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Beatrice
'Allora tu che dici?' chiese Veronica, mandando giù quel che restava del suo tè.
'Bea!Ci sei?'
Emisi degli strani versi, per farle capire che avrei voluto dormire, invece di chiacchierare, ma lei non mi diede retta e continuò quello che ormai era diventato un soliloquio.
Quel giorno mi sentivo peggio del solito.
La sera precedente non avevo chiuso occhio, complici i quattro caffè presi prima di coricarmi.
Non avevo ricevuto alcun messaggio da parte di Federico e, dopo averglielo mandato io, non avevo ottenuto neanche una risposta.
Alle occhiaie, si era aggiunta l'ansia, in crescendo man mano che il treno macinava chilometri.
Guardai fuori dal finestrino e presi un respiro profondo, osservando il veloce mutare del paesaggio.
Qualcosa mi tormentava, ma non volevo dare un nome al peso che sentivo sullo stomaco.
'Ho capito cos'hai!' esclamò all'improvviso Veronica, facendomi sobbalzare dalla paura.
'Ho sonno'.
'Mmm...vediamo un pò'.
Era più che scontato che avrebbe tirato fuori sempre lo stesso nome: Bernardeschi.
Sia per lei che per Giuseppe, cercavo di colmare il vuoto che aveva lasciato con il Federico sbagliato, ricavandone soltanto sofferenze.
Da quando avevo raccontato ai miei amici della nostra amicizia, entrambi avevano cominciato a tartassarmi con le loro mille teorie.
'Hai deciso di lasciare Chiesa e non sai come dirglielo'.
'Smettila' sbuffai.
'Non lo ami Bea!'
'Non sai cosa provo' ribattei, nonostante fosse evidente che tutti sapessero sempre qualcosa in più di me.
'Tu ami ancora Bernardeschi'.
'No!'
'Ti illumini quando lo vedi, ti brillano gli occhi se ne parli e da quando lo hai rincontrato sei di nuovo te stessa'.
'Sono sempre stata me stessa' dissi, cercando di auto-convincermi che fosse la verità.
'Guardami in faccia e dimmi che non provi più niente per lui'.
Per un attimo pensai di farlo, così avrebbe smesso di assillarmi una volta per tutte, ma ero stufa di tenermi aggrappata alle bugie che mi ero raccontata per andare avanti.
Non aveva più senso neanche negarlo.
'Si possono amare due persone contemporaneamente?'
'Bea...tu non ami due persone contemporaneamente. Tu ami solo lui e lo sai'.
'Mi sembra di non sapere più niente' mormorai sconsolata.
Credevo di aver tutto sotto controllo ma era soltanto un'illusione. Non avevo il controllo neanche dei miei stessi sentimenti.
La verità era che, la colpa del mio malessere, era soltanto mia e la conoscevo perfettamente.
Non era l'insonnia, ma il non volerlo dimenticare.
Volere che il mio cuore vibrasse ancora al suono della sua voce.
Voler perdermi in lui e fargli capire quanto avessi bisogno delle sue braccia attorno al mio corpo.
Federico lo sentivo fin dentro le ossa.
Lo cercavo nelle canzoni, nei tramonti, nei profumi, nelle risate degli altri.
Lo cercavo persino dove sapevo che non l'avrei trovato.
Ed era vero che amavo lui e nessun altro. Non si dimentica chi si ha amato in quel modo.
Mi ero immedesimata per troppo tempo in una Beatrice diversa.
Diversa da quella che lui aveva amato più di ogni altra cosa e che amava lui più di tutto il resto.
La verità era che ero sempre io ed era inutile anche solo provare a fingere il contrario.
'È vero. È lui che amo' ammisi, per la prima volta ad alta voce.
'Devi parlare con Chiesa'.
'Devo parlare con Chiesa' ripetei, ancora più nervosa di prima.
Arrivammo a Roma nel tardo pomeriggio.
Su una panchina della stazione trovammo Gaia, nella capitale già da qualche ora.
'Bea!Ti vedo benissimo!' mi salutò, abbracciandomi.
'Benissimo non direi' risi, pensando che la mia faccia stravolta avrebbe spiegato tutto senza il bisogno di parlare, ma lei sembrò non capire.
