∆ Chapter Eight ∆

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Spero stia bene.

Mi recai in biblioteca e trovai Hector addormentato sul libro di fisica.

– Hector? Ci sei? Non credo di aver ritardato così tanto... –

– Mh? Oh ciao bella. –

– Eh? Stai bene? –

– Mai stato meglio! Da dove cominciamo?! –

– Vedo che tu hai già aperto il libro di fisica. –

Presi il libro dalla borsa e lo aprii sul tavolo alla stessa pagina.

– Ho finito prima così ho deciso di passare qui ma senza il tuo aiuto ho finito per addormentarmi. Oggi sei radiante. –

Si appoggiò sul banco e iniziò a fissarmi come se fossi una fetta di torta al cioccolato.

– Sicuro di star bene, Hector? –

– Solo perché so apprezzare la bellezza delle persone non significa che io non stia bene, ti ho già detto che sto alla grande! –

– Come dici tu. Adesso concentriamoci sul Decathlon, okay? –

– Che noia... –

– Noia? Hector, se vuoi farmi perdere tempo me ne vad- –

– Intendo dire: che noia studiare sempre le stesse cose. Le studiamo da mesi, c'è così tanto bisogno di ripassare? Potremmo uscire un po': stasera potremmo andare al cinema oppure potrei portarti al lunapark- –

– Magari portaci la tua ragazza, eh? Io non- –

– Credi che se ne avessi una, mi lascerebbe studiare qui in tua compagnia? –

Iniziò ad avvicinarsi lentamente, i nostri visi erano distanti solo pochi centimetri.

Ne ho abbastanza di questa pagliacciata.

– Senti Hector, non ho tempo da perdere. Ti ho già spiegato che ho molte faccende da fare e ho cercato di esserci oggi per aiutarti e non lasciarti nel momento del bisogno e tu mi parli di cinema e lunapark? Io devo ancora riprendermi da un maledetto trauma e non ho tempo per queste cretinate. Ti saluto. –

Mi alzai e tornai nel corridoio principale della scuola.

Certa gente non capisce proprio niente.

– Ehi! Pensi di potermi lasciare così?! –

Mi voltai e vidi Hector afferrarmi. Mi caricò sulle spalle e mi portò dentro una stanza. Mi lasciò cadere e mi resi conto che era il bagno dei ragazzi.

– Ma che diavolo ti prende, sei impazzit- –

Lasciò che mi alzassi e bloccò il mio corpo contro la parte con il suo. Afferrò i miei polsi e fece forza contro la parete. Mi stava frantumando le mani.

– Sei un essere disgustoso! – urlai.

Fece quello che temevo di piu; azzerare le distanze.
Poggiò le labbra sulle mie e fece forza con la lingua per avere l'accesso, cosa che non gli consentii.

Mi voltai, riuscendomi a liberare dalla pressione delle sue labbra sulle mie, ma iniziò a baciarmi il collo, lasciandomi qualche livido.

– Così nessuno ti si avvicinerà. – disse, sorridendo meschinamente.

– Lasciarmi andare, stronzo! –

– Neanche per sogno, bellezza. Sai da quanto aspetto questo momento?! –

Bloccò le mie mani al muro con una e con l'altra iniziò a toccarmi.

– Non mi toccare! – mugugnai disgustata.

Provai a sferrare un calcio ma lo mancai, guadagnandomi solo uno schiaffo.
Quell'essere schifoso continuava a toccarmi e a baciarmi, non avevo mai provato così tanto disgusto in vita mia.

All'improvviso ricordai di cosa ero capace grazie a quel miscuglio alieno che scorreva nelle mie vene; urlai così forte da rompere gli specchi e fargli sanguinare le orecchie.
Mollò la presa e cadde a terra, era esausto e confuso.

Iniziai a surriscaldarmi a causa della rabbia.

Adesso la pagherai , bastardo.

Pensai di poterlo sollevare e poterlo controllare. Ci riuscii.
Il corpo di Hector si sollevò in aria e si schiantò verso il muro di fronte.

Tutto seguiva la mia volontà.
Rimasi scioccata. Non mi capacitavo di tutto quel potere.

– Che diavolo stai facendo?! –

Era agitato, spaventato che potessi fargli qualcosa.
Ed era così, avevo così tanta voglia di fargli del male.

– Adesso mi diverto io. –

Protesi una mano verso il suo corpo; la pressione generata scatenò delle cariche elettriche attorno alla mia mano: rilasciai lentamente la pressione contro il suo corpo compresso contro il muro, dove iniziarono a crearsi delle crepe.
Sempre lentamente, aumentai di grado la pressione contro il suo corpo fino a fargli distruggere il muro piastrellato blu.
Con l'altra mano sferrai un pugno contro lo stomaco e perse i sensi.
Percepii il suo lento battito cardiaco e i polmoni che si contraevano appena; non volevo di certo ucciderlo ma fargliela pagare di sicuro, e sentivo che questo non era niente rispetto a quello che sapevo davvero fare.

Mi allontanai dalle piastrelle che iniziarono a cedere una dopo l'altra e grazie alla forza del pensiero, sparii.





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