Capitolo 14

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Alla fine facciamo una corsa per arrivare a casa. La lascio vincere, anche se desidererei tantissimo ricevere il favore, perché includerebbe un sacco di cose sconce per le quali non è ancora pronta. Quindi ora sono io a doverle un favore, e lei dice che deve pensarci, con un tono scherzoso che mi fa sorridere.
Ci separiamo davanti alle nostre rispettive case e lei mi lascia con la promessa di passarmi a trovare più tardi. Lentamente sta tornando a essere la ragazza che conosco, ma quella notte ancora la tormenta, e non sono sicuro che riuscirà mai a superarla completamente.
Piove ancora moltissimo e il cielo è illuminato dai lampi, quindi la festa si dovrà svolgere al chiuso. Io e Ethan trasciniamo dentro i fusti bagnati e li appoggiamo sul tavolo della cucina. Attaccato al muro c'è un messaggio di mia madre in cui mi dice che tornerà a casa tardi.
Ethan inizia a rovistare nella credenza alla ricerca di qualcosa da mangiare. «Quale gruppo verrà a suonare?»
«Quello di Naomi». Vado in camera mia per cambiarmi e prendere la chitarra. «Apri la porta se suona qualcuno». Nella mia stanza, tiro fuori una T-shirt grigia e ci metto sopra una maglia a righe nere. Mi infilo un paio di jeans neri e mi metto una cinta con le borchie. Poi afferro la chitarra e mando un SMS a Naomi.
Io: Quando pensi di venire?
Naomi: Presto. Perché? Ci aspetti per darci qualche notizia eccitante?
Io: Ancora non ho deciso.
Naomi: Non puoi non accettare. È una grande opportunità.
Io: Non sto dicendo né sì né no. Ci vediamo tra poco.
Quando Naomi mi ha portato dietro il palco della caffetteria, mi ha proposto di rimpiazzare il loro chitarrista e partire con loro. Inizialmente ero favorevole. È quello che avrei voluto fare da quando ho dodici anni e suonavo musica rock in garage con Ethan e Dean. Ma poi ho pensato agli occhi tristi di Ella e mi sono sorti mille dubbi. Suona il campanello e mi dirigo in salotto per dare il via alla festa e liberarmi la mente per una sera.

ELLA

Quando mi decido ad andare da Micha, la situazione è già fuori controllo. Ci sono macchine parcheggiate sul prato e i bidoni della spazzatura sono stati rovesciati. C'è perfino qualcuno seduto sul tetto.
Lila mi convince ad andare e percorriamo il vialetto con le braccia sulla testa per ripararci i capelli dalla pioggia, ma l'ingresso affollato mi mette a disagio e faccio per andarmene.
«Smettila di fare la bambina ed entra», dice lei, spingendomi garbatamente. «Voglio vedere quella ragazza forte di cui parlano tutti».
«No, non credo. Fidati di me», le dico. «Era una persona ignobile e non sarebbe mai stata tua amica».
«D'accordo, allora mostrami una sana via di mezzo». Lila indossa un vestito blu scuro senza spalline intonato alle scarpe, e i capelli biondi le ricadono sulle spalle in riccioli, un po' afflosciati per via della pioggia. «Puoi cambiare senza perdere completamente la tua identità».
Distolgo lo sguardo dalla folla per guardare lei. «Perché non abbiamo mai parlato in questo modo prima?».
Lei mi rivolge un sorriso triste. «Perché tu non l'avresti mai consentito».
Dice qualcos'altro, ma la musica soffoca le sue parole. Con una mano mi allontano il fumo dal viso ed entro in cucina. Tirandomi giù l'orlo della gonna nera, mi faccio strada tra la calca verso il tavolo. Per un attimo perdo Lila, ma quando la ressa diminuisce, la vedo inciampare, pestando il piede a un ragazzo con i suoi tacchi alti.
Lei impreca armeggiando con i capelli. «Micha ha mai sentito parlare di qualcosa che si chiama aria condizionata?»
«Probabilmente ha dimenticato di azionarla!», urlo sopra la musica. «Aspetta qui. Vado ad accenderla io».
