22. Hard work

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Capitolo Ventidue

Mi sveglio in tarda mattinata con la testa che minaccia di scoppiare. Sento caldo dappertutto e il viso soprattutto, lo sento infiammato. Che ci faccio nel mio letto? Non ricordo nemmeno di essere tornata a casa. Ricordo a tratti la sera precedente: Taylor con la sua bandana in testa e la camicia bagnata di birra, noi due nei bagni - oddio, poi la birra che abbiamo bevuto insieme. Ecco perché mi sento così. La birra. Ma come ci sono arrivata a casa? Mi alzo. Pessima idea. Riesco difficilmente ad aprire gli occhi, ma faccio uno sforzo. Distinguo una figura seduta sulla mia poltrona. Apro e chiudo le palpebre per vedere meglio. Mi sembra ancora di sognare. «Chi sei?» mi avvicino inciampando sui miei stessi passi. Mi stropiccio gli occhi trovandomi a terra in ginocchio. Vedo finalmente in modo nitido tutto ciò che ho attorno. Davanti a me c'è un ragazzo addormentato, con le guancia spigolose e le labbra secche. Gattono verso di lui. «Nash, sei tu?» chiedo con voce roca ma piena di speranza. «Nash, Nash!» Lo scuoto per svegliarlo. Le tempie battono come se avessi mille clacson nella testa, ma nonostante tutto sorrido dalla felicità come non faccio da tempo. Non ho sognato il suo ritorno, lui è veramente qui, e io ne sono felice. Ne sono entusiasta, ne sono stupita e meravigliata. Tutto quello che mi ha raccontato mi torna in mente e ripenso a quanto sia stato stupido da parte sua non parlarmene prima. È rimasto qui con me durante la notte anche dopo avermi vista così brutta e ormai abbandonata dalla vita. «Sei sveglia?» Finalmente parla. Gli salto addosso senza nemmeno rispondergli. È ovvio che sono sveglia! «Nash, sei qui!» La sua risata riempie la mia camera rimbalzando da una parete all'altra. Rido anche io. Forse è a questo che si riferiva Alina ieri. Nash deve aver dichiarato in pubblico che sarebbe venuto a Roma, e io da brava patata lessa sono l'unica che non lo sapeva. «Mi sento così sciocca, e in colpa, e...» «Quello che si deve sentire in colpa sono solo io, principessa.» Lo bacio dolcemente sulle labbra. «Mi è mancata la tua voce, e il tuo "principessa", e le tue labbra, e... i tuoi occhi. Mi sei mancato tutto!» Nash si alza prendendomi in braccio e facendo le giravolte. «Non sono l'unica ad essere dimagrita» noto mentre lo vedo armeggiare padelle in cucina. È triste ammetterlo, ma questo mese è stato utile per farci capire che non possiamo vivere uno senza l'altro. Alina aveva ragione. Io non posso vivere senza Nash. «Ho solo perso qualche chilo» dice. «Tu però, sei cambiata...troppo.» Lascia cuocere la frittella mentre mi osserva da capo a piedi. «Sembri uno scheletro vivente!» esclama ridendo. «È colpa tua, Nash!» Lui fa la faccia da innocente e alza le mani. «Non fare così, è colpa tua. Potevi pure parlarmi di quel tizio, così evitavamo tutti questi litigi e questi cuori spezzati.» Ridiamo, ma lui sa che dico sul serio. «La tua frittella è pronta.» Mi porge il piatto e tende la mano per porgermi una forchetta. Non appena la prendo, lui mi tira a sé facendo cadere su di lui. Ci ritroviamo con le labbra pressate contro, in un bacio passionale e romantico. «Cavolo, quanto mi sei mancata» dice respirandomi addosso. «Ora devo cucinare un'altra frittella, se mi permette.» «E se non le do il permesso?» chiedo con voce maliziosa. Sono tornata! Alessandra Aquino pronta a spaccare il mondo. «Significa che dovrò convincerla in un modo o nell'altro...» Si gira verso il bancone e prende una bottiglietta in plastica. «Sciroppo?» chiede versandomene un po' sulla frittella. Poi mi lascia un bacio e torna tra i fornelli lasciandomi desiderosa sullo sgabello. «Mangia. Ne hai bisogno, e anche io.» La mia parte di mente razionale annuisce e mi rimette seduta composta. «Va bene» dico rassegnandomi. Una volta cotta anche la sua frittella, si mette in piedi davanti a me con il piatto in mano e mangia. Mi da del tempo per ammirarlo e contemplarlo per bene. I suoi capelli disordinati e senza gel gli cadono dolcemente sulla fronte con quel paio di ciocche bionde ribelli che su alzano a cresta. I suoi occhi mi fissano, anche loro sono scrutatori. Sorrido e continuo l'ispezione. Imbocca un pezzo di frittella facendo scendere dello sciroppo sull'angolo della bocca. Sento un pugno nello stomaco che mi fa leggermente piegare in due. Che effetto mi fai, Nash? Indossa una delle sue numerose magliette azzurre che usa per far risaltare gli occhi, e una tuta grigia che gli cade in modo sensuale lungo i fianchi. Finisco la mia frittella pulendo il piatto per bene, e mi alzo per metterlo in lavastoviglie. Nash mi segue con lo sguardo. «Oggi non lavori?» chiede avvicinandosi anche lui. «Mi darò della malata.» E infondo lo sono visto che ho ancora un mal di testa tremendo che però ho dimenticato di avere a causa di Nash. «Non si fa, Alex» gli faccio una smorfia e gli scompiglio il ciuffo. È la prima volta che lo faccio, e non penso darà l'ultima. La faccia che fa dopo che gli lascio i capelli è epica. Tiene gli occhi stretti e la bocca fa una smorfia simile a una disgustata, ma è adorabile. Apre lentamente gli occhi e scuote la testa ridendo. Le nostre risate si uniscono fondendosi in un'orchestra melodiosa. Nash mi prende per mano e mi fa sedere su di lui sul divano in soggiorno. Ci fissiamo l'un l'altro fino a ridere di nuovo. «Non ci credo. Mi è bastato rivederti per recuperare il sorriso.» La mia voce non è più spenta e triste. Trasmette armonia e dice forte e chiaro: "sono una ragazza felice". «Per me è lo stesso. Mi si stava per bloccare la mascella per quanto poco la muovevo.» Ridiamo e scherziamo tutta la mattina tra coccole e baci mancati. Non riesco nemmeno a ripensare come abbia fatto a sopravvivere un mese senza di lui. Nessun bacio, abbraccio, sguardo, ricordo... Be', ricordo sì. Mi ricordo di lui tutte le sere che uno come Taylor arriva e mi porta in bagno. Mi ricordo di lui ogni notte che passo a piangere lasciando che la fodera del cuscino mi asciughi le lacrime fino ad addormentarmi e sognare. «Ehi, che c'è?» chiede Nash notando il mio improvviso calo d'umore. Vorrei non dirgli niente e continuare la giornata come l'abbiamo iniziata senza litigare, ma non posso. Non sono così. «Devo dirti una cosa.» Scendo dalle sue gambe r mi alzo in piedi. Già sento le mani sudare e la saliva mancare. «Alex, mi preoccupi» dice cercando di fingere un sorriso. «Nash, quando sono tornata a Roma, avevo bisogno di ricominciare... sai, per dimenticare.» Lui annuisce. Sento il dolore che prova ma continuo. «E così ho deciso di tornare a studiare, una volta finiti gli studi me ne sarei andata all'estero, solo che non ho denaro e quindi sono costretta a lavorare.» «Sì, me l'ha detto tua madre. Ero andato a casa tua, ma ho trovato i tuoi genitori, e mi hanno detto che ti sei trasferita. E che ti sei trovata un nuovo lavoro, addirittura due.» Annuisco. «E uno di questi è servire in una discoteca, giusto?» aggiunge con amaro disprezzo. Annuisco di nuovo. «Alex, il passato è passato. E poi è solo per lavoro. Certo, la cosa mi dispiace ma è colpa mia. Sono io che ti ho portato in questo schifo, e mi dispiace. Mi dispiace davvero tanto.» È sincero, ma leggo nei suoi dolci occhi lucenti il dolore che cerca di scacciare sbattendo le palpebre. «Scusa», sussurro sentendo il bisogno di farlo. «Non so nemmeno con che coraggio mi sono lasciata penetrare così in modo intimo. Sei tu che devi scusarmi, Nash.» Ci abbracciamo in modo stretto. Non lo voglio più lasciar andare. Mai più.

