Capitolo Uno

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Vorrei essere in un posto dimenticato della terra, in un posto dove non esiste il giudizio, un mondo privo di cattiveria, credo di pretendere troppo.

La vita è un souvenir secondo molti e secondo me è una gran cazzata, io sono testardo e non ho pazienza per sentire certe frasi.

La magia e il fascino che offre il Canada può rapire qualsiasi donna, o almeno credo. Quando avevo undici anni stavo sulla Berlin Bridge Street a vendere giornali col mio accento Canadese e attiravo un sacco di ragazze, forse era solo il mio bel visino ad attirarle.

La vita qua sarebbe deprimente senza le moto, e soprattutto senza i miei migliori amici.

Loro sono gemelli e sono la fotocopia l'un del altro, ma molto diversi tra loro.

Lennon il cervellone, Gilbert il spara-cazzate.

Quando eravamo bambini giocavano sempre nel giardino di mio zio George. Lì trovammo un litro di birra che ci bevemmo tutti e tre assieme ubriacandoci, credo avessimo avuto sette anni.

Mio papà Gideon teneva per casa appesi tutti i giornali dove c'era lui e la sua squadra da giovane quando vincevano le gare, era una cosa pazzesca che la gente mi scambiava per lui certe volte.

Mio papà era un eroe per me, e non so cosa avrei fatto senza di lui, purtroppo dovevo prepararmi a come sarebbe stato senza di lui dato che aveva un tumore al cervello e si dimenticava pure dove erano le sue mutande.

Era doloroso.

Forse sarebbe stato meno doloroso un pugno in faccia.

"Ciao Barry, fa il bravo" Mi disse a volte. Più i giorni passavano, più si dimenticava le cose a causa di quel maledetto tumore. Persino il mio nome si dimenticava e la cosa mi spezzava il cuore, vivere da solo questa situazione mi distruggeva in tutti i sensi.

Ho preso a pugni il medico perché non c'è la facevo più, volevo che trovasse un rimedio, qualsiasi cosa pur di non vederlo così, ma nulla.

Gilbert e Lennon mi stavano aspettando fuori pazientemente, Gilbert giocava con la sua pallina rimbalzante di pelle nera.

"Come sta?" Mi chiese Lennon riferendosi a mio padre.

"Va, ci sono stati giorni migliori" Stavo cercando di trattenermi, non volevo piangere difronte a loro, non volevo.

"Ehi amico, sta calmo, ci siamo noi qui per te" Gilbert come ogni volta era riuscito a strapparmi un sorriso, mentre Lennon cercava di consolarmi lui stava cercando di acchiappare una formica.

"Sù andiamo, sennò facciamo tardi come al solito" Dissi.

Una volta saliti sulle nostre moto siamo partiti sgommando con le ruote facendo un stridulo rumore.

Ci chiamavano Black Collars a scuola perché ci distinguevamo con le nostre giacche sempre nere e il nostro tatuaggio sulla spalla che avevamo tutti è tre uguali sullo stesso posto. Nothing gold can stay.

È il titolo di una poesia, precisamente la poesia che scrisse Robert Forst, la mia preferita.

Appena entrati nel corridoio ci guardammo intorno, e non c'era nessuno.

Motor Cycle ClubWhere stories live. Discover now