Mi faccio largo tra la folla verso il salotto e la band. La musica è assordante e mi accorgo che è Micha quello che sta suonando con Naomi. Si dividono il microfono e sembra che si stia divertendo molto. Mi fermo in mezzo alla stanza e lo guardo da lì. È bellissimo sotto la luce, mentre rovescia le parole della canzone sulla gente e strimpella la chitarra con i capelli davanti agli occhi.
Indietreggio e mi dirigo verso il corridoio. Davanti al termostato c'è una coppia che si sta baciando. La musica si placa per un attimo e poi ricomincia mentre faccio un cenno e i due si tolgono di mezzo senza staccarsi. Facendomi aria con la mano davanti al viso, accendo l'aria fredda. Improvvisamente, due lunghe braccia mi circondano la vita e il suo profumo mi riempie il petto.
«Pensavo che stessi suonando», grido sopra la musica con la mano premuta sul cuore.
«Infatti, ma ho fatto una pausa per stare con te». Il suo alito puzza di birra.
Storco il naso. «Sei ubriaco?»
«Ho bevuto solo una birra», dice. «Sono felice di vederti».
«E di suonare ancora», aggiungo.
Mi rivolge un grande sorriso e per un attimo mi rende felice. «Certo, anche per quello. Ho visto che mi guardavi».
Scrollo le spalle, dandogli l'impressione che non m'importi. «Sono contenta che tu sia felice. Mi sei sembrato triste prima al drive-in».
La sua mano trova il mio fianco e stringe forte, accendendomi di passione. «Sono ancora più felice ora che sei qui».
Mi rilasso contro il muro. «Sai che ti ho sentito altre volte usare questa frase per rimorchiare le ragazze, vero?»
«Ma dài! Lasciami divertire un po' con te», m'implora con tono scherzoso. «Fingi di non conoscere tutte le mie mosse».
«Vuoi che finga di essere una persona diversa?», gli domando. «Non sei stato tu a dirmi il contrario?».
Nei suoi occhi danza il riflesso della luce mentre lui si china su di me e una ciocca dei suoi capelli mi sfiora la guancia. «Comportati come la ragazza che conoscevo un tempo. Quella che si divertiva e rideva sempre».
«Quella ragazza non avrebbe mai finto con te, anche se glielo avessi chiesto».
«Lo so».
L'altra mano di Micha trova la mia vita; ora il suo corpo è chino sul mio. Guardando a destra e a sinistra, gli faccio scivolare le mani sul petto sodo e le incrocio dietro la nuca. Poi mi sollevo su di lui e gli cingo i fianchi con le gambe. Ha un'espressione impassibile, ma si lascia sfuggire un gemito e le sue labbra si gettano violente sulle mie. Siamo schiacciati uno contro l'altro mentre lui si spinge verso di me. Le nostre lingue si uniscono, assaporandosi. Ho la schiena premuta contro il termostato e la gonna mi copre a malapena la parte alta delle cosce. La testa mi ricade all'indietro contro il muro mentre lui mi copre il collo di baci. Il mio respiro accelera, e altrettanto fa il battito del mio cuore. Ma cosa mi sta facendo?
La musica si ferma e dagli altoparlanti esce la voce di Naomi. «Micha Scott, riporta qui il tuo fondoschiena e vieni subito a suonare».
Micha si stacca da me, ansimante. «Ho ancora una canzone da suonare, e poi io e te riprendiamo esattamente da qui».
Prima che possa rispondere, mi lascia in corridoio. Sfiorandomi le labbra, lo guardo farsi strada verso il palco, sapendo che se riprenderà quello che stava facendo, non sarò più in grado di fermarlo. Poi, sforzandomi di riguadagnare il controllo del mio corpo, torno in cucina.
Lila è accanto al frigo, sorseggia il suo drink e parla con Ethan. Raddrizzo le spalle, mi avvio con passo deciso verso il bancone e mi verso qualcosa da bere. Gli occhi di Lila e Ethan sono fissi su di me mentre mi scolo il bicchiere e poi lo sbatto sul piano della cucina, con l'alcol che mi brucia la gola. «Chi ha voglia di un'indianata?».
Due ore e tre bicchieri dopo, mi sento abbastanza bene. La band ha finito di suonare e Micha si è avvicinato al tavolo per giocare con noi. Dallo stereo escono le note dolci e il ritmo sensuale di Sail degli Awolnation che mi riportano indietro nel tempo.
