undici

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I want  you around
need you around

you got me feeling like a stalker

«Sei pronta?» strillò Gae eccitata da dietro la porta del bagno, battendo le mani convulsamente come se stesse chiamando un cane e non la sua migliore amica. Mi osservai un’ultima volta, riflessa nello specchio del bagno e non riuscii a trattenere una smorfia disgustata causata da ciò che mi si presentava davanti. Non ero io, ero stata tramutata in un mostro, che si era impossessato del mio corpo per mettermi in ridicolo di fronte al mondo intero.

«Non farmi questo.» piagnucolai, mentre Gae bussava alla porta sempre più forte, non avendo ricevuto nessuna risposta. La sentii sbuffare, poi la porta si aprì di scatto, lasciando passare le mie amiche che mi fissarono per qualche istante in silenzio, per poi aprirsi contemporaneamente in un sorriso genuino.

«Stai un incanto!» cinguettò con tono melenso Gae, mentre Dana annuiva alle parole della bionda. Scossi la testa, tornando a fissarmi. Sembravo una foglia in autunno, somiglianza che lasciava presupporre che fossi tutto, tranne che un incanto. Avevo cercato di rifiutare di mettermi un vestito, in qualsiasi modo, ma Gae non mi aveva lasciato scelta, afferrando uno dei primi vestiti che le era capitato sotto mano e andando a pagarlo per me, quando eravamo andate al centro commerciale. E aveva fatto male. Non mi era mai piaciuto indossare vestiti, adoravo i vestiti pratici, come un paio di jeans o una felpa, niente di troppo complicato, ma da una parte avevo acconsentito a vestirmi in quel modo perché sapevo di non potermi presentare alla festa di Louis vestita di stracci, mi avrebbero criticata tutti e ne avevo abbastanza dei commenti sprezzanti che mi riguardavano. Ma guardando il mio riflesso nello specchio, cominciavo a credere che indossare un paio di leggings e una maglia di mio fratello non era poi così una cattiva idea. Gae sbuffò, afferrandomi per le spalle e sistemandomi il vestito nemmeno fosse mia madre.

«Questo colore ti sta benissimo!» fu il commento di Dana, portandosi una ciocca di capelli arricciati per l’occasione dietro l’orecchio. Le feci la linguaccia, seccata. Quello che portavo era un normalissimo vestito che si allargava appena sotto il seno e lasciava parte della schiena scoperta, ma era di un verde sgargiante. E solitamente le rosse stavano bene con quel colore, ma evidentemente io ero l’eccezione che confermava la regola, perché stretta in quel vestito mi parevo più un cornetto, che un essere umano. Mi buttai i capelli alle spalle, scocciata, cercando in qualche modo di aprire la lampo per levarmelo. Al diavolo i commenti, in quel momento desideravo solamente la mia tuta.

«Non osare.» sibilò Gae non appena intuì le mie intenzioni. Mi diede un’occhiata di fuoco, prima di tirare su la cerniera, con tanta forza che quasi la ruppe, per poi costringermi a sedermi sul gabinetto.

«Zoe Periwinkle - disse severa - Io ti obbligo a tenerti addosso quel vestito. Certo se fosse Louis a togliertelo, sarebbero un altro paio di maniche…»

Le diedi un calcio sullo stinco, non badando al fatto che lei fosse in equilibrio precario su dei tacchi alti come grattacieli. Lei fece una smorfia, sorreggendosi a Dana.

«Comunque sia - disse - Tieniti quel maledetto vestito e andiamo, probabilmente siamo già in ritardo!» sbottò, osservando l’ora sul suo orologio da polso digitale. Figurati se una bionda poteva leggere l’ora sulle lancette. Dana mi sorrise per rassicurarmi, ma l’unica cosa che provai in quel momento era ansia. Non sapevo il perché, in fondo il mio piano era starmene seduta in disparte tutto il tempo e aspettare che la serata finisse, quindi non c’era motivo per sentirsi in quel modo. Mi alzai, mentre Evleen cercava in qualche modo di entrare in bagno. Ormai ero abituata ai vestiti decisamente poco coprenti di mia cugina, ma quella sera aveva decisamente superato ogni limite. Le calze velate color pelle facevano sembrare che fosse nuda, il tubino nero era stato accorciato così che le arrivasse appena sotto il sedere. Probabilmente bastava che si sporgesse di un poco per vederle le mutande - nel caso avesse avuto il buon senso di mettersele, ma avevo comunque i miei seri dubbi - e il decoltée lasciava tranquillamente poco spazio all’immaginazione, visto che quasi erano visibili i capezzoli. Si passò il rossetto rosso sulle labbra, non appena riuscì ad arrivare davanti allo specchio, pettinandosi i capelli perfettamente ricci che le ricadevano sulle spalle esili. Arricciò le labbra, per poi voltarsi verso di me e lanciarmi un bacio volante. Feci un sorriso forzato, per poi prendere il suo posto ed osservarmi allo specchio. Ero pallida, come un cencio, un cadavere… come Edward Cullen. Sospirai, mentre Gae mi sorrideva beffarda.

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