⊱ Magenta

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[Nei media:
Les Filles Désir by Vendredi sur Mer]

Min Yoongi
Magenta
"Sorry about the blood in your mouth. I wish it was mine."

Tic tac, tic tac, tic tac

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Tic tac, tic tac, tic tac.
Il rumore dell'orologio, appeso sul camino, non cessava più. Si era fuso al ticchettio della pioggia sulle foglie e sui rami, diventando più oppressivo. Le paranoie di Yoongi erano pensieri infondati, fermi come la nebbia, sensi di colpa dati dal lato peggiore della natura umana: pretendere l'amore lì dove non c'era. Al di là dei suoi ricordi, della nicotina sui polpastrelli delle dita, dei dischi graffiati, dell'inchiostro sulle pagine, vi era un muro alto che gli impediva di raggiungere il presente. Era lì: chiuso a chiave in una cantina, nello splendore di un'età che era ormai stata macchiata. Poteva chiudere gli occhi e sentire le urla, toccare le cicatrici spesse sulla schiena, esisteva tra le mura di quella casa un interruttore in grado di riportare la luce nella sua vita? Yoongi sarebbe riuscito a trovarlo?

«Torna in te figliolo, ti prego, torna in te»

Avvertiva un senso di disorientamento e pian piano stava venendo schiacciato da un mostro invisibile. Lo sguardo vuoto era sul pavimento: suo padre era quasi davanti a lui, riconosceva bene quei passi, il rumore pesante delle sue scarpe avanzava verso la cucina ed era sempre più vicino a lui e alla sua dolce lettera. Il candore del soffitto lo soffocava e non capiva più perché fosse lì, in quella stanza colma di crocefissi e puzza di candeggina, a che scopo serviva ricordare? Era tutto finito, gli era stato dato un cognome e non aveva il diritto di macchiarlo con simili vergogne. Non più.

Strinse con più ferocia la pagina ingiallita  «Come un paletto conficcato al petto, vedere questo sguardo sul tuo volto mi farà sempre star male» disse alla madre, ritrovandosi nel torace pezzi del suo cuore macerato dalla disillusione.

L'espressione della donna si trasformò presto in una smorfia di dolore. Tentò di sottrarre le lacrime alla vista del marito, coprendosi il viso con le mani, ma questo ovviamente non bastò «Cos'è tutto questo baccano in casa mia? Ritorno dal lavoro e mi ritrovo mia moglie in un fiume di lacrime!» urlò suo padre «Sei stato tu? Hai fatto piangere tua madre?» Non aveva saliva nella gola, l'agitazione gli contorceva lo stomaco, in un attimo nascose il foglio dentro la tasca dei jeans e si voltò con disprezzo verso l'uomo «Come se tu non l'avessi mai fatto!» esclamò con un vago sorriso «Tutte le volte in cui l'hai tradita con qualche minorenne della tua fottuta parrocchia di ipocriti»

Per un attimo nulla ebbe più senso. L'orologio sul camino parve fermarsi. Il padre gli assettò un pugno sul volto, macchiando di rosso la pelle candida del figlio. Proprio in quel tragico momento, Yoongi si sentì finalmente a casa: il sangue sui denti e le chiazze di rosso sulla felpa. Non c'era alcun dolore fisico ma solo una scarica di adrenalina che gli scorreva nelle vene.

Figli di nessuno, con le orecchie che ronzano dalla rabbia, è il pensiero che ci fa del male, dover vivere all'interno di una fiamma e bruciare sempre. Era solo sopravvivenza e Yoongi aveva sviluppato una tremenda paura di vivere, ancor di più d'amare, d'essere amato, e non sentiva alcun dolore mentre con tutte le forze che aveva si difendeva dai pugni feroci del padre allo stomaco. Piuttosto si sentiva solo, confuso, smarrito in questo mondo che non lo voleva. Combatteva senza sosta, ad un tratto cadde a terra ma riuscì comunque a colpire il volto del padre. Sentiva sua madre urlare,piangere, pregare il marito di fermarsi ma anche adesso non bastava(non è mai bastato).

RESILIENZADove le storie prendono vita. Scoprilo ora