«Credo che andrò a ballare», annuncio agli altri.
«Ah ah! Sapevo che segretamente amavi ballare», dice Lila, sbattendo la mano sul tavolo e lasciandosi sfuggire un singhiozzo. «Oh, scusatemi».
Ethan ride come se fosse la ragazza più simpatica al mondo. «Stai raggiungendo il limite, ragazzina?».
Lila strizza gli occhi a Ethan con aria maliziosa. «Non sono io quella che ha sbagliato le ultime tre parole».
Lui le risponde, ma io non sento cosa dice e mi alzo dalla sedia ansiosa di ballare. Micha mi osserva incuriosito mentre mi faccio strada tra la folla. Ci sono persone senza volto madide di sudore, e l'aria odora di sale ed è pregna di calda eccitazione. Più mi addentro tra la folla, più il calore cresce, e quando arrivo al centro ho la pelle imperlata di sudore, e la stoffa sottile del mio vestito senza spalline mi si appiccica sulla schiena.
Sento le tenebre nel mio petto, come se il male nascosto dentro di me fosse sul punto di entrare clamorosamente in scena. Sollevo le mani e dimeno i fianchi, facendo ricadere i capelli sulle spalle e sulla schiena. Respiro liberamente, proprio com'è il mio solito. Più la musica suona, più mi sento rilassata. La testa mi cade da un lato e dall'altro, e le palpebre mi si chiudono.
Sento qualcuno muoversi dietro di me: odora di desiderio mescolato a un profumo terroso e a qualcosa che mi fa venire l'acquolina in bocca.
Micha mi posa le mani sui fianchi, muovendole prepotentemente sul mio corpo, e sento un brivido quando apre le dita e preme il suo corpo contro il mio, volendo da me tutto quello che può ottenere.
«Pensavo non ballassi più», sussurra con una voce selvaggia, mentre il suo respiro caldo tocca ogni parte di me.
Mi appoggio su di lui, comoda, e respiro il suo odore familiare. «Penso di essere una grande bugiarda!».
«Un tempo non lo eri». Mi sposta i capelli di lato e implora ai nostri corpi di avvicinarsi ancora di più mentre si muove al mio stesso ritmo. Attraverso la stoffa dei vestiti sento il calore che irradia da lui come da un sole. «Anzi, eri la persona più onesta che abbia mai conosciuto».
Chino la testa sul suo petto. «Lo so, e mi sto impegnando per farla tornare».
«Bene, ne sono felice». Le sue mani mi scivolano sui fianchi e non si fermano finché non raggiungono l'orlo della gonna.
«Io e te non dovremmo finire qualcosa che avevamo iniziato in corridoio?». Inizio ad allontanarmi, ma lui mi stringe ancora più forte e mi trattiene in modo tale che ci ritroviamo completamente avvinghiati. Sento il suo petto sodo e il calore che emana ogni singola maledetta parte del suo corpo, e mi viene voglia di gemere.
«Mi stai facendo letteralmente impazzire. Lo sai, vero?», sussurra con un gemito mentre le sue dita scivolano sotto la gonna sulle mie cosce. «Ti voglio, ragazzina. Ti voglio terribilmente». Non sta mentendo. Sento il suo desiderio premere dietro di me.
Dovrei fermarlo... Mi ha praticamente infilato la mano sotto il vestito e siamo circondati da un sacco di persone, ma cedo, lasciandomi cadere tra le sue braccia, permettendo alle sue dita di salire centimetro dopo centimetro. Lentamente, mi bacia la pelle, prima di aprire le labbra e mordermi il collo, succhiando, assaporando, facendomi impazzire. L'altra mano vaga sopra il vestito, sopra la curva del mio seno. Mi sento praticamente crollare tra le sue braccia. Poi, senza preavviso, mi volto, scivolando via dalla sua presa. Gli serro le braccia intorno al collo, e i suoi occhi si scuriscono mentre i nostri corpi diventano tutt'uno.
