CAPITOLO 13

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Roma, Dicembre 2013. 

 Alcuni mesi dopo..

<<Quanto ancora dovrà durare questa pagliacciata!?>> <<Ancora due giorni signorina Liviani>> Giulia guardò l'orologio al polso, le lancette segnavano le 08:19 am. Lasciò passare altri sessanta secondi prima di sbuffare nuovamente. Il natale era ormai alle porte, era arrivato come un evento funesto e poco gradito. La città si colorava di una luce speciale che attirava milioni di turisti. Mancavano poco meno di 20 giorni all'inizio delle feste e Roma era già di per se intasata dalla frenetica corsa agli acquisti. Code chilometrica assalivano le entrate dei centri commerciali. Qualche giorno prima aveva provato a percorrere Via Condotti, per raggiungere Mark in piazza di Spagna, ma non tardò a rinunciare all'impresa. Una folla gremita perquisiva la strada ricca di negozi lussuosi, Chanelle, Prada, Louis Vitton..... "Per fortuna che siamo in piena crisi" pensò con aria di protesta. Quella mattina poi, era anche peggio del solito. Come se non fosse già troppo, quasi tutte le strade del centro erano chiuse ai mezzi pubblici. Gente di ogni regione, era accorsa per una speciale maratona, organizzata da una multinazionale locale, in forte declino, nella speranza di riacquistare consensi. Il tutto spacciato come opera benefica in occasione della natività. Giulia Liviani, non era certo il tipo di donna che si lasciava abbindolare da questi mezzucci. Era laureata in economia e marketing e conosceva bene le strategie del mercato pubblicitario. Poco dopo la laurea, si era lanciata a capofitto nel mondo del lavoro, dove aveva conosciuto il suo attutale fidanzato, che a quel tempo considerava adorabile. Nonostante rendesse ottimi profitti, aveva capito che quell'ambiente non faceva per lei, ingannare la gente con l'arte della persuasione, non la entusiasmava. Per questo motivo, non considerando il parere contrario di tutti, aveva deciso di buttarsi nell'insegnamento. Era già piuttosto in ritardo. Aveva passato la notte da Mark, e senza la sua sveglia, non era riuscita a alzarsi in tempo. Nella hall, del raffinato palazzo, si limitava ad aspettare - in cerca di una soluzione - in compagnia del portiere. Giulia rivedeva in quella figura piuttosto bizzarra, un immagine quasi paterna. Non era Italiano, probabilmente algerino, un po' come la restante parte dei lavoratori sottopagati. Aveva vissuto per circa dieci anni a Napoli e per questo motivo si faceva chiamare Antonio. Poco dopo, aveva conosciuto una donna sudamericana, che lavorava come badante. Se ne era innamorato e l'aveva seguita fino a Roma, lasciandosi dietro ogni cosa.