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Nash ed io stiamo cercando di sistemare tutto. Mi sono licenziata dal Piper. Non voglio più avere a che fare con quel posto. Preferisco lavare cessi che farmeli. Mentre esco dal locale dopo essermi dimessa, incontro Taylor dall'altra parte della strada. Indossa sempre una bendana, stavolta verde. È un tipo particolare, che si fa riconoscere. Mi avvicino per salutarlo. «Alessandra!» esclama prendendomi in braccio. «No, Taylor. Mettimi giù!» urlo, ma vengo ignorata. Quando finalmente tocco terra, mi bacia sulla guancia e sorride. Sembra quasi che fra noi ci sia sempre stato un rapporto d'amicizia, ma cavolo, non è così. Eppure lui ha un non so che di particolare, a parte la bandana, che lo rende strano in senso positivo, e la cosa mi attrae. «Che sorriso accecante, piccola. Hai trovato un ragazzo?» Scuoto la testa. «No, è sempre lo stesso.» Mi guarda confuso. «Nash è a Roma!» urlo saltellando. Lui sorride e gioisce con me. «Wow, voglio dire... È venuto a Roma? Ti ama davvero allora.» Non sai quanto. «Ora devo andare, Taylor, ma mi ha fatto piacere rivederti.» «Aspetta! Stasera sei libera? Do una festa a casa mia. Mi farebbe piacere averti lì.» Mi farebbe piacere...? Non vorrà mica scoparmi di nuovo. «Senti, Taylor, io e Nash...» «Non preoccuparti! Quello che è successo rimarrà chiuso tra le pareti di quel bagno. Non lo verrà a sapere.» È così sicuro e riesce anche a rassicurare me. Mi convince. Ci scambiamo i numeri e mi faccio dare l'indirizzo. Non è lontano da casa mia. Una mezz'oretta in autobus. Torno al parcheggio dove Nash mi aspetta. «Perché ci hai messo così tanto?» chiede. «Ho incontrato... un amico, e mi ha invitato ad una festa stasera. Mi ha detto di portare anche te.» «Be', sarei venuto anche se non mi avesse invitato.» Lo guardo. «Giusto» dico annuendo. Mi sorride e mi bacia dolcemente sulla tempia. Quanto mi mancavano quei baci in quel punto lì. «Fino a quando hai intenzione di rimanere a Roma?» Nash fa spallucce. «Fino a quando vuoi tu! Potrei rimanere qui per sempre se vuoi.» Ci rifletto su. Che senso ha rimanere qui se ormai mi ero rifatta una vita a Miami? «Stavo pensando di tornare a Miami.» Lui mi guarda poi lo sguardo gli si illumina. «È per Howard? Corina mi ha detto tutto.» Cosa?! Cosa c'entra Corina? «Ha fatto delle ricerche su di te e ha scoperto di Connor e Howard. Mi dispiace per la perdita di tuo fratello.» «Aspetta, Nash. Tu sai di Connor e Howard?» Annuisce con sguardo interrogativo. «Ah, ok. Scusa se non te l'ho detto, ma...» «Alex, il passato è passato. Cameron mi ha detto tutto, proprio tutto. Avevo capito che lui ne sapeva qualcosa più di me. L'ho sempre saputo, ma non volevo costringerlo a farlo parlare. Se era una cosa che volevi condividere con me, lo avresti fatto.» «Davvero, Nash?» Annuisce. Sembra così cambiato. Mi chiedo come ci sia rimasto nel sapere che facevo tutte quelle cose. «Non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi migliorato la vita, Nash.» Mi bacia. « E lo hai appena rifatto.» «Rifatto cosa?» chiede ridacchiando. «Mi hai di nuovo migliorato.»

Ecco il ventiduesimo capitolooo! Yeaaah! Okay, sono solo molto fiera di me stessa per essere arrivata fino a qui. Se sono qui però è anche grazie a voi che capitolo dopo capitolo siete aumentate e aumentate fino a raggiungere i 4k. Votando e commentando avete pubblicizzato la mia storia e siete di nuovo aumentate e aumentate, sempre di più. Grazie. Gracias. Merçi. Thank you. Salamat ❤️💙 altre lingue? Hahaha

- AlessandraDiacos

Life of the PartyWhere stories live. Discover now