Piego all'indietro la testa, consentendogli di avvicinarsi, e mi abbandono tra le sue braccia snelle. Lui mi stringe forte, baciandomi nell'incavo del collo, leccandomi, andando sempre più a fondo, mentre la sua mano scivola di nuovo verso l'orlo della gonna e con il palmo mi accarezza una coscia.
Emette un gemito, mettendomi l'altra mano sulla nuca, poi all'improvviso si ritrae. «Quanto sei ubriaca?».
Io guardo prima a destra e poi a sinistra, come se ci fosse una risposta nascosta tra la gente. «Non lo so».
Lui sospira e si passa le dita tra i capelli. «Mi stai uccidendo, lo sai vero?»
«Mi dispiace», dico, mettendo il broncio.
Lui ride e mi fa cenno di tornare verso il tavolo. «Vai da Lila, io arrivo subito. D'accordo?»
«Perché? Dove vai?», gli chiedo.
Lui si sfrega il viso con una mano e si lascia sfuggire una risata ansimante. «Devo andare a sbrigare una faccenda».
Ci separiamo e io torno in cucina come mi ha detto. Lila mi lancia un'occhiata accusatoria mentre mi siedo a tavola. Cerco di non sorridere, ma sono troppo ubriaca per preoccuparmi.
«Guardati», disse Lila. «Tutta sorridente!».
Provo a dire qualcosa, ma vedo Micha che parla con Naomi in mezzo alla calca. Lei ride per qualcosa che lui ha detto e poi si dirigono insieme verso il corridoio dove si trova la sua stanza da letto.
Immagino fosse quella la faccenda che doveva sbrigare. Mi alzo dal tavolo e senza dire una parola corro fuori sotto la pioggia.

MICHA

Stasera Ella mi sta uccidendo. Ho un'erezione incredibile e dovrò stare un'ora sotto la doccia ghiacciata per calmarmi, ma lei è ubriaca e io non posso andare avanti. Sto tornando nella mia stanza, per affrontare il problema da solo, quando incontro Naomi.
Agita un dito verso di me e poi ridendo dice: «Io e te dobbiamo parlare».
«Non ho ancora deciso!», grido per sovrastare la musica.
Lei mi prende per un braccio e mi trascina verso l'ingresso, andando a sbattere contro le persone finché non arriviamo alla mia stanza. Poi chiude la porta e accende la luce. «D'accordo, ora spiegami, perché è tanto difficile prendere una decisione su qualcosa che hai sempre voluto fare?»
«Preferirei non farlo».
Alza le braccia in alto con espressione esasperata. «Non ti capisco. Al liceo non facevi altro che dire che volevi suonare con un gruppo e fare delle tournée».
«Lo voglio ancora», dico. «Ma non sono sicuro di poter lasciare alcune persone». Il suo volto si rilassa e lei lascia ricadere le mani lungo i fianchi. «Questo lo capisco. Ero preoccupata di lasciare solo mio padre, ma gli ho parlato e gli ho spiegato perché lo facevo, e sai una cosa? Lui ha capito».
«La mia situazione è più complicata, Naomi». Mi siedo sul letto, desiderando che se ne vada. «Non è solo mia madre che mi preoccupa».
Lei si siede sul letto accanto a me e accavalla le gambe. «È per via di Ella».
«Cavolo! È tanto evidente?», dico. «Perché ho sempre pensato di non darlo a vedere».
Lei ridacchia. «Altro che! E poi non sei solo tu, siete entrambi. Ma sai cosa penso? Non puoi far ruotare tutta la tua vita intorno a una ragazza. Devi andare avanti e vivere nel modo in cui desideri».
Lei non capisce. «Dài, non ho voglia di parlarne».
«D'accordo», dice, sollevando una mano. «Scusami, ti lascio stare. Volevo solo darti uno spunto su cui riflettere».
Mi accarezza affettuosamente un ginocchio e poi si dirige verso il corridoio. Appena la porta si chiude, mi lascio cadere all'indietro sul letto. Forse ha ragione. Forse farei meglio a lasciarla perdere.
«Dannazione!». Devo assolutamente prendere una decisione.
Il mio sguardo vaga sulla casa di Ella. È tutto buio, tranne una luce. Quella del bagno in cui morì sua madre. Sono otto mesi che quella luce non viene accesa. Perché è accesa proprio ora?

Non lasciarmi andareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora