1938

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Era un giorno del 1938 quando ricevetti l'ordine dai comandanti, dovevamo sorvegliare la frontiera con l'Austria.
L'ordine era quello di non far passare nessuno.
All'inizio non ci diedi peso, d'altronde era il mio lavoro, impedivo a quelle persone di attraversare il confine, senza rimorso.
Non mi importava più di tanto.
Era una cosa che si doveva fare e basta.

Mi chiamo Alfred, sono nato nel 1917, ero giovane quando mi arruolai.
Non era una cosa che volevo fare davvero, ma ero anche costretto dalla mia famiglia.
I miei genitori erano tedeschi fascisti, sostenitori di Hitler e del suo regime.
Mi sposai nel 1937, avevo già un bambino; mia moglie non era d'accordo con la mia scelta.
Odiava i soldati, lei mi preferiva a casa con il nostro bambino.
Lo volevo anch'io...
Avrei voluto trovarmi con la mia famiglia, trovare un'altro lavoro, prendere una casa più grande. Purtroppo la guerra non era nei miei programmi. A dire la verità arrivò all'improvviso nella mia vita e rovinò un po' la vita di tutti.

Non so bene come definirmi, Fascista, Antifascista o Nazista.
So solo che ero lì, so che eseguendo gli ordini, ho ucciso delle persone. Volendo o non volendo, mi ritrovai ad essere un persecutore ed un carnefice.

Iniziai a dubitare di tutto questo quando dovetti prendere una decisione che non volevo prendere.
Quel giorno era come tutti gli altri, dovevamo bloccare quelle persone al confine, controllare i documenti, alcuni venivano arrestate, altre uccise, altre rimandate indietro.
Una madre, con il suo bambino, catturò la mia attenzione quella mattina; assomigliava un po' a mia moglie, aveva lo stesso colore dei capelli e anche gli occhi e i lineamenti erano simili.
Il bimbo aveva intorno ai quattro anni, era affamato e piangeva.
La donna mi si avvicinò e mi pregò di nascosto di lasciarla passare.
Pensai a mio figlio, a mia moglie, vidi la paura nei suoi occhi.
Aveva paura più per suo figlio, forse. Come ogni genitore ne ha per i propri...

Era orribile quello che eravamo costretti a fare ogni giorno, iniziava a pesarmi questa situazione, non mi andava più bene, c'era troppa crudeltà in tutto, iniziavo per davvero a sentirmi un assassino.

La donna al mio fianco iniziò ad insistere, adesso piangeva e il comandante dall'altro fianco mi disse di metterla a tacere.
Sapevo cosa volesse dire per lui, ma non volevo assolutamente farlo.
Forse era arrivato il momento di ribellarmi a tutto questo odio.

Una volta, mi trovavo a scuola, la mia maestra disse che gli esseri umani erano tutti uguali, che le differenze non erano difetti, che ogni vita era speciale allo stesso modo.
Ero piccolo quando me lo disse, in quel momento lo ricordai come se me lo avesse detto pochi giorni prima.

Così dissi al capitano che non avrei eseguito gli ordini, all'inizio si mise a ridere, me lo ordinò un'altra volta, e io con fermezza rifiutai un'altra volta. Non volevo più farne parte.
Avrei voluto che la lasciasse andare, con il suo bambino verso un luogo migliore, con delle persone che davano importanza alla vita umana.
Ma non fu così.

1938Where stories live. Discover now