Capitolo 11

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Il computer è acceso da giorni.
Da quando l'ho acquistato non era mai capitato che rimanesse in funzione per così tanto tempo. E la cosa divertente è che non lo spegnerò. Non adesso e, probabilmente, mai più.

Ho anche cambiato lo sfondo. Prima c'era quello impostato di default da Windows95. Adesso c'è altro.
Una foto in 4:3 di lei che mi guarda, sempre fisso negli occhi. Quasi a tutto schermo. Con quel suo sorriso disegnato, quelle labbra spesse non troppo, quei capelli di lungo velluto nero.
L'ho adattata per altezza. L'estesione completa la sgraziava, donandole quindici chili in più d'ingiustizia pura.

Ci passo davanti ogni volta che posso. E quando non posso, ci passo apposta.
Ingrandita, sgrana ancora di più ma resta comunque davvero stupenda.
Non è come l'immaginavo, la credevo più... normale. Invece ha un fascino fuori dall'ordinario. Ho azzeccato il colore dei capelli, però: nero corvino.
E poi c'è quel particolare che... che non saprei. Che non sono sicuro sia colpa della bassa qualità, del rumore di fondo o, semplicemente, è davvero copia a immagine della realtà. Ha un taglio asimmetrico, ma è troppo in ombra per capirlo e il viso è inclinato in modo tale da non permettere un giudizio sicuro.

Purtroppo è ora. Devo salutarla, il lavoro mi chiama. Sono tentato di parlarle, ma mi blocco subito. E sebbene sia solo in casa, ormai, salutare una foto sarebbe davvero troppo folle. Pure per me.
E allora lo faccio in silenzio, nella mente. Sperando che quel saluto la raggiunga, ovunque lei si trovi in questo momento.
Qualunque cosa stia facendo.

*

- La notte passata ho fatto un sogno. C'eri tu.

Sorrido da vero idiota nel leggere quel messaggio. E non smetto, nemmeno quando rispondo. E nemmeno dopo.

- Davvero?
- Sì. Mi capita spesso.
- E come sono, nei tuoi sogni?
- Dovrai torturarmi, prima di riuscire a farmelo dire!
- Dai, addirittura?
- Sì. I miei sogni non si toccano. Sono l'unico posto in cui posso essere me stessa.
- Pensavo fosse questo, il posto in cui puoi essere te stessa...
- Sì, ma no. Insomma... dipende.
- Da cosa?
- No, non da cosa. Da chi.
- E qui sei te stessa?
- Secondo te?
- Credo di sì. Anzi, lo spero.
- Vorrei chiederti una cosa, ma anche no.
- E allora fallo senza farlo.
- ..........

La capisco al volo.
- È stato bello guardarti negli occhi.
- Vorrei poter fare la stessa cosa. Quando me ne darai l'occasione?
- Non appena mi dirai la meta del tuo prossimo viaggio.
- Non puoi fare così, non si fa. Non è giusto, sei cattivo!
- E anche brutto.
- È vero. Sei brutto e cattivo!
- Oddio... ma stai facendo i capricci?
- Sì, faccio i capricci. Problemi?
- No. Cioè sì, un po'. Sono piuttosto sensibile alla cosa...
- E io continuo, allora!
- Hai intenzione di farmi perdere la testa?
- Forse...
- Lo sai che non è necessario, vero?

Non risponde. Segue una pausa, un silenzio. Sposto la finestra della chat un po' più a sinistra. Se devo stare in silenzio, almeno la guardo negli occhi.

- Edo...
- Dimmi.

Esita. Di solito è rapida a scrivere.

Probabilmente deve andare ma non vorrebbe. O forse ha paura che ci resti male.
Oppure... è per ciò che ho detto?

- Nei prossimi giorni non potremo chattare.

È una martellata sulle mani. Mi riesce difficile continuare a scrivere.

- Perché?
- Tra una settimana parto. Devo ultimare alcuni lavori e sistemare un po' di cose.
- Per quanto starai via?
- Tre giorni.

Sette e tre sono dieci, dieci giorni in cui non la sentirò. Cavolo, mi manca già. Nonostante sia ancora qui, a un passo da me. Un passo infinito.

Take On Me [Completa - In Perpetua Revisione]Where stories live. Discover now