9. Tarocchi propizi (I)

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La ragazza fece del suo meglio per non lasciarsi intimidire dallo sguardo bonariamente imperscrutabile dell'uomo. «In che... in che senso?»

«Mi chiedevo come mai i tuoi genitori avessero deciso di chiamarti proprio Venice» commentò il ventriloquo socchiudendo le palpebre.

Camelie corrugò la fronte, spostando confusa lo sguardo rubino da Ozzie a Xavi.

«La storia non è il tuo forte, eh, bambina?»

Il ricordo delle ore nella sala proiezioni, davanti ai noiosi video bidimensionali commentati passo passo dalla voce acida della De Graaf, la assalì improvvisamente. Camelie sapeva solo di aver ereditato il suo secondo nome dalla bisnonna materna, ma in quel momento si chiese se Antoine e Graziella Lambert le avessero dato volutamente un nome tragico.

«Venice» Ozzie si era alzato di nuovo e le porgeva affabilmente la mano fasciata da un guanto pesca. «Benvenuta nel circo di Nilemouth».

L'altra ricambiò incerta la stretta. «La ringrazio, signor Ozzie».

«Sei mia gradita ospite per una settimana. Se tra sette giorni deciderai di rimanere con noi, dovrai contribuire al sostentamento della comunità per guadagnarti vitto e alloggio».

Un sorrisetto obliquo tagliò il volto perfetto di Camelie. Non aveva la minima intenzione di mettersi a lavorare nel circo. Aveva bisogno solo di un rifugio temporaneo, un luogo dove schiarirsi le idee, lontano dalle persone che le stavano rovinando la vita. Sette giorni sarebbero stati più che sufficienti per mettere ordine tra i suoi pensieri.

«Non esistono privilegiati qui dentro» ci tenne a spiegar meglio Ozzie. «Tutti devono fare la loro parte. Se lavorano persino i bambini, sono sicuro che esiste un mestiere adatto anche a te, Venice Winters».

Attanagliata dai morsi della fame, Camelie ingoiò in fretta la pillola che ancora stringeva in mano. Non aveva un sapore molto diverso da quello delle pasticche per l'emicrania; non sapeva cioè, praticamente di nulla. Nel giro di qualche minuto, il corpo della ragazza registrò però di aver ricevuto un mix di sostanze nutritive, sentendosi rigenerato come dopo un pasto reale. Era stato rapido e decisamente poco piacevole, in confronto ai banchetti di sei portate a cui Camelie era abituata, ma nutrirsi così per una settimana non sarebbe stato poi tanto terribile. Una volta a casa, si sarebbe abbuffata dei suoi cibi preferiti per controbilanciare i giorni di stenti. Avrebbe invitato Xavi a provare le prelibatezze che venivano coltivate - e allevate - nella tenuta Lambert e lui le sarebbe stato grato per aver spalancato una porta su un mondo che credeva di disprezzare, ma che in fondo invidiava soltanto. Come tutti, si sarebbe abituato istantaneamente al lusso. E non avrebbe potuto più farne a meno.

Persa tra le fantasie, Camelie non si era resa conto che Ozzie e Xavi avevano ripreso a parlare tra loro.

«Di certo non puoi starle dietro tu, Xavi. Portala dalla Pizia. È la persona più adatta ad aiutarla ad ambientarsi e ha una marea di tempo libero in confronto a voialtri» stava proponendo il ventriloquo.

«Non posso rimanere con Xavi?»

Camelie era intervenuta nella conversazione senza pensare, ma nell'incrociare lo sguardo severo di Ozzie si pentì immediatamente dell'impulsività. Aveva fatto di tutto per non sembrare viziata, ma questionare il capo del circo dopo quindici minuti che lo conosceva non era stata una mossa molto brillante.

«Xavi non è una babysitter, bambina. Faccio affidamento su di lui per una serie di questioni importanti e ha perso già fin troppo tempo dietro a te».

Camelie abbassò lo sguardo umiliata. Per quanto ci fosse sempre un alone di gentilezza nel tono di voce di Ozzie, le sue parole dure le ricordarono che più che un ospite era un intruso.

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