9. Tarocchi propizi (I)

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Non c'era bisogno di aggiungere altro. Un uomo dalla zazzera grigia si affacciò in quel momento nella tenda del ventriloquo e fu la scusa per accomiatarsi.

Sempre senza fiatare, Camelie seguì nuovamente Xavi attraverso la folla senza volto.

«Sono sicuro che tu e la Pizia diventerete amiche per la pelle nel giro di mezza giornata! E ovviamente sentiti libera di venirmi a cercare, se c'è qualche problema» le sorrise il giovane dai tratti latini.

La ragazza annuì avvilita. Sperava di trascorrere sette giorni indimenticabili insieme al suo angelo del ghetto e invece si prospettava una settimana di solitudine, accampata su un'amaca probabilmente piena di cimici. Sempre che qualcuno non decidesse di rapirla per chiedere un riscatto ai suoi genitori, o magari ai Winters, visto che aveva stupidamente dato il nome dei suoi vicini.

«Ovviamente abbiamo dovuto bruciare i chip che avevi sottopelle: quello d'identità e quello bancario. Altrimenti le forze dell'ordine avrebbero avuto una scusa in più per fare irruzione nei tendoni del circo» continuò Xavi.

Camelie si fermò di scatto, accarezzandosi con apprensione l'avambraccio. «Non potevate solo schermarli?» si lamentò.

L'altro non rispose, ma appoggiandole delicatamente una mano sulla schiena la invitò a proseguire. Per un attimo la ragazza sperò che quello che aveva sentito la sera prima da uno dei criminali nel vicolo, il fatto cioè che i capelli dei ricchi fossero ricetrasmettenti, fosse vero. Si sentiva nuda senza la certezza di poter essere rintracciata tramite un segnale GPS.

Di tanto in tanto, come in quel momento, veniva schiacciata dalla consapevolezza che si stava comportando in modo sconsiderato. Avrebbe dovuto lasciare quel luogo infernale nel momento stesso in cui si era svegliata. Non si sentiva prigioniera, in fondo era stata lei a voler rimanere, ma al tempo stesso sapeva di non essere veramente al sicuro tra quella gentaglia. Era finita in un universo talmente lontano dal proprio, da non essere neanche sicura di poter interpretare le intenzioni di chi aveva di fronte. Xavi e Ozzie le sembravano brave persone, ma era altamente probabile che non si sarebbero fatti alcuno scrupolo a sgozzarla per utilizzare la sua testa in uno dei loro spettacoli.

Camelie fu scossa da un brivido e l'altro si fermò per controllare che stesse bene. «Non avere paura, Venice. Non ti succederà nulla di male, a meno che tu non vada a cacciarti da sola nei guai».

Quelle parole non le erano affatto di conforto. Erano giorni che non faceva che scavarsi la fossa da sola e potenzialmente persino in quel momento stava solo peggiorando la situazione.

«Gran parte dei circensi non è cattiva gente. Mi raccomando, tieniti alla larga dai clown e dal ragazzo che abbiamo incontrato poco fa davanti alla tenda di Ozzie, e vedrai che non ti succederà nulla finché sarai qui».

I clown?! Le aveva detto veramente di stare lontana dai clown?

«Mi stai prendendo in giro» sussurrò incrociando le braccia. «Pensi davvero di spaventarmi con la storia dei clown?»

Xavi esplose in una risata genuina, talmente coinvolgente che Camelie si ritrovò a sorridere come un'ebete. «Lo so, sembra una barzelletta, ma è proprio così. I pagliacci sono una banda di delinquenti. Di solito si limitano a rubacchiare pezzi di ricambio per gli AI, ma eviterei comunque di farmi notare».

«Diciamo che non passo proprio inosservata» considerò la ragazza arrotolandosi una ciocca nivea attorno all'indice.

«Mmm» riflettè Xavi. «Magari la Pizia può prestarti una parrucca».

Camelie evitò di incrociare il suo sguardo. Preferiva correre il rischio di essere rapita dai clown che quello di prendere i pidocchi. Di certo non avrebbe indossato una parrucca usata da qualche mendicante. Solo l'idea la nauseava.

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