Certo, mio padre è spietato, barbara la mia terra,
mio fratello un bambino; la sorella invece m'asseconda,
e un dio grandissimo è in me. Lascerò delle miserie
per cose ben più grandi: il vanto d'aver salvato i giovani Achei,
la scoperta di un paese migliore, e città la cui fama
è giunta sino a noi, usi e costumi di quei luoghi,
e colui che non cederei per tutto l'oro che possiede il mondo,
il figlio di Esone, lo sposo col quale sarò per tutti
la donna più felice, più cara agli dei, e toccherò le stelle.
Ma non si racconta di non so quali montagne che in mezzo al mare
si scontrano, di Cariddi, terrore delle navi,
che ora ingoia e poi rigetta i flutti, di Scilla, quel mostro rapace
che fra cani feroci riempie di latrati il mare di Sicilia?
No, stretta al mio amore, in grembo a Giasone, a lui aggrappata,
solcherò il mare sconfinato e nulla temerò fra le sue braccia,
o se di qualcosa avrò paura, sarà per il mio sposo.
Un matrimonio, questo lo ritieni? o non mascheri la tua colpa,
Medea, con un bel nome? Guarda piuttosto quale empietà
stai per commettere e, finché lo puoi, evita questo crimine!».
Disse, e davanti agli occhi le apparvero virtù, dovere e pudore,
mentre la passione, sconfitta, già le voltava le spalle.
Stava recandosi agli antichi altari di Ecate, figlia di Perse,
celati in un bosco ombroso, in una macchia appartata,
e ormai si sentiva forte, represso e quasi svanito l'ardore,
quando scorse il figlio di Esone e la fiamma sopita si riaccese.
Di fuoco si fecero le guance imporporandole tutto il viso,
e come una piccola favilla, nascosta sotto un velo
di cenere, si alimenta a un soffio di vento e cresce,
ritrovando in quello stimolo il perduto vigore,
così quell'amore, che avresti detto ormai spento tanto languiva,
si riaccese, di fronte alla sua bellezza, quando lo vide,
e volle il caso che quel giorno il figlio di Esone fosse più bello
del solito: come non perdonarla se ne rimase incantata?

Lo contempla, tenendo gli occhi fissi su quel volto,
come se solo allora lo vedesse, e nella sua follia non crede
d'ammirare un viso umano, tanto da non sapersene staccare.
Ma quando lo straniero comincia a parlare, le prende la mano
e con voce sommessa le chiede di venirgli in aiuto,
promettendo di sposarla, allora prorompe in lacrime e gli dice:
«So bene cosa sto facendo, ma non è l'ignoranza del vero
che mi fa velo, è l'amore! Tu, grazie a me, ti salverai,
ma dovrai mantenere le promesse allora». Sull'altare di Ècate,
la dea triforme che, si racconta, vive in quel bosco,
lui giura; sull'onniveggente padre del futuro suocero,
sul successo della propria rischiosissima impresa giura.
È creduto e subito riceve erbe incantate,
ne apprende l'uso e tutto lieto si ritira nella tenda.
Il mattino dopo, quando l'aurora scaccia le stelle lucenti,
tutta la gente affluisce verso il sacro campo di Marte,
disponendosi sulle alture. Il re in persona, vestito di porpora,
s'asside in mezzo alla sua scorta, unico con lo scettro d'avorio.
Ed ecco i tori dai piedi di bronzo! Dalle narici d'acciaio
sprigionano fuoco e l'erba sfiorata dai vapori brucia:
come rombano i camini colmi di legna
o le fornaci della terra, quando sotto un getto
d'acqua fresca la lava fonde e comincia a bollire,
così rombano quei petti dentro i quali turbinano le fiamme,
rombano quelle gole arroventate. Ma il figlio di Esone
non teme d'affrontarli: quelli minacciosi, mentre avanza, contro
gli rivolgono i loro musi orrendi, le corna armate di ferro,
battono col piede forcuto il suolo polveroso
e frammisti a fumo riempiono il luogo di muggiti.
Gelano di paura i Minii. Lui, senza avvertire le vampate
che lo investono (tanto possono quei farmaci), si accosta,
con mano audace accarezza le giogaie afflosciate,
li spinge sotto il giogo e li costringe a trascinare il peso enorme
dell'aratro per fendere quel campo che ignorava il vomere.
I Colchi sono sbalorditi, i Minii con grandi grida lo incitano,

gli infondono coraggio. E lui allora da un elmo di bronzo
p

rende denti di serpente e li sparge nei solchi del campo.
La terra stempera quei semi impregnati di potente veleno
e i denti fecondati crescono formando nuovi corpi.
Come il bambino assume forma umana nel ventre materno,
sviluppando in quell'alvo tutte le sue parti,
e non viene alla luce che ci accomuna se non quando è maturo,
così, generate dalle viscere della terra ingravidata,
figure d'uomini vengono partorite spuntando dal campo
e, per prodigio maggiore, nascono armate e scuotono le armi.

𝐌𝐄𝐓𝐀𝐌𝐎𝐑𝐅𝐎𝐒𝐈 ━ 𝐎𝐯𝐢𝐝𝐢𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora