L'uomo col cappello

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Sabato mattina sarei dovuta andare in palestra, non ne avevo voglia, ma lo avrei fatto. Invece, ricevo un messaggio con scritto che l'istruttore era malato.

Perfetto, per me.

Ho così messo in pratica l'idea che avevo in mente: giocare nella neve. Ci siamo vestiti con piumini, cappelli, sciarpe, scarponi, calze pesanti, guanti e siamo usciti in giardino. Mariasole era nel marsupio, ben coperta sotto il  mio piumino. 

La notte prima erano caduti cinque centimetri di neve, non molta, ma l'unica neve dell'anno e per di più tardiva. Io sono uscita di sera, per la prima volta dopo quattro anni, per andare ad un concerto. E' stato il regalo di compleanno, per i miei quarant'anni, da parte di Sabrina. Uscendo di casa ho pensato "E' colpa mia se nevica così". In macchina verso Varese, gli spazzaneve andavano in senso contrario al nostro. Sabrina guidava con cautela e io mi gustavo il paesaggio innevato, avevo l'impressione di essere lontanissima dall'Italia, in un Paese del Nord. Ci siamo sedute a teatro nel momento stesso in cui venivano spente le luci e si apriva il sipario. Malika era in cima ad una torre, io avevo le vertigini per lei. E' scesa da lì, dopo tre canzoni, aggrappata a un drappo di stoffa rossa. Ha cantato come un usignolo, forte e fragile insieme, per due ore. Ogni canzone era una ciliegia succosa e appena finita una, ne volevi un'altra. Era ipnotica da guardare e nei suoi repentini cambi d'abito, sembrava quasi una trasformista.

La mattina dopo, nel mio giardino con addosso Mariasole, con Luca e Pietro che costruivano con la neve "L'uomo col cappello", che in realtà per  Pietro era un dinosauro, assaporavo ancora la musica della sera prima. L'aria era gelida, ma il sole caldo. Tutto era perfetto. Ho ringraziato il mio istruttore di non aver fatto lezione. Ho ringraziato Malika per la sua voce. Ho ringraziato la neve che mi ha mostrato la direzione delle mie impronte.

Cammina con meWhere stories live. Discover now