Prologo

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Pechino, alba del 16 luglio 1766

"Ye-su Hui-shih Lang-kung chih-mo"

(la tomba di Lang, membro della società di Gesù)

Non ho parole di conforto per il mio popolo, Lang Shining.

Il mio cuore trafitto dai rovi del freddo protocollo imperiale si è lacerato stanotte, nel palpito dell'estremo tentativo di fuga, ed è morto insieme a te, come una falena che si arrende dentro una lanterna rossa cercando la luce infinita.

Non avrò mai più parole eloquenti per il mio ed il tuo popolo Lang Shining.

Le languide figure da te dipinte sono state per tre generazioni le nostre parole comuni.

Solo i tratti sottili dei tuoi pennelli hanno svelato alla stirpe cinese la vera essenza della famiglia imperiale, ritraendone la fragilità in un foglio di carta di riso, pur senza tradire la maestosità dell'orgoglio manciù.

Ma il colore è finito stanotte.

Non sento scorrere il sangue nelle vene, non sento rumori, tutta la Città Proibita tace.

Nessuno di noi troverà più parole da affidare al vento, né nella lingua cinese né in quella dei fratelli gesuiti.

I cavalli fremono da ore sulla piazza.

La famiglia imperiale accompagnerà il tuo feretro domani ed io sarò lì sul mio cavallo, come quando tu ci ritraesti, ma non avrò frecce nella faretra.

Non avrò mai più frecce da scoccare lontano Lang Shining, il mondo tornerà ad essere per me immensamente piccolo e tu non sarai lì a spiegarmene il motivo.

I cristiani alle porte del Palazzo recitano dall'alba preghiere al loro Dio, al tuo Dio, hanno portato una grande Croce e una statua della Vergine col Bambino.

I cinesi piangono senza sosta il loro dolore inchinandosi a terra più volte, guardano alla Croce ed alla Vergine come se fosse sfuggita loro un'occasione.

I cristiani non osano rimanere in piedi, vedendo i fratelli cinesi così prostrati, e s'inginocchiano e piangono secondo il rito orientale, senza temere di incorrere in scomunica.

L'umano cordoglio, che oggi abbraccia due cieli fraterni, presto diverrà stretta mortale e l'Impero cinese non sarà più lo stesso.

Ho deciso di scrivere un epitaffio per la tua sepoltura e lo farò con mestizia e solennità, ma non sarà questo.

Queste mie ultime parole d'amore eterno Lang Shining sono solo per te.

Mi è stato chiesto di scegliere tre oggetti che accompagneranno il tuo viaggio senza ritorno.

Ho incaricato il mio più fedele servitore di posare nella tua bara: il più nuovo dei tuoi pennelli, il bottone di zaffiro che ti fu consegnato insieme alla carica di Terzo Mandarino Imperiale e il piccolo scrigno di monete cash che mio nonno Kangxi affidò a mio padre Yongzheng, e lui a me, a memoria indelebile dell'ascesa al trono della dinastia manciù.

Con la tua scomparsa, però, oggi si sgretola una parte essenziale della dinastia, la sua parte più prossima al cielo.

Così domani, la tua tomba sarà per queste monete il loro ultimo ed eterno approdo.

Nulla potrà mai ripagarti dei tuoi servigi imperiali.

Il tuo umile discepolo.

Qianlong, Terzo Imperatore della Dinastia Qing.

Nel giorno della sesta luna del trentunesimo anno di Qianlong (A.D. 1766).

NOTE

ZORATTO B., Giuseppe Castiglione, pittore italiano alla corte imperiale cinese, Fasano di Puglia (BR-Italia) Schena editore, 1994.



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