UN BRUTTO SOGNO

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Melker era appena uscito dalla doccia, con l'asciugamano si frizionava i capelli ancora umidi. Riguardo al resto: il pudore non era una cosa che lo toccava. Quando poi si trovava a casa sua, men che meno. Sostava sulla porta del bagno che ridava direttamente in camera.

Totalmente immerso nei suoi pensieri, con ancora il senso di tepore sulla pelle a dargli un sottile piacere, si ritrovò quasi atterrato dalla sorella che, come se fosse crollato il mondo, gli si stringeva contro.
«Mel... ho fatto un sogno terribile!»
Aveva alzato le braccia in un gesto istintivo di sorpresa. Lasciò cadere l'asciugamano per scostarla quel tanto da prenderle il viso tra le mani. «Elin, per quanto brutto, era solo un sogno... e poi cosa c'era di tanto terribile?!»
«C'era che morivi!»
Melker ci resta un attimo, lo sguardo che si sgrana appena, rivelando il suo stupore. Lei prosegue.
«Ed io ero disperata ma anche arrabbiata con te!»
«Con me?!» mica era una colpa morire?! Più che altro una sfiga immane!
Maj-Lis annuì osservandolo dritto negli occhi.
«Perché sceglievi di farlo!»
«Sceglievo di...»
«Esatto, ti uccidevi per...» riporta alla mente le testuali parole «"rendermi finalmente libera di vivere la mia vita". E invano cerco di farti capire che io sono libera, che ho fatto una scelta e che sono felice di averla fatta! Te ti avvicini alla finestra, e nel sogno eravamo in un piano elevato di un grosso edificio, e ti butti... e io resto lì attonita per poi rimproverarmi di non essere riuscita a fermarti, non non aver fatto abbastanza per impedirti quel gesto estremo..».
«Che cosa pessima!» la interrompe lui che ora si è deciso a stringerla.
«Pessima?!» interdetta.
«Assolutamente! Se proprio dovessi uccidermi non lo farei mai in un modo tanto "inestetico"! Sceglierei qualcosa di molto più chic, come tagliarmi le vene o ingerire del veleno, ma niente robe che ti fanno vomitare l'anima, anche quello sarebbe decisamente poco elegante. Un infarto e via! Ma conserverei la mia immagine al meglio, perfetta per essere compianto al funerale!»
Maj-Lis era incerta se prenderlo a schiaffi e pensare lei a deturpare la sua "immagine perfetta" o scoppiare a ridere per l'assurda visione esistenziale del fratello.
«In effetti nel sogno non mi restava altro che un mucchio di ossa spappolate» optò per l'ironia.
Melker alzò gli occhi al cielo a ribadire le sue ragioni. Infine prese un profondo respiro e si decise a parlare: «La cosa bella dei sogni è che, per quanto siano pessimi, sono solo sogni e passano via, anche se a volte lasciano una brutta sensazione... dopo un po' va via anche quella. E comunque deve essere dipeso dal discorso dell'altro giorno ma ci siamo chiariti e, fidati, non ho alcuna intenzione di levarmi di torno. Anche se dovessi scegliere di vivere la tua vita con qualcun altro» accompagnò la possibilità con una smorfia di disgusto «comunque resterei nell'ombra pronto a intervenire nel caso avessi bisogno di me» conclude la frase facendole l'occhiolino.
«E ora, se non ti dispiace, vorrei vestirmi» abbassa lo sguardo facendole notare che non ha nulla addosso.
Ora, la scena dovrebbe prevedere frasi farfugliate, guance che si arrossano, viso che si volta altrove annaspando aria in preda all'imbarazzo... non in questo caso. L'intimità che li lega non sarà di certo quella di due fratelli che hanno passato da un pezzo l'età dell'infanzia. L'intimità che li unisce è la loro, unica, moralmente criticabile, forse, ma speciale come speciale è il loro legame. Maj-Lis quindi si scosta osservandolo e annuendo.
«In effetti dovresti...».
Lui, libero dalla stretta di sua sorella, si dirige verso la poltrona raccattando dei pinocchietti azzurro melange, con culisse in vita. Si guarda intorno...
«Hai visto per caso la mia felpa verde latte e menta? Quella col ghiacciolo rosa» niente, non ricorda dove l'ha lasciata. Si stringe nelle braccia iniziando a sentire freschino. Ed è in quell'istante che gli sbatte contro il viso la felpa, in un lancio perfetto, compiuto da Maj-Lis.
Lui l'afferra al volo.
«Dov'era?!».
«Sul letto...».
«Grazie, non ricordavo di averla lasciata lì».
«Sovrappensiero come tuo solito!»
«Di solito sono lucido e affilato ma quando sono a casa mi prendo le ferie dalla mia mente iperattiva!» ridacchia e lei fa lo stesso. Melker le si avvicina, scompigliandole i capelli e stringendola a sé, un gesto dolce ma vagamente possessivo. Lei socchiude gli occhi godendosi quell'abbraccio, con tutti i suoi non detti.
«Fidati, Elin... io non ti lascio».
Solo un sussurro ma detto con estrema decisione. Che giunge a lei come un sottile, quanto intenso, raggio di sole che dissipa definitavene le nubi del suo animo.  

BLOOMWhere stories live. Discover now