Capitolo 17

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Troia era spacciata, morto Memnone non c'era veramente più speranza, non con Achille vivo. Nessuno riusciva ad ucciderlo, serviva un altro modo per allontanarlo dall'esercito.

"Padre non abbiamo scelta" intervenne Eleno all'assemblea, "l'unico modo per far allontanare Achille e i Mirmidoni è quello di dargli in sposa Polissena".

Priamo sospirò.

"Sí, è l'unica cosa da fare" annuí, "mandate dei messi ad Achille per informarlo, ditegli che venga qui domani dato che non è prevista alcuna battaglia".

I messaggeri vennero mandati e giunsero all'accampamento, Achille li accolse con grande gioia quando capí che venivano da Troia, si immaginava il motivo. Udirlo da loro stessi però lo rese ancora più felice, gli sembrò di sognare, finalmente Polissena sarebbe stata sua. Non riuscì a dormire tutta la notte, sognava la sua nuova vita, sarebbe andato via da Troia, avrebbe lasciato la guerra, i combattimenti e le armi. Erano tutte cose che lui amava, ma non era felice, aveva capito che essa portava anche tante sofferenze oltre alla gloria, con Polissena sarebbe stato sempre felice, non gliene sarebbe importato più niente dell'onore, del nome che doveva rimanere nei secoli, rimaneva solo lei.

La mattina saltò in piedi e corse a Troia, non gli importava che cosa avrebbero detto quelli che lo avessero visto, non gli importava niente dei comandanti, di Agamennone e degli altri, aveva in mente solo lei, voleva vederla, voleva poterle dire nuovamente quanto la amasse, esporle i suoi progetti per il futuro, le avrebbe raccontato tutto di sé, non ci dovevano essere segreti tra loro, e lei lo avrebbe ascoltato guardandolo fissa, presa dal racconto, con quegli occhi grandi, quegli occhi che lo avevano fatto innamorare.

Gli fu aperto il cancello senza problemi e Achille entrò a Troia, le guardie lo portarono a palazzo sia perché avevano paura di quello che avrebbe potuto fare sia perché non conosceva la strada. Achille guardava ammirato la città, improvvisamente non riusciva più a vederla in fiamme, vedeva la vita in essa, la vita che una conquista avrebbe spento, le donne ai lavatoi, la grande piazza con il mercato, i templi con i sacerdoti e le giovani sacerdotesse, tutto questo sarebbe morto con la città.

Passò le mura che circondavano Ilio, la cittadella e vide i templi che si stagliavano grandi in tutta la loro altezza e più in là il palazzo. Il cuore gli tremò nel petto, l'emozione gli attanagliò lo stomaco.

"Achille caro a Zeus" lo accolse Priamo, "benvenuto."

I suoi figli erano con lui e rimasero in silenzio guardando storto sia il greco che loro padre, si vedeva chiaramente che non erano d'accordo a questo matrimonio.

"Credo che l'araldo ti abbia già detto tutto" disse Priamo sorridendo, "stabiliremo in seguito la data delle nozze".

"Va benissimo, re Priamo" annuí Achille.

"Perché non vai a cercare mia figlia? Lei ancora non sa niente, potresti darle tu la notizia. Puoi sentirti libero di venire quando vuoi per vederla" disse Priamo.

Achille annuí sorridendo, il re ordinò ad una ancella di portarlo nella stanza della ragazza.

"Seguimi, figlio di Peleo" disse lei inchinandosi.

Achille la seguì, guardava attento tutte le sale in cui capitava e si stupiva della ricchezza delle decorazioni, pensò che Troia prima della guerra fosse veramente una città ricca e piena di oro, di gioielli e di pietre preziose. Mentre guardava in qua e il là vide un giardino, si fermò e si sporse un po', il suo cuore cominciò a battere più forte quando la vide, la sua bocca si aprì in un sorriso, un sorriso sincero.

PolissenaWhere stories live. Discover now