VII

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LIBER VII

LIBER VII

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SOLCANDO CON LA nave di Pàgase il mare, i Minii
avevano incontrato Fineo, che a stento in un buio senza fine
trascinava la sua vecchiaia; e i figlioli di Borea
dal viso di quel vecchio infelice avevano scacciato le Arpie.
Poi, dopo lunghe traversie, guidati dal grande Giasone,
raggiunsero le rapide del limaccioso Fasi.
Ma quando si rivolgono al re per ottenere il vello di Frisso,
vien loro imposto d'affrontare l'onere di prove spaventose.
Fu allora che un gran fuoco divampò nella figlia di Eèta, il re:
a lungo lei cercò di contrastarlo, ma quando con la ragione
vide di non poterne vincere la furia: «Invano ti ribelli,
Medea, certo, un dio deve opporsi; se ciò che chiamano amore
questo non fosse, o qualcosa di simile, stupita ne sarei.
Perché mai troverei così duri gli ordini di mio padre allora?
E duri lo sono davvero! Perché mai temo che muoia un uomo
incontrato in questo istante? Quale la causa di tanto timore?
Scaccia dal tuo petto di vergine la fiamma che vi infuria,
se ci riesci, infelice! Se ci riuscissi, sarei più saggia.
Ma un impulso inaudito mio malgrado mi trascina; la passione
mi consiglia una cosa, la mente un'altra. Vedo il bene, l'approvo,
e seguo il male. Perché, principessa, bruci per uno straniero
e fantastichi nozze con chi non appartiene al tuo mondo?
Anche questa tua terra può darti un uomo da amare. Che lui viva
o muoia è in mano agli dei. Ma che viva: questo si può augurarlo
anche senza esserne innamorata. Che male ha fatto Giasone?
Solo un barbaro rimarrebbe insensibile alla sua giovinezza,
nobiltà e valore. Se altro non avesse, chi non incanterebbe
quel suo viso? E certo il cuore mio l'ha incantato.
Ma se non lo soccorro, travolto sarà dalle vampe dei tori,
si scontrerà con i nemici generati dalla terra
che ha seminato, o immolato alle sue voglie, preda del drago
cadrà. Se permetterò questo, da una tigre dovrò dire
d'essere nata e d'avere cuore di ferro, cuore di macigno.
Perché allora non lo guardo morire e non infango gli occhi miei
con questo spettacolo? perché non gli aizzo contro i tori,
i feroci figli della terra e quel drago insonne?
Ci assistano gli dei! Ma qui, no, non serve pregare:
io devo agire! Tradirò allora gli ordini di mio padre
e questo straniero che mi è ignoto si salverà col mio aiuto,
per poi, senza di me, da me salvato, spiegare le vele al vento
e sposare un'altra, mentre io, io, Medea, rimango qui in pena?
Se ha il coraggio di far questo o di preferirmi un'altra,
muoia, l'ingrato! No, no, l'espressione del suo sguardo,
la nobiltà del suo cuore e la grazia dell'aspetto
temere non mi fanno che m'inganni o che dimentichi i miei meriti.
E prima mi darà la sua parola, pretenderò che gli dei
ne siano testimoni. Non hai motivo di temere. All'opera,
rompi gli indugi. Giasone ti dovrà gratitudine perenne,
celebrerà con te le nozze e in ogni città dei Pelasgi
folle di madri inneggeranno a te come la loro salvatrice.
Ma avrò l'animo io d'abbandonare, travolta dai venti,
sorella e fratello, padre e dei, la stessa mia terra?

𝐌𝐄𝐓𝐀𝐌𝐎𝐑𝐅𝐎𝐒𝐈 ━ 𝐎𝐯𝐢𝐝𝐢𝐨Where stories live. Discover now