Capitolo 4 - Holiday Blues

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"Non ho ricordi che in 'sto posto sia mai venuta la neve a Natale, qua, al massimo cadono le porcherie di Marghera", el Mauri sembrava non fare caso a quello che stavo dicendo tanto era impegnato a divorare quella insipida brioche vegana che, prima delle feste, sostituiva la classica alla marmellata. Era un modo tutto suo per sentirsi a posto con la coscienza, nei confronti della glicemia, una sorta di buona azione per entrare nello spirito natalizio.

"Soffri di Holiday blues, si vede chiaramente". "Cossa xé ?", chiese subito alquanto divertita una delle due fie dietro il bancone. Anche se si occupava esclusivamente di minori disadattati, el Mauri era il nostro psicologo di fiducia, ovviamente gratis; se lo stimatissimo Freud di quartiere diceva che soffrivi di qualcosa, senza ombra di dubbio, la diagnosi era esatta però, il termine clinico usato per definire la patologia, mi lasciava alquanto perplesso.

Sputacchiando semini di cereali, the doctor mi spiegò che l'Holiday blues è un termine, coniato dagli americani, per definire uno stato di momentanea tristezza e depressione causata dalle feste.

"L'importante è esserne consapevoli", con il naso quasi spiaccicato sulla vetrina appannata dalla condensa, anticipai la sua battuta, al fine di ammettere che, anche stavolta, ci aveva azzeccato in pieno.

"Lui li avrebbe tirati giù uno a uno"

Incredibile, come faceva a capire che, malinconico, stavo osservando quei tre babbi natale appesi alle terrazze del condominio di fronte. Mauri era semplicemente inquietante anche, per il fatto che, stavamo pensando entrambi alla stessa persona.

"L'hai più visto?", il doc, tutt'uno con la tazza di caffè in bocca, fece cenno di no.

Toni, con la i finale e non con la y, a sottolineare l'origine rurale del nome, era uno dei tanti selvadeghi civilizzati per merito della radio. Come ho già avuto occasione di scrivere, un metro oltre il cemento armato dei paeassoni, iniziava la desolata landa suburbana; el Toni era un indigeno di quei luoghi. Apparteneva alla stirpe contadina dei Scarsetta ovvero, sei famiglie che occupavano altrettanti casolari adiacenti. Le dinamiche parentali dei Scarsetta erano alquanto complesse; così direbbe tecnicamente el Mauri. Io vi dico semplicemente che, quel gruppo di case e relativi campi attorno, noi li chiamavamo el Vietnam; vi lascio immaginare perché. I Scarsetta erano perennemente in guerra sia tra le famiglie che, al loro interno, a causa dei schei e dea roba.

Nel Vietnam, l'arretratezza, nelle sue più svariate forme, regnava sovrana. La televisione a colori, dentro quelle fatiscenti abitazioni, non credo sia mai arrivata. Sior Sergio, parcheggiava la macchina a ridosso del portone d'ingresso e, spegneva il motore solo quando sior Piero, il padre di Toni, incatenava il rabbioso, spelacchiato e puzzolente Ciak. La sua missione ufficiale era sempre la stessa; cercare di riparare per poche lire quel rottame di televisore; quella non dichiarata invece, lo venni a sapere anni dopo, era quella di trovare un modo per far uscire el Toni da quel manicomio. A Sergio non serviva la laurea in psicologia, bastò fare leva sulla passione per l'elettronica del Toni; in poco tempo un nuovo tecnico entrò a far parte dello staff di Solaradio.

Natale 1980

Non mi ricordo sia mai venuta la neve a Natale anzi, quel giorno, c'era un bel sole tiepido che, sembrava prendere per i fondelli tutte le pubblicità dei vari panettoni & c.

Mi svegliai di soprassalto, non avevo dato "da mangiare" al fido Revox B77 ovvero, mi ero dimenticato di montare il bobinone, feci una corsa quasi in pigiama lungo il viale centrale dei paeassoni e poi le scale che portavano alla mansarda due a due. Con mia sorpresa le bobine stavano girando placidamente e le lancette dei VU-Meter ondeggiavano alla grande. "Mona, se non ghe gero mi...". Toni, in bilico su due gambe della sedia, mi osservava divertito.

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