I polli della Fattoria Greenorm

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Joel era una ragazza di 15 anni, molto sveglia ed energica. Capelli rossi in una lunga treccia, occhi verdi, lentiggini e cappello, come ogni ragazza campagnola amante dei cavalli e delle musica Country. Con la differenza che lei odiava il genere Country e la sua pietanza preferita consisteva in un filetto di equino al sangue.

Passava le sue giornate in una casetta situata nella zona collinare più desolata del suo paesino, tra zanzare, cavallette grosse come conigli, cani randagi ed enormi falene ossessionate dalle luci notturne, alla ricerca della vera Luna da seguire. Un giorno ne aveva vista una davvero grossa e aveva pensato fosse un grosso gufo nero.

Di solito si divertiva ad inseguire le lepri con l'aiuto del suo gatto Storto (Sì, Storto era il suo nome), ad andare in bicicletta a gran velocità utilizzando la vecchia ferrovia arrugginita come pista, a picchiare con un bastone alveari e vespai per poi correre via.

I suoi genitori erano piuttosto distratti e a volte non stavano nemmeno in casa, dal momento che erano occupati ad andare al supermercato che si trovava in città, a svariati (tanti, troppi) km dal luogo, e spesso andavano in città per lavoro.
Eh già, Joel aveva la casa tutta per sé per almeno cinque giorni a settimana.

Non andava a scuola, ma era "munita" di professore a domicilio, che per l'ennesima volta si era rifiutato di fare da insegnante alla ragazza ribelle.

Conoscete almeno una ragazza dai capelli rossi che rispetti le regole? No? Nemmeno io.

Quel giorno era un sabato mattina, e la voglia di Joel di alzarsi dal letto equivaleva alla voglia di un sasso di prendere vita e andare a lavorare ventiquattro ore al giorno settimanali (senza pensione).
La sveglia era stata posticipata tre volte, il gatto Storto era stato calciato giù dal letto cinque volte e Joel aveva imprecato in totale otto volte.

Ma alla fine era riuscita ad alzarsi per andare a fare colazione con una tazza di latte scaduto un giorno prima e dei cereali di grano soffiato. Aveva intenzione di uscire per andare a stuzzicare l'alveare che aveva avvistato la settimana precedente. Secondo i suoi calcoli avrebbe dovuto essere cresciuto parecchio, abbastanza da essere diventato una pignatta spruzza-miele e api inferocite.

Uscì di casa lasciando la porta aperta come al solito. Aah, gli adolescenti, così spensierati, purtroppo però, i ladri non erano così ingenui...

Joel afferrò la sua arma: mezzo palo di ferro preso da un ombrellone rotto, e poi si incamminò in quella calda giornata primaverile. Fili d'erba secca le pungevano le gambe e grilli campestri saltavano, imprecando attraverso feromoni e canti da tramonto estivo.

Il sole spezzava, anzi, polverizzava le rocce, ma per fortuna la nostra ribelle indossava un cappello di paglia. Le mancava soltanto una spiga tra le labbra e un albero su cui appoggiarsi per dormire.

Aveva finalmente raggiunto l'alveare. Ma qualcosa non andava... non era l'alveare che stava attaccato all'albero.. era l'albero che stava attaccato all'alveare... infatti era diventato enorme e aveva ricoperto interamente tronco, rami e foglie.
Era una grande stalagmite dorata e gocciolante miele, invasa da sciami di api, che sembravano addirittura essere più grandi del solito.

Joel capì subito cosa avrebbe dovuto fare. No, non lasciò stare tornando a casa per chiamare un disinfestatore, bensì, sfoderò il suo palo rotto e arrugginito e lo lanciò contro la "struttura".

Complimenti, idiota.

Gli sciami le volarono incontro, e centinaia di ALTRE api uscirono da buchi presenti nell'alveare, per attaccarla. Darsela a gambe era l'unica opzione valida oltre a morire atrocemente tra mille punture e ronzii assordanti.
Joel correva, non aveva mai corso così velocemente, avrebbe potuto gareggiare in una maratona e vincerla.
Purtroppo per lei, anche le api erano aspiranti maratonete, e la raggiunsero in pochi minuti.

Storie dal Mondo del DelirioWhere stories live. Discover now