Capitolo 2

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ELLA

«Giuro su Dio che se non troviamo subito un bagno, mi farò la pipì nei pantaloni». Lila rimbalza su e giù sul sedile del conducente. L'aria condizionata è al massimo e le note di Shake it Out di Florence and the Machine escono dalle casse. L'autostrada davanti a noi si distende ondeggiando sulle colline punteggiate da alberi, cespugli di salvia, e illuminate dal tenue bagliore rosato del tramonto.

Ho il cellulare in tasca, e mi sembra che pesi cento chili. «Puoi sempre accostare e fare pipì dietro a un cespuglio». Appoggio i piedi nudi sul cruscotto e tolgo la canotta in pizzo bianca, lasciando che l'aria mi scivoli sulla pelle. «E poi, siamo a cinque minuti dalla rampa di uscita».

«Non posso tenerla per altri cinque minuti». Mi lancia un'occhiataccia e stringe le gambe. «Non lo troverai più così divertente quando la macchina puzzerà di pipì».

Soffoco una risata e cerco sul GPS la stazione di servizio più vicina. «Ce n'è una subito dopo l'uscita, ma credo sia più una rimessa».

«Ha un bagno?»

«Sì».

«Allora va bene». Sterza all'improvviso, tagliando la strada a una Honda argentata. Il conducente dell'auto si attacca al clacson e lei si gira nel sedile per mostrargli il dito medio. «Che stronzo. Non capisce che devo fare pipì?».

Scuoto la testa. Voglio bene da morire a Lila, ma a volte può risultare un po' egocentrica. Mi sono avvicinata a lei anche per quello, era così diversa dai miei vecchi amici di Star Grove.

Il mio telefono emette il milionesimo bip, ricordandomi che ho un messaggio che mi aspetta. Alla fine, lo spengo.

Lila abbassa il volume dello stereo. «Ti stai comportando in modo strano da quando siamo partite. Chi ti ha chiamato?».Scrollo le spalle, guardando fuori dal finestrino verso i campi erbosi. «Nessuno con cui abbia voglia di parlare in questo momento».

Cinque minuti più tardi, ci fermiamo alla rimessa alla periferia della città. Più che altro è una baracca con pareti esterne di metallo arrugginito e un'insegna sbiadita. Il campo sul retro è disseminato di auto e camion con la carrozzeria corrosa, e di fronte c'è un lago.

«Oh grazie a Dio!». Lila batte le mani e parcheggia la macchina. «Torno subito». Salta fuori e si infila in bagno.

Io esco dall'auto e sgranchisco le gambe, cercando di non guardare il lago o il ponte che lo attraversa, ma il mio sguardo è attratto dalle travi che si piegano e sporgono dai lati. La notte in cui ho rischiato di saltare, stavo in piedi su quella intermedia. Se socchiudo un occhio e piego la testa, riesco a distinguerla.

Un vecchio pick-up Chevrolet arriva sfrecciando lungo la strada, sollevando una nuvola di polvere. Quando si avvicina, arriccio il naso perché so chi è alla guida ed è una delle ultime persone che vorrei vedere. Il furgone si ferma appena al di fuori del perimetro del campo, dietro i bagni.

Un ragazzo allampanato, con una T-shirt aderente, un paio di jeans attillati e stivali da cowboy, scende con fare impettito.

Grantford Davis, cannaiolo della città e famigerato attaccabrighe,nonché colui che mi ha dato un passaggio fino al ponte quella terribile notte di otto mesi fa.

Picchio sulla porta del bagno. «Dài Lila, muoviti».

Grantford guarda nella mia direzione, ma i suoi occhi non mi riconoscono, il che non mi sorprende. Sono cambiata dall'ultima volta che mi hanno visto, ho abbandonato l'abbigliamento gotico, il tratto pesante di eyeliner e l'atteggiamento da dura per un aspetto più frivolo e gradevole, in modo da potermi confondere tra la folla.

Non lasciarmi andareHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin