5. Il premio più prestigioso (I)

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Quando, quattro ore più tardi, Camelie fece il suo ingresso nell'anfiteatro dove avevano luogo le assemblee studentesche, la sala era già gremita. Ignorando le occhiate curiose degli studenti seduti nelle poltrone più vicine all'ingresso, raggiunse rapidamente le ultime file, dove sedeva solitamente con le due migliori amiche.

Camelie era abituata a essere al centro dell'attenzione, per via dell'appartenenza a una delle famiglie più ricche della provincia e dei suoi look sempre ricercati, ma quel giorno era consapevole di essere sulla bocca di tutti per l'annuncio del matrimonio.

L'anfiteatro poteva contenere fino a ottocento persone, in modo da ospitare due cicli alla volta. Era difficile infatti che gli studenti della Mietitura avessero a che fare con quelli più piccoli dell'Aratura o della Semina, mentre molte attività erano condivise con il quadriennio dell'Irrigazione. Una di queste era il concorso annuale a cui potevano essere candidati progetti extra-curricolari appartenenti a diverse discipline scolastiche.

«Che bella che sei stamane, Cam!» esclamò Sheila McGowan con la ruffianaggine che la contraddistingueva. «Ti è passata l'emicrania che avevi ieri?»

L'altra le rivolse un sorriso forzato. Dal momento che si era alzata prima dell'alba per discutere con il padre, aveva avuto tutto il tempo di sistemarsi in modo da nascondere lo stato pietoso in cui si trovava. Aveva ricoperto il volto con un nutriente fondotinta, applicando un copri occhiaie che costava quanto gli orecchini di zaffiri che pendevano in quel momento dalle orecchie di Mei Chen; aveva dipinto le palpebre con uno smokey impeccabile, colorando di nero le radici delle sopracciglia candide; con un fermaglio acquamarina aveva raccolto la cascata di capelli finissimi in una coda bassa laterale; e come al solito aveva stirato lei stessa l'uniforme scolastica perché il lavoro della servitù le sembrava sempre approssimativo.

Vista la sua reputazione, ci teneva che i suoi outfit fossero sempre diversi; quel giorno aveva sostituito i bottoni standard della camicia bianca con delle spille di perline che richiamavano i colori della divisa: la trama scozzese grigia, azzurra e bordeaux.

Camelie si era appena seduta tra le amiche, scostando con un calcio stizzito la borsa di tessuto che Sheila aveva posato davanti alla sua poltrona, che Kennedy Holsen fece il suo ingresso nell'anfiteatro, seguito dal solito drappello di amici. La ragazza non fece alcuna fatica a riconoscere lo studente che l'aveva aggredita la sera prima. Il giovane di nome Rajat stava discutendo animatamente con un altro compagno dai tratti albini: un ragazzotto tarchiato dagli occhