(CREDITI @hugmejameshoran)
Il mio stomaco si strinse, non riuscii a fermare quell'orribile sensazione di scossa. Stava suscitando in me una sorta di reazione da coniglio in trappola. Di tutte le cose che potevo pensare, mi chiesi se fosse scortese guardare. Non era un’imperfezione o uno stupido tatuaggio che si poteva nascondere sotto i vestiti o dietro qualche aneddoto. Era uno dei sensi più importanti, aiuta a vedere la situazione intorno ed a terra. Non potevo immaginare cosa si provasse a perderlo.
“Sei…” iniziai, prima di rivalutare la frase. “Hai qualcosa per asciugare l’acqua?”
Mossi leggermente le mani dietro la schiena, per nascondere il tremolio. Non ero sicura se fosse deluso dalla mia reazione, ma la sua fronte si increspò prima che si avviasse in cucina. Lo seguii, osservando attentamente i suoi movimenti per cercare di capire quanto grave fosse la sua cecità. Il breve percorso non mi aiutò, dato che quella era casa sua, e probabilmente conosceva benissimo il suo interno, poteva camminare ad occhi chiusi.
Era normale vederlo camminare in mezzo a mobili vuoti, tranne per il fatto che fosse cieco. Cazzo. Mi schiarii la gola per i nervi e di colpo Harry si girò come se lo stessi chiamando. Forse era come guardare attraverso un vetro scheggiato, o forse vedeva semplicemente delle sagome scure. Se chiudesse l’occhio buono, cosa vedrebbe? Non lo capii, lui torno alla sua ricerca della carta. In qualsiasi altro momento mi sarei lamentata per le tazze sporche dentro il suo lavandino. Ora era un santuario caotico di tazze dei cereali sporche, pentole col cibo incrostato e troppe posate.
“Come?”
Con un rotolo di carta in mano, Harry si voltò come un bambino a cui si chiede chi fosse stato ad attaccare la plastilina sulla mensola del camino. Non era l’approccio migliore probabilmente, ma non c’era motivo di girarci intorno. Mi conosceva, sapeva avrei chiesto.
“Cosa?” Rispose.
C’era un qualcosa di ombroso nel suo carattere, quasi come non fosse abituato ad avere persone così dirette intorno. O forse lo faceva per non mantenere il contatto visivo. Era ancora lui, nonostante fosse diventato freddo e spento.
“Com'è successo?”
Con un volto senza emozioni rispose, “con un coltello.”
La sua risposta mi fece soffocare una risata. Era senza senso dell’umorismo, come se io parlassi in modo colloquiale. Aveva l’abitudine di farmi sorridere.
“Me lo immaginavo.” Il pensiero di una lama che colpiva il suo volto fece uscire la tensione dalla mia voce. “Perché allora? Che cos’è successo, Harry?”
Afferrò una busta di plastica prima di tornare in camera da letto. L’acqua si era sparsa in piccoli fiumi dal punto in cui era caduta, rendendo la macchia sul pavimento più ampia. Harry stava ancora valutando il danno a terra quando parlò.
“Ho detto cose che probabilmente non avrei dovuto.”
Feci attenzione a non mettere un piede nella pozza, mentre giravo intorno al letto e mi sedevo sulla parte disfatta. Mentre aspettavo che si assorbisse l’acqua nella carta decidevo se sapere o meno i dettagli, o se fosse meglio non scavare troppo in profondità in qualcosa che non voleva far sapere.
“A chi?” insistetti.
“Ti danno-“ Harry fece una pausa, guardandomi cautamente prima di continuare a raccogliere le schegge di vetro. “Era nuova”, disse con calma. “Era nuova”, disse con calma. “Ottieni le prime due pillole gratis in modo da andarci sotto, per assicurarsi che poi ritorni.”
Le mie mani strinsero le lenzuola mentre ascoltavo.
“Droga?”
