Al centro del mondo c'è un luogo che sta fra la terra, il mare
e le regioni del cielo, al confine di questi tre regni.
Da lì si scorge tutto ciò che accade in qualsiasi luogo del mondo,
anche nel più remoto, e lì giunge, a chi ascolta, qualsiasi voce.
Vi abita la Fama: ha eretto la casa nel punto più alto,
una casa nella quale ha posto infinite entrate e mille fori,
senza che una porta ne impedisca l'accesso.
È aperta notte e giorno; tutta di bronzo sonante,
vibra tutta, riporta le voci e ripete ciò che sente.
Non vi è pace all'interno e in nessun angolo silenzio,
ma pure non vi è frastuono, solo un brusio sommesso,
come quello che fanno le onde del mare se le si ascolta
di lontano o come l'ultimo brontolio dei tuoni,
quando Giove fa rimbombare lugubri le nubi.
L'atrio è sempre affollato: gente d'ogni risma che va e viene.

Mescolate a voci vere ne vagano qua e là migliaia
di false, che spargono intorno chiacchiere e parole equivoche.
Di queste alcune riempiono le orecchie sfaccendate di calunnie,
altre riportano il sentito dire, e la dose delle invenzioni
cresce a dismisura, perché ognuno vi aggiunge qualcosa di suo.
Lì trovi la Credulità, l'incauto Errore,
la Gioia immotivata e i Timori sfibranti,
la Sedizione improvvisa e i Sussurri d'origine incerta.
Così la Fama vede tutto ciò che accade in cielo,
in mare e in terra, indagando sull'universo intero.
Fu lei a render noto che le navi greche, cariche di truppe,
stavano arrivando. Perciò, quando il nemico in armi sbarca,
non sbarca inatteso. I Troiani gli sbarrano il passo difendendo
il lido, e tu per primo, Protesilao, cadi per fatalità
sotto la lancia di Ettore. I primi scontri costano cari
ai Dànai ed Ettore con le sue stragi si rivela un prode.
Ma anche i Frigi con molto sangue sperimentano quanto potente
si mostri il braccio degli Achei: già rosseggiavano di sangue
le spiagge del Sigeo; già Cigno, figlio di Nettuno, mille uomini
aveva ucciso; già Achille, imperversando sul suo carro,
stendeva a colpi di lancia (la lancia del Pelio) intere milizie,
e mentre cercava fra le schiere nemiche Cigno od Ettore,
in Cigno s'imbatté (per Ettore doveva attendere
ben dieci anni). Allora, incitando i cavalli, che su candidi
colli reggono il freno, diresse il carro contro il nemico
e, brandendo col braccio muscoloso una lancia tutta vibrante,
gridò: «Chiunque tu sia, o giovane, consòlati:
tu muori, ma chi ti uccide è Achille d'Emonia!».
Così il nipote di Èaco, e alle parole seguì il tonfo della lancia.

Ma benché scagliata con precisione e senza alcun errore,
l'asta non produsse danno con la sua punta acuminata:
contuse appena il petto di Cigno come fosse spuntata.
Allora Cigno: «Figlio di una dea (ti conosco di fama),
perché ti meravigli ch'io non sia ferito?»
(e meravigliato lo era). «Non quest'elmo che vedi, col suo fulvo
pennacchio equino, né il concavo scudo appeso al braccio
mi servono a qualcosa: li porto solo per farne sfoggio.
Anche Marte non porta armi per altro. Toglimi queste armature
di difesa: ne uscirei ugualmente illeso.
Conta pur qualcosa l'essere nato non da una Nereide,
ma da chi domina su Nèreo, le sue figlie e il mare intero».
E qui scagliò contro il nipote di Èaco una lancia, che andò
a conficcarsi al centro dello scudo, trapassando il bronzo
e nove pelli di bue, ma fu fermata dall'ultima.
L'eroe l'estrasse e a sua volta scagliò con tutta la sua forza
una lancia fremente: di nuovo il corpo rimase illeso,
senza una ferita. E neppure una terza lancia valse a scalfire
Cigno, che nulla faceva per ripararsi ed anzi si esponeva.
S'infuriò Achille, come un toro che in piena arena
con le sue corna terrificanti si avventa contro il drappo rosso
sventolato per irritarlo e si accorge di dar cornate a vuoto.
Controllò tuttavia se dalla lancia fosse caduta la punta:
no, era ben salda sul legno. «È la mia mano che è debole allora»
si disse, «e ha perso in una volta tutta la forza che aveva?
Perché prima era salda, certo, sia quando davanti a tutti
abbattei le mura di Lirnesso o quando sommersi
nel sangue loro Tènedo e Tebe, la città di Eezione,
sia quando purpureo fluì il Caìco per la strage del suo popolo
e Tèlefo due volte sperimentò l'effetto della mia lancia.
E anche qui, con tutta questa caterva di morti che ho fatto
e vedo sulla spiaggia, la mia destra è stata ed è, certo, possente.»

𝐌𝐄𝐓𝐀𝐌𝐎𝐑𝐅𝐎𝐒𝐈 ━ 𝐎𝐯𝐢𝐝𝐢𝐨حيث تعيش القصص. اكتشف الآن