10. Tarocchi propizi (II)

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«Quante persone vivono nel circo? Non immaginavo fosse una comunità tanto numerosa» commentò Camelie impressionata.

«Credo che solo Ozzie possa rispondere a questa domanda. C'è stato un gran viavai nel corso degli anni».

«E tu vivi qui da tanto? La tua famiglia è del circo?»

Olaria scoppiò a ridere. «Per una che non vuole rivelare niente della propria vita, sei fin troppo impicciona sugli affari degli altri!»

Camelie si rese conto che se le prime domande erano state dettate dal tentativo intenzionale di costruire un apparente rapporto di fiducia con il suo cicerone, le ultime erano scaturite da genuina curiosità. Neanche Olaria dava l'impressione di essere una criminale, e la sua appartenenza alle fila del circo sembrava dunque a Camelie fuori posto.

«Ti rispondo, se poi tu rispondi a me» la sfidò la Pizia.

Camelie annuì, repuntandolo un accordo ridicolo, le sarebbe bastato inventare una balla, qualora non avesse voluto svelarsi.

«Vivo a Nilemouth da sei anni. Sono cresciuta nelle campagne della provincia. Mia madre lavorava in un centro massaggi e io frequentavo saltuariamente la scuola del paese. Non so nulla di mio padre, mia madre non mi ha mai voluto dire nulla di lui. Sospetto che fosse uno dei suoi clienti sposati. Un giorno si è trovata un compagno che alzava le mani su entrambe e così, dopo aver cercato per due anni di convincerla a lasciarlo, visto che non mi dava retta me ne sono andata» raccontò vividamente Olaria.

L'altra si sentì imbarazzata per aver curiosato in una vita tanto lontana dal suo mondo da sembrarle un film. «Come sei finita nel circo?»

«Ah, no. È il mio turno, Venice. Sei scappata di casa perché ti hanno fatto qualcosa di male o perché hai fatto qualcosa di male?»

Camelie non si aspettava quella domanda e così sbatté le palpebre mentre soppesava quanto era accaduto negli ultimi giorni.

«I miei genitori vogliono obbligarmi a sposare un uomo che non mi piace» proferì infine.

«Quindi nessuna delle due. Sono d'accordo che sia un bel problema, ma non è decisamente un male come lo intendo io» considerò Olaria.

«Hai un ragazzo, o magari un marito?» Camelie si morse la lingua. Avrebbe voluto ripetere la domanda di poco prima e invece era stata trascinata dal flusso della conversazione, facendosi prendere da una curiosità spiccia. Lo sguardo le cadde sulle mani di Olaria, le cui dita scheletriche erano ricoperte di anelli colorati, incluso l'anulare sinistro.

«Ho diciannove anni, non mi sposerei tanto giovane neanche se avessi trovato il compagno, o la compagna, perfetta» ridacchiò la Pizia. «Sto esplorando sentimentalmente, diciamo così».

Pentita di aver sprecato una delle sue cartucce, Camelie attese la seconda domanda di Olaria.

«Quanto è ricca la tua famiglia?» la incalzò ancora la ragazza del circo.

«Non è una delle più ricche di Nilemouth, ma ce la passiamo bene» mentì Camelie.

«Credevo di essere stata chiara. Niente bugie, Venice». Gli occhi scuri di Olaria erano in grado di passare ai raggi X i suoi pensieri, apparentemente.

«D'accordo. Ho sempre ottenuto tutto quello che desideravo. Abito in una villa più grande del tendone dove siete accampati in centinaia di persone. Posso scegliere tra tre appartamenti personali, a seconda dell'umore. Ho assaggiato tutti i cibi esistenti al mondo, persino i più rari. Sono cresciuta nell'invidia dei miei amici. Sono cresciuta con tutto» Camelie riversò sulla sua interlocutrice quella descrizione sommaria della sua vita, che riusciva però a dare l'idea di come fosse sempre vissuta nell'agio, vedendo esaudito ogni suo capriccio. Fino a una settimana prima.

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