Mi spostai a disagio sul letto, cercando di scacciare dei pensieri come “il mio Harry non sarebbe così sciocco, non è così”. Ma naturalmente non era il mio Harry, non più; ed ora quel ragazzo inginocchiato al pavimento era più che un estraneo per me.
“Ha detto che era legale, non so quanto lo sia stato però. Ma ora non c’è più niente qui”, aveva la fronte sudata. “Mi sono liberato ormai. Mi ha reso di nuovo felice.”
Avevo voglia di piangere, sgridargli, ma non lo feci perché la sensazione di Harry perso e sentirsi felice con qualcosa del genere mi fece sentire ferita. Volevo abbracciarlo ed urlargli allo stesso tempo.
“Non potevo permettermelo e ho scoperto solo più tardi che il fornitore conosceva uno dei miei concorrenti principali. Ero un doppio guadagno per lui, quindi immagino fossi come un bonus”, gesticolò a mezza bocca.
Mi osservava col riflesso del suo occhio danneggiato, seguendo un percorso dritto ma non ci vedeva realmente. Morsi le mie labbra, gli occhi umidi e con un groppo in gola che minacciava di soffocarmi.
“E ti ha lasciato?”
“Loro. Erano in due”, mi corresse Harry con calma.
“Eri da solo?” chiesi con un tremito.
Alzò lo sguardo da ciò che stava facendo, dopo aver sentito la pausa nella mia voce. Non volevo piangere, ma Harry mi conosceva e sapeva che stavo per farlo.
“Non fare così, Bo” quasi sospirò. “Ormai è successo, non si può fare nulla.”
La sua rassicurazione era inutile. Indipendentemente dalla sua mancanza di preoccupazione, non riuscivo a togliermi dalla testa l’immagine di lui a terra in un vicolo buio e sporco. Era solo, spaventato e ferito.
“Sei andato alla polizia?”
L’acqua a terra era quasi asciutta, ormai impregnata nella carta fradicia. La gettò in un sacchetto di plastica.
“No, sono venuti a trovarmi in ospedale. Non gli permetto di sapere, però.”
Digrignai i denti per la frustrazione, cercando di non afferrarlo per le spalle e scuoterlo.
“Perché no? Li conoscevi?” chiesi incredula. “Quelle persone ti hanno rovinato. Sei cieco, Harry.”
La mia rabbia venne sostenuta da uno sguardo appannato di ghiaccio. Si alzò ed io feci lo stesso. Era una sfida di parole, ma non con la stessa altezza.
“Non credi che lo sappia?” sputò veleno.
“Allora perché non hai sporto denuncia?”
Il mio corpo si calmò deluso. Era una sconfitta. Che motivo c’era di discutere con lui? Sembrò gonfiarsi, facendo quasi scoppiare i muscoli tesi.
“Perché so che hanno pensato che me lo meritassi”, ammise Harry sommessamente col capo chino per la vergogna. “Il modo in cui mi guardavano mi ha fatto sentire inutile, come se fossi una perdita di tempo.”
“Questo è il loro lavoro, Harry. Ti stavano aiutando.”
Il mio ragionamento non venne preso sul serio.
“Non aveva senso, comunque. Era come buttare benzina sul fuoco. Io so chi è stato, ma è meglio non giocare con quelle persone, Bo.”
Guardai il suo viso, le occhiaie sotto agli occhi, zigomi prominenti e nessun sorriso. Mi mancava.
“Volevo essere lì.”
Incrociò le braccia al petto, sulla difensiva e non felice del mio desiderio. Non avrei mai voluto arrivasse fino a questo punto.
“No, non dovevi esserci.”
“Ci stai ancora sotto?”
“No, mi hanno aiutato.”
“Ti hanno ferito da altre parti?”
“No, solo l’occhio.”
La nostra breve conversazione di fuoco si concluse con me che annuivo e lui tornò accovacciato per finire di pulire. Harry mi guardò valutando il mio stato d’animo, per poi voltarsi senza emozioni.