'Sono Veronica' intervenne la mia migliore amica, che non aveva smesso di lamentarsi del peso dei suoi bagagli da quando eravamo scese dal treno.
'Gaia'.
La mia ex coinquilina sparì nel giro di neanche trenta minuti. Salì su un taxi alla ricerca di Paulo, mentre la sorella di Federico ed io raggiungemmo la nazionale in albergo.
Gli azzurri avevano finito gli allenamenti da poco ed erano ritornati giusto in tempo per la cena.
Dopo aver depositato le valigie e fatto una doccia veloce, scendemmo nella hall, dove incontrai Leonardo e Mattia, a dir poco esausti.
'Ti stavano aspettando tutti qua' commentò Perin divertito.
'Tutti chi?'
'Beh almeno due persone' rise Bonucci, ma non fece in tempo ad aggiungere altro che, da dietro l'angolo, spuntarono sia Chiesa che Bernardeschi, intenti a parlare a bassa voce tra di loro.
Il primo mi venne incontro e cercò di unire le sue labbra alle mie. Io però mi spostai e mi limitai a dargli un bacio sulla guancia.
'Tutto bene?'
'Sì, tranquillo'.
Il secondo accennò un saluto con la mano ed andò verso la sorella, senza staccarmi mai gli occhi di dosso.
Durante la cena, non proferii parola, lasciando agli altri le redini della conversazione.
Lanciai qualche rapida occhiata a Federico, ma lui, più serio che mai, non distolse lo sguardo dal suo piatto neanche per un secondo.
Con la scusa del mal di testa, mi congedai dai calciatori e mi rifugiai in camera.
Chiesa manifestò la sua preoccupazione per le mie condizioni di salute, ma lo tranquillizzai, attribuendone la colpa alle troppe ore di treno.
Sul letto della nostra stanza, trovai Veronica, alla ricerca del filtro più adatto per scattarsi una foto.
'Quando sei tornata?'
'Poco fa'.
'La luce non mi sembra il massimo comunque' scherzai, palesando quello che sicuramente stava pensando.
'Hai ragione' commentò, provando a spegnere e riaccendere la lampada.
'Paulo sta bene?'
'È un pò nervoso per domani sera, ma penso che sia così per tutti'.
Decisi che sarei andata a dormire presto, così mi recai in bagno per lavarmi i denti.
Quasi non mi riconobbi allo specchio.
Due profondi cerchi violacei delineavano il contorno dei miei occhi.
Gli avrei definiti tristi, lucidi e, prima ancora di versare una lacrima, incredibilmente gonfi.
I capelli, tagliati il giorno prima, erano crespi e disordinati.
'Ho davvero avuto questa faccia tutto il giorno?'
'Sì' rispose come se nulla fosse. 'Hai parlato con Chiesa?'
'No'.
'Cosa aspetti?'
'Pensavo di tornare a Torino già domani' annunciai. 'E di parlargli al suo ritorno'.
'Perché?Siamo appena arrivate'.
'Non riesco a stare qua con entrambi' confessai. 'Mi sembra di impazzire'.
La mia testa l'aveva detto che non sarei dovuta partire per Roma.
Era il cuore che aveva insistito.
Tornare a casa avrebbe agito soltanto da tampone, dal momento che, non appena i miei occhi avevano rincontrato quelli di Bernardeschi, avevo capito che il danno era già stato fatto e che non avrei potuto riavvolgere il nastro.
Le cose non andavano mai come mi aspettavo che andassero ed ormai avrei dovuto capirlo, invece di continuare ostinatamente a sperare che, proprio lui, venisse a bussare alla mia porta.
'Non credi che sia il caso di parlare con almeno uno dei due prima?'
Cos'avrei dovuto dire a Bernardeschi?
Sarebbe stato logico cominciare da quello che sentivo per lui.
Avrei voluto che sapesse tante cose, tipo il fatto che l'avrei sempre tenuto tra le cose non avrei mai dimenticato o che avevo un talento innato per le situazioni difficili, ma che con lui ero certa di poterle affrontare tutte.
Avrei voluto dirgli che lo amavo e che, anche se indietro non potevamo andarci, niente avrebbe potuto portarmi via il ricordo di quando ero sua.
Ma...ero pronta ad aprirgli il mio cuore?
'Sì'.

Back to you | Federico BernardeschiWhere stories live. Discover now