Capitolo uno: La chiave

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Sono seduta in presidenza da almeno 15 minuti, l'unica cosa che so è che vuole parlarmi di una strana chiamata che era indirizzata a me, ma ora che sono qui mi tengono sulle spine, già che io e l'ansia siamo compagne di vita loro poi contribuiscono a farmela salire. Il preside entra e mi rivolge un occhiata dispiaciuta, faccio un espressione confusa per farlo parlare e lui tira un sospiro di stanchezza -mi dispiace tanto Mery- dice porgendomi una busta con dentro una chiave e un piccolo fogliettino allegato con su scritto

"Alla mia meravigliosa nipotina, custodisci questa chiave come se fosse un pezzo della tua anima, non perderla mai. Mi fido di te tesoro.

Dalla tua nonna Maria"

sorrido al messaggio della nonna, lei vive nel Maryland, è possiede anche una casa sul lago nelle periferie. Esco saltellando dal suo ufficio e trovo mio fratello maggiore con uno strano sorriso malinconico sul volto, ma che cazzo hanno oggi tutti? -James- grido saltandogli addosso, lui mi afferra le gambe accarezzandomi i capelli -ora dovrai decidere se venderla o no- mi sussurra ed io non ci capisco più nulla -che vuoi dire? Di che parli?- gli chiedo innocentemente -la nonna ti ha lasciato la casa sul lago- quelle parole mi fanno fermare il cuore -che stai dicendo?- chiedo al massimo della confusione mentre attraversiamo l'ingresso della scuola incamminandoci verso la sua auto -la nonna, non c'è più Mery, non sai quanto mi dispiace dico davvero- silenzio, non riesco nemmeno a pronunciare una parola, l'aria fatica a passarmi dai polmoni, la vista mi si annebbia e mille lacrime mi solcano il viso. Ripenso a quando ci ha portati al mare a 10 anni, a come ci siamo messe a giocare a schizzarci, ripenso a quando la sera mi raccontava le storie di un luogo che definiva "vicino ma lontano", diceva che si trovava dietro ogni porta, ma che solo le persone speciali potevano vederlo ed io mi addormentavo sempre con la speranza di riuscire a vederlo un giorno. Mi chiudo in macchina lasciando scorrere le lacrime, sfogando il mio dolore in un pianto silenzioso. Ho letteralmente perso tutto, ora mi rimane solo James, la mamma è morta due anni dopo la mia nascita, mio padre ci ha abbandonati quando ha scoperto che la mamma era di nuovo incinta, così ci aveva cresciuti nonna Maria, ma ora che anche lei non c'è più sento un enorme senso di vuoto dentro di me, la parte più grande del mio cuore è stata strappata nell'esatto istante in cui ho appreso il tutto.

Mi ritrovo dentro casa, non so nemmeno come sono arrivata nel mio letto, ho un terribile mal di testa, devo essermi addormentata in macchia mentre piangevo. La mia attenzione viene catturata dal cigolio della porta, il viso di James spunta così all'improvviso che sono quasi tentata di urlare -domani partiamo per il Maryland, ti ho fatto la valigia, ho lasciato fuori la tua felpa preferita e un paio di jeans- dice indicandomeli, annuisco sovrappensiero spostando il mio sguardo sulla busta sul mio comodino -hai per caso una collana a catenina?- gli chiedo, annuisce per poi sparire dietro la porta, resto a fissare quella busta finché una catenina a collana non compare davanti ai miei occhi, alzo lo sguardo verso mio fratello e lo vedo sorridere, ricambio con un accenno di sorriso estraendo la chiave e infilandola nella catenina potresti agganciarla?- chiedo spostando i capelli mentre lui mi aggancia la collana -sai voleva che l'avessi io, non so perché, ma so che la custodirò come se fosse un pezzo della mia anima- dico estraendo il fogliettino -mi dispiace davvero tanto, tu eri molto legata alla nonna, anche più di me- dice James per poi tornarsene nella sua stanza. Verso le 21:10 mio fratello fa di nuovo il suo ingresso nella mia camera con in mano un cartone con la pizza -ho preso la pizza! La tua preferita- dice porgendomi la mia margherita. Mi piace mangiare sul letto, è rilassante -guardiamo un film?- chiede indicando il televisore, mugugno un si appena udibile dando un morso alla pizza, distolgo lo sguardo dal televisore al telefono notando le innumerevoli chiamate di Giorgio -perché non lo vuole capire?- sbuffo contrariata attirando l'attenzione del mio iper protettivo fratellone -chi non vuole capire cosa?- chiede sospettoso, gli dico sempre tutto quindi gli dirò anche questo -un tipo che continua a mandarmi messaggi e chiamate- spiego brevemente -eppure gli ho detto tre mila volte che non sono interessata a lui- sbuffo, mentre velocemente il mio telefono sparisce dalla mia mano per poi sentire degli squilli, guardo contrariata mio fratello che aspetta con impazienza, e poi lui risponde -finalmente hai deciso di richiamarmi zuccherino- dice mentre io mi copro gli occhi con il palmo delle mani -quella che hai chiamato zuccherino è la mia ragazza bello- dice mio fratello mentre io tolgo le mani dai miei occhi per spostarle sulla mia bocca, un po' per la nausea dell'immaginare io e mio fratello insieme e un po' per trattenere le risate -non mi aveva mai detto di essere fidanzata- afferma lui dal telefono -certo che non te l'aveva detto, non sono mica cazzi tuoi- dice mio fratello per poi chiudere la chiamata -amore guardiamo il film?- lo prendo in giro -non chiamarmi così o finisce che vomito il cenone di due natali fa- dice ed io gli tiro il mio cuscino in faccia, sceglie il film da mettere e ovviamente mette "The best of me" -mi stai prendendo per il culo?- gli chiedo trinciandolo con lo sguardo, "The best of me" parla della storia d'amore di due ragazzi che si conoscono da giovani, lei appartiene ad una famiglia ricca, lui invece viene da una famiglia di cui tutti hanno paura. lui un giorno decide di andarsene di casa dopo che suo padre l'ha ingiustamente picchiato, e va a finire nel capanno degli attrezzi di un anziano signore che dopo averlo scoperto mentre dormiva nella sua vecchia auto decide di farlo restare a casa sua. in poche parole lui si prende cura del ragazzo. poi dopo svariati anni il ragazzo ormai diventato uomo riceve una chiamata che gli annuncia della morte del anziano signore che si è preso cura di lui. Quindi mi sembra logico sentirmi presa per i fondelli. Arrivati circa a metà film mi addormento con il cartone vuoto della pizza sulle gambe.

Sento il suono assordante della sveglia, apro un occhio osservando adirata l'ora, sono le 4:30 ma è mai possibile. Mi alzo velocemente andando a fare una doccia fredda per poi mettere la felpa e i jeans e preparare la colazione, sia per me sia per quell'impiastro di mio fratello. Dopo aver sistemato i cereali e il latte nella sua ciotola preferita vado nella sua stanza per chiamarlo -James alzati dobbiamo sbrigarci, tra mezz'ora abbiamo l'aereo- gli ricordo ricacciando indietro le lacrime che mi sorgono al solo pensiero di tornare lì dove adesso lei non c'è più.

Askarat: Il ritornoWhere stories live. Discover now