“Lascia perdere, Bo” parlò con fermezza.
La dolcezza che aveva una volta nella sua voce era ormai sostituita da amarezza. Ormai erano solo ricordi. Fanculo a lui. Proseguii a raccogliere i pezzi di vetro che erano caduti. Non era colpa sua.
“Bo” mi rimproverò Harry ancora una volta.
La mia pazienza esplose.
“Come hai potuto essere così fottutamente stupido?!” gridai.
Il mio cambio di tono lo allarmò, facendolo scivolare sui talloni spaventato. Balbettò una risposta, prima di far cadere il silenzio. Lottai per mantenere il respiro mentre lui ancora era a terra.
“Devo andare.”
Scossi la testa e serrai gli occhi per trattenere emozioni che in quel momento non potevo affrontare. Non era giusto. Il mio desiderio di lasciarmi alle spalle tutti i sentimenti e le emozioni che avevo provato quella sera furono bloccati da Harry che mi seguì in salotto.
“Non devi andartene” disse disperatamente.
Gli occhi di Harry vagavano per la stanza come a cercare qualcosa che mi impedisse di andare. Era straziante, perché una volta sarebbe bastato un sorriso a farmi rimanere, ora sarei voluta correre verso di lui. Ma adesso non faceva abbastanza per farmi rimanere; e lo sapeva.
“Per favore” disse in fretta. “Resta…Resta solo un altro po’.”
Le sue mani tremavano, il labbro inferiore morso come un bambino. Se avesse avuto in mano un orsacchiotto, poteva essere un bambino sul punto di piangere prima di dormire.
“No.”
Mi allontanai da lui ed andai verso il divano, dove spostai i cuscini per prendere la giacca. Mi sentivo soffocare, volevo uscire. Avevo bisogno di allontanarmi da lui, mi stava trascinando in basso, in un posto in cui volevo uscire.
“Sei appena arrivata.”
Si passò una mano tra i capelli sudati raccolti con una sciarpa. Mi era sfuggito prima, ma ora potevo notare le unghie mangiate di Harry. E’ l’incarnazione di un relitto nervoso ed io sono una persona terribile ad averlo abbandonato.
“Non voglio restare.”
Le parole bruciavano la gola appena parlavo.
“Posso accompagnarti di sotto.”
“Non ho bisogno di te-“
Stavo per dirgli che era inutile, ma la frase rimase incompleta tra di noi. Se il mio cuore non era ancora rotto, si sarebbe fratturato col suo sguardo devastato. Il filo minuscolo che ci legava ormai era tagliato via, con un cuore a brandelli ciascuno. Le lacrime stavano per lasciare i suoi occhi, il petto cominciava ad aumentare ritmo.
“Per favore” ansimò.
Quasi caddi in corridoio. La porta sbatté dietro di me, infine rimasi sola. Ma in gola sentivo ancora il senso di colpa e la responsabilità. Si aggrappava a me come il sudore in una giornata d’estate. Camminai fino a metà corridoio prima di bloccarmi.
“Merda.”
Mi avrebbe fatto piacere tornare a piedi, ma andarmene da lì era diventato un incubo; con mia stupidità avevo lasciato la borsa sul suo divano. L’avrei lasciata lì se al suo interno non ci fossero state cose necessarie per tornarmene a casa. L’orgoglio e la riluttanza mi fecero tornare acidamente indietro verso la porta. Una leggera pressione alla maniglia e la porta si aprì.
“Ho lasciato la mia…Harry?”
Era sul pavimento, assetato di aria per riempire i suoi polmoni, nonostante le sue lunghe inalazioni non riusciva a respirare. Lo chiamai di nuovo, ma rimase curvo a terra. Le sue dita si tesero sul tappeto, il mento quasi toccava il petto e probabilmente stava per vomitare.
Le mie ginocchia pulsarono di dolore non appena mi buttai in ginocchio. Presi il suo viso fra le mani per fargli capire che non era solo. Si mosse leggermente, fissandomi ansimando. L’asma mi innervosiva.
