente una tipa trasandata.

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