In quei giorni, era stata troppo impegnata con i preparativi delle nozze per ricordarsi di un intoppo del genere. Quella mattina, il suo "cavaliere" non aveva neanche mosso un dito per aiutarla, <<Sono impegnato con una riunione importante, non posso accompagnarti>> le aveva detto. Mentre si erano salutati sul ciglio della porta, l'aveva stretta tra le braccia, congedandola con un sfuggente bacio a stampo. Stretta nella morsa di un insipido abbraccio, osservò quei bicipiti forti e muscolosi. Erano quelli di un ragazzo "piacione" che impiegava gran parte del suo tempo in palestra e la restante, a fissarsi allo specchio. In passato, le mani del suo uomo, che avrebbe dovuto trovare rassicuranti, l'avevano pugnalata alla spalle, contribuendo a diminuire drasticamente la sua autostima. Ma forse aveva ragione Monica, le sue erano solo paranoie, tutti abbiamo diritto ad una seconda chance. Il tempo trascorreva velocemente. Alle 9 in punto, avrebbe dovuto essere a scuola, pronta ad assistere i suoi "mocciosetti", per cui, provava un gran bene. <<Antonio, lei che è il mio angelo...non avrebbe un moto o anche una bicicletta?>> Implorò disperata, mentre il goffo portiere leggeva il giornale, facendo finta di smistare la posta. <<Mi dispiace non posso aiutarla.. se vuole le posso offrire parte del mio panino con la mortadella>> Aggiunse con tono di voce pacato che comprendeva un'incomprensibile mistura di accenti. Smisero di parlare e scivolarono in un rilassante silenzio, disturbato dai rumori della città circostante. Antonio staccò lo sguardo dal giornale e spalancò gli occhi. Giulia non aveva idea di cosa stesse pensando. Istintivamente, il suo viso, accennò una smorfia stranita che svegliò il corpo frizzato del suo interlocutore. <<Io so chi può aiutarla!!>> Gridò. Mentre usciva rapidamente da dietro al banco della portineria, trascinò con se tutta la posta, che inizio a svolazzare per aria. Nel tentativo di recuperarla si esibì in un sorprendente scivolone acrobatico. Mentre Giulia si chinava verso di lui, per soccorrerlo, si scatenò un frizzante venticello di ilarità nell'aria, imprimendo sul suo viso un sorriso indelebile. <<L'inquilino del 1' piano, lui può aiutarti!>> Alzatosi da terra, allungò il braccio verso la seducente maestrina e la trascinò con se lungo le scale. Arrivati sul pianerottolo, con un dito ancora dolorante, il portiere Antonio le indicò l'interno 4. <<Esce tutte le mattine e una brava persona>> Specificò, dopo aver letto sul viso di quella giovane donna un sottile strato di perplessità e paura. Giulia proprio non riusciva a credere che nella sua totale disperazione, stesse per chiedere aiuto ad un completo estraneo, accettandone ogni rischio e pericolo. Il suo fidanzato, l'uomo che a breve sarebbe diventato suo marito, giaceva beato qualche piano più in alto, ignaro e incurante delle sue preoccupazioni. Trattenne il respiro finché non vide sparire tra le scale un ombra zoppicante dal dolore. Si avvicinò alla porta fino a ritrovarsela completamente difronte, girò la testa verso il corridoio illuminato da una flebile scia di luce e chiuse gli occhi. Si fece coraggio, sconfiggendo la sua, seppur ben celata, consistente timidezza. Strinse le mani in un pugno e con le nocche sbiancate da piccole gocce di sudore, colpì due volte. Toc.. Toc.... Aspettò qualche secondo con il cuore in gola che batteva all'impazzata e il livello di sudorazione che aumentava. Dopo poco, ebbe l'impressione che in casa non ci fosse nessuno. Formulò varie congetture. Probabilmente erano usciti presto, magari prima che Antonio iniziasse il suo turno di lavoro oppure, semplicemente, chiunque vivesse li dentro, non aveva intenzione di aprire. Per un secondo, o forse anche meno, l'idea di riprovare le attraverso il cervello. Ma fu subito pronta a scacciarla via, lanciandone all'inseguimento uno stormo di emozioni imbizzarrite. Proprio mentre stava per andarsene, incamminandosi lungo il corridoio, ascoltò un lieve rumore di passi svelti ed una porta aprirsi. Giulia si voltò e vide, stagliata in controluce, la figura di un uomo alto dal portamento elegante fermarsi sulla porta. Il suo viso era sepolto tra le ombre e lei non riusciva a capire che espressione avesse. Per un attimo, ebbe l'impressione di averlo svegliato. Il pensiero di una severa partaccia da parte di una sconosciuto, non l'elettrizzava. Quella prestante presenza maschile, fece un passo in avanti, raggiungendo il fascio di luce che attraversava la passatoia. Il suo viso era completamente illuminato, quasi come fosse una figura angelica, e Giulia non poteva credere ai suoi occhi. <<Ancora Tu>> Esclamò sorpresa. <<Cosa ci fai qui?>> <<Dovrei ricordarti che sei tu che hai bussato alla mia porta>> Portò una mano sulla testa, grattandosi il capo. <<Per caso questa volta sei riuscita ad ottenere un mandato di perquisizione?>> <<Davvero simpatico.. credevo che avessimo chiuso quella storia>> Borbottò sospirando, per poi aggiungere con aria sarcastica <<fin quando, poi, non mi hai lasciato da sola nel bel mezzo del nulla>> <<Credevo ci lavorasse tua cugina in quel posto>> <<Si ma quella sera non era di turno>> Protestò indispettita. <<Adesso vestiti che mi devi un favore>> <<Non erano esattamente questi gli accordi se non sbaglio>>Rispose, Incrociando le braccia. <<Quant'è vero Iddio, oggi ti ammazzo!! Muoviti, sono in ritardo>>

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