c a p i t o l o 7❁

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La monotonia dei tristi giorni autunnali avvolge tutti gli studenti della scuola che camminano nascosti dentro le grandi felpe lungo i corridoi spenti dell'istituto.

Il mio sguardo scorre dal professore intento a spiegare un ennesimo argomento, accompagnato dal vorticoso agitare delle mani per aria, alla finestra dell'aula.

Le foglie ingiallite volteggiano in aria spinte da freddi sbuffi di vento.

Il caldo estivo un po' mi manca, il sale sulla pelle ancor di più.

E le onde del mare, le stelle cadenti, i canti dei grilli, le-

"Signorina Colombo, sei ancora tra noi?" il tono nervoso dell'insegnante mi fa irrigidire.

"Si scusi."

"Sai, Amalia, non sempre scusarsi è la soluzione a tutto. Ci sono cose che con un semplice scusa non si risolvono mica."

Abbasso la testa e prendo un lungo sospiro.

"È pur sempre un punto di partenza, una dimostrazione che il proprio desiderio di essere perdonati supera l'orgoglio che ci impedisce, molto spesso, di dire anche solo una banalissima parola come questa. E anche quando si ha torto, frequentemente, viene difficile chiedere scusa. Potrà anche risultare un'inutile sentenza, ma se non si parte dal proclamare una così semplice parola, si figuri se accada un qualcosa di più imponente per risolvere il danno."

"D'accordo" il professore si schiarisce la voce "potrai anche pensarla così, ma durante le mie lezioni ascolta le mie parole invece che perdere tempo sproloquiando, perché la prossima volta un semplice scusa non basterà."

Annuisco decisa e afferro la penna per confermare ancora di più la mia dedizione. Il professore riprende con la spiegazione e, con ancora la testa un po' per aria, cerco di concentrarmi il più possibile.

***

"Sono distrutta, tre ore con il prof. Ricci sono esaustive. Se non mangio qualcosa ricco di zuccheri adesso puoi prepararmi direttamente la lapide." annuncia Isa massaggiandosi le tempie mentre camminiamo lungo il corridoio.

"Io so cosa fa al caso tuo!" sentenzio spumeggiante al suo fianco.

"No, Lia, credo tu stia sviluppando una dipendenza verso quelle barrette."

"Ma cosa vuoi di più dalla vita se non una barretta al cioccolato ripiena di caramello?!"

"Io veramente voglio il cocco."

"Isa, hai ragione, le ore di Ricci ti fanno veramente male."  

"Non esageria-" Isa si blocca di colpo, gli occhi azzurri fissi davanti a sé rivolti verso il cortile.

Corrugo le sopracciglia e seguo interdetta la direzione del suo sguardo glaciale.

Al mio orecchio giungono risate, urla, insulti e, mentre ci avviciniamo, davanti al mio sguardo ancora un po' interdetto si plasmano figure di ragazzi disposte a cerchio.
Stanno accerchiano qualcuno, lo bloccano dentro un'arena di busti e spalle larghe, e quest'ultimo non è un amico, ma una cavia.

Una povera vittima della loro cattiveria, innocua come le foglie che pendono fragili dai rami sopra le loro teste.

Sono fuoriosi, scalpitano come cavalli.

Io e Isa ci avviciniamo sempre di più, veloci.
Una massa di ragazzi rende difficile la visuale: guarda ma non reagisce, sussurra ma non urla, ridacchia ma non avanza.

Finché non poggio la mano sulla spalla di Isa e mi alzo sulle punte, per cercare di vedere qualcosa nonostante i miei pochi centimetri di altezza.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 09, 2020 ⏰

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