“Io…Bo, non posso…”
Lo tenevo. Lo strinsi a me in preda al panico, ripensando a quando Harry era un ragazzino ed aveva la minaccia di suo padre. Lo tenevo.
Il suo occhio buono perse la concentrazione e vidi Harry scivolarmi via, si sentì perso quando mi misi dietro di lui. Le mie mani alleviavano l’incurvatura innaturale della sua schiena mentre lo aiutavo. Harry ancora non si era ripreso, finché non cominciai a sussurrare il suo nome. Si sedette leggermente, inclinando la testa all’indietro, in cerca di un altro corpo come un fiore al sole. Colsi l’occasione per osservare i miei avambracci sotto le sue ascelle. Quando sua sorella faceva lo stesso per tenerlo in braccio, immagino quando fosse piccolo, facile da coccolare e niente a confronto a ciò che era ora. Il peso di lui è più di quanto ci si immagini, anche in quella situazione non potevo tirarlo indietro. Piansi per la frustrazione, puntai i piedi a terra e lo tirai a me, aiutata da Harry che si spinse contro di me respirando ancora a fatica. Il mio cuore martellava tra le sue scapole, mi appoggiai al divano per sostenere quell’abbraccio forzato. Si sedette all’interno della ‘v’ delle mie gambe tese.
“Va tutto bene” parlai in fretta per rassicurarlo. “Starai bene. Prova a respirare insieme a me.”
Esagerai volutamente il movimento del mio petto, così da sentir fare lo stesso da parte sua. Ma non mi ascoltava. Misi le mani sulla sua fronte e sentii il suo corpo tremare. I singhiozzi di Harry sono privi di emozione, cercava di scacciare altri pensieri all’infuori della ricerca di ossigeno.
“Shhh.”
Gli attacchi d’asma hanno un effetto simile. Mi ricordo quando guardai mio cugino cadere a terra sull’erba, macchiandosi le ginocchia. Mia zia gli aveva messo un inalatore in bocca, ma io non avevo medicina per Harry. Non c’era nessuna pillola magica o qualche inalatore che poteva togliere ciò che stava vivendo.
La testa di Harry si poggiò di nuovo sulla mia spalla quando gli sfilai la bandana dai capelli. Il suo petto si muoveva sotto il mio braccio destro, mentre la mano sinistra accarezzava i suoi capelli. Gli era sempre piaciuto, si era sempre rilassato con quel tocco prima di dormire. Ma sembrava qualcosa di lontano ora. Scossi di sorpresa quando sentii un palmo caldo sul materiale che fasciava la mia coscia, l’altra si staccò dal mio collo fino ad arrivare alla mano che gli stavo offrendo. Il legame che stavamo avendo aveva un groviglio di emozioni al petto, mani sudate e lividi di mani.
Io ho te, tesoro.
I quattro minuti più lunghi della mia vita in un abbraccio nel tentativo di far calmare torace e polmoni di Harry, che piano piano rallentarono. Mi sentivo come se avessi corso ad una maratona con un branco di lupi dietro di me, sotto il sole caldo d’estate. La mia stanchezza era evidente, quindi non avevo idea di ciò che stesse passando ora Harry. Volevo che il suo polso si calmasse sotto il mio tocco. Aveva sempre parlato della mia sicurezza, ma in quel momento era lui ad aver bisogno di me.
Ero convinta si fosse addormentato, quando mormorò il mio nome.
“Resterò, ma ti prego non farlo di nuovo.”
“Cercherò di non farlo.”
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Knockout (sequel to Dark)
FanfictionKNOCKOUT è il sequel di Dark, storia della scrittrice inglese H28. Posterò qui le traduzioni dei capitoli, ma ci tengo a sottolineare che NON sono mie. Le potete trovare sulle tante pagine di Fb dedicata a questa celebre FF. Ecco il link di quella...