QUARANTUNO

1.1K 72 9
                                    

CAPITOLO 41 | AND I'LL KNOW MY NAME AS IT'S CALLED AGAIN

"We will run and scream, you will dance with me, fulfill our dreams and we'll be free

Hoppsan! Denna bild följer inte våra riktliner för innehåll. Försök att ta bort den eller ladda upp en annan bild för att fortsätta.

"We will run and scream, you will dance with me, fulfill our dreams and we'll be free."

(Mumford and Sons – Not with haste)

A META' GIUGNO, ho le unghie così rovinate da aver dovuto iniziare a mordicchiare le matite.

Il cielo è clemente con Oxford: regala mattinate tiepide e brezze sottili, qualche volta minacciate da quei rapidi temporali improvvisi, fatti per ricordare che la primavera non è ancora finita.

Ho dato a Will la mia piena disponibilità per ogni turno possibile in libreria. Oltre alle lezioni sono terminati anche i tutorati, e io posso soltanto incrociare le dita e sperare che i miei studenti del primo anno siano pronti ad affrontare la linguistica generale e la professoressa Lee.

La mia tesi è ormai davvero alle sue battute finali, e dopo tutto questo tempo, non ho ancora deciso come questo mi faccia sentire.

Dalla nostra conversazione in caffetteria, io e Kevin siamo placidamente scivolati nella quiete del lavoro: qualche volta lo raggiungo in ufficio e mi siedo alla scrivania, il pc davanti a me per compilare la bibliografia. Lui si sistema dall'altro lato, rispondendo con calma alle mie domande o immergendosi nella correzione di qualche elaborato. Quando legge, reclina il busto appena indietro sulla poltrona, lasciandosi assorbire dalle pagine con una tale devozione da costringermi a distogliere lo sguardo dalla ruga sottile sulla sua fronte.

"Ti si fredda il caffè," osservo distrattamente, abbandonando la scrittura a computer per annotare un appunto sul quaderno accanto.

Kevin alza lo sguardo dal plico di pagine pinzate – è la stesura definitiva delle mie conclusioni – incrociando i miei occhi chiari. Faccio un cenno con il mento alla tazza abbandonata davanti a lui sul legno della scrivania, un sorriso a piegarmi appena le labbra quando lascio la penna per tornare a scrivere al computer.

Anche con lo sguardo concentrato sullo schermo del pc, riesco a sentire i suoi occhi sul mio viso.

Questo posso farlo bene. Per te, aveva detto. Credo ci sia un po' d'amore anche in una frase così.

*

Ogni volta, di ritorno dall'università o da un turno in libreria, passo davanti al Nelson. Potrei evitarlo, ma è una tentazione di cui non riesco a fare a meno: osservo le luci gialle dei lampioni disegnare pieghe più profonde sul legno del portone, e mi chiedo cosa stia facendo in quel preciso momento il suo proprietario. Co-proprietario, mi correggo ogni volta con un mezzo sorriso.

Il ricordo della nostra ultima conversazione è il rumore di fondo della mia giornata, che ritorna prepotentemente assordante quando sono sola tra le mie lenzuola.

Lover's eyesDär berättelser lever. Upptäck nu