Un Vecchio Amico - Parte II

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Crys seguì il poliziotto asiatico fin dentro una stanza per gli interrogatori, di quelle che si vedono sempre nei film: tavolo pesante al centro, uno specchio e due sedie, su di una la fece accomodare.

"Cos'è successo?" Chiese l'uomo.

Crys raccontò brevemente di come aveva trovato la casa della madre, e del loro difficile rapporto negli ultimi anni.

"Sì", disse con un cenno del capo, "Eve me ne ha parlato più volte".

"Eve?" Domandò perplessa Crystal, chiedendosi quanto quest'uomo conoscesse bene sua madre.

"Oh, non fraintendermi!" Rispose subito l'altro intuendo i pensieri della ragazza, "conosco Eve da molto tempo... anzi ancora non ti ho spiegato del perché conosco te ed Eveline... Mi chiamo Renzo Takashi, ero il partner di tuo padre quand'era ancora in vita".

"Ah, capisco signor Takashi".

"Chiamami Renzo per piacere, il Signore sta in cielo".

"Lei crede quindi al dio unico?"

"Noi umani tendiamo a pensare che ce ne sia uno... mentre..."

"I non-umani sono per lo più politeisti".

"Non volevo dire questo. Non vi considero assolutamente non-umani, ma..."

"Non importa, davvero... In ogni caso... può controllare se effettivamente qualcuno si è introdotto in casa o meno?"

"Come mi hai detto tu", disse mettendosi seduto sul tavolo, alla destra di Crystal, "hai pulito casa, se vi erano tracce probabilmente le hai cancellate. Ma perché non hai chiamato subito la polizia?"

"Non lo so... forse sono ancora confusa da tutto ciò che è successo".

"Ti capisco".

Crys l'aveva detto tanto per dire, perché in realtà non sapeva realmente del motivo per cui non aveva chiamato la polizia, ma dirlo ad alta voce, la fece rendere conto che la perdita di sua madre, pochi mesi dopo quella della nonna, le aveva lascito un grosso vuoto dentro. Non avrebbe più avuto la possibilità di chiarirsi con lei. Capire perché le aveva mentito per così tanto tempo.

"Com'è morta mia madre?" Chiese con sguardo perso. Fino a quel momento nessuno le aveva detto alcunché, nemmeno l'avvocato Demetr.

"Stavo giusto andando dal medico legale, tua madre era giovane e in buona salute per quel che ne sapevo. Vieni". Le fece strada lungo i corridoi dell'edificio. "Non ci vedevamo molto, per telefono ci sentivamo con qualche messaggio, per lo più. Prego". Takashi si fece da parte per farla salire sull'ascensore che portava al piano inferiore, nel premere il pulsante la urtò lievemente. "Perdonami, sono sempre stato un po' goffo..."

L'odore di disinfettante era molto intenso e addirittura fastidioso, appena le porte dell'ascensore si aprirono Crys pensò di trovarsi in un'ospedale, anche se non era molto lontano dalla verità. Il piano interrato, senza finestre del distretto di polizia, ospitava le celle frigorifere dei deceduti, oltre alla sala in cui venivano fatte le autopsie e analizzati i tessuti.

"Detective Takashi, buongiorno", si fece incontro un ragazzo sui trent'anni, capelli neri ricoperti di gel, grossi occhiali e carnagione cadaverica, in perfetta tinta con i corridoi e le stanze di tutto l'ambiente. "Che posso fare per lei?"

"Ho portato qui sotto la signorina Moore, la quale vorrebbe una copia del certificato di morte di sua madre, Eveline Moore, oltre a sapere la causa della morte".

"Un momento solo". Seguirono il medico in un piccolo ufficio, freddo come tutto il resto dell'ambiente. Sistematosi dietro una scrivania l'uomo prese a digitare al computer per alcuni minuti. La faccia perplessa sul suo volto non sfuggì agli altri due.

"Qualche problema doc?"

"Non trovo nessuna Eveline Moore. Forse è stata archiviata con il suo nome da nubile?"

"Provi Eveline Whitespringles". Disse Crys.

"Niente".

"Com'è possibile?" Intervenne Takashi. "Mi sono accertato che la signora Moore fosse portata proprio in questo distretto".

Il medico sollevò lo sguardo sul detective.

"Era la moglie del mio vecchio partner. Douglas Moore".

La bocca dell'altro divenne un tondo perfetto, emettendo un 'oh' senza suono.

"Farò alcune ricerche, poi le farò sapere Detective".

"Ti ringrazio".

Crystal fu accompagnata all'uscita, scambiò qualche altra battuta con Takashi e quest'ultimo le promise che le avrebbe fatto sapere al più presto se avesse avuto notizie dal medico legale.

Leggermente confusa Crys si incamminò verso casa, il detective l'aveva quasi scaricata di punto in bianco, fece spallucce e cercò di non pensarci. Attorno i rumori della città erano quasi assordanti per lei: clacson, auto in corsa, urla di venditori e di bambini che giocavano; tutte cose che aveva piacevolmente dimenticato nei sette anni di vita tra le montagne.

A metà strada si ritrovò vicino ad una fermata d'autobus, dove sedute su di una panchina vi erano una giovane che ascoltava a volume piuttosto alto della musica con delle cuffie, ed una signora di mezza età, piegata su se stessa mentre piangeva a dirotto e rumorosamente.

Stava per chiedere alla donna se poteva aiutarla quando il suo cellulare squillò.

Ripescato dalla borsetta vide un numero sconosciuto, incerta se rispondere o meno la chiamata terminò, per riprendere poi a squillare subito dopo.

"Pronto?" Decise infine di rispondere.

"44 Avenue, incrocio con la diciassettesima. Alle dieci di stasera".

"Takashi?" Chiese Crys, non del tutto sicura, dall'altro capo del telefono avevano già riagganciato. Come fa ad avere il mio numero di telefono? Nemmeno mamma ce l'aveva...

L'autobus era passato e se n'era anche già andato, le due donne alla fermata non c'erano più, senza pensarci Crys se ne andò a casa, curiosa di ciò che Takashi le avrebbe detto quella sera...    

Miller & Moore: Investigatrici dello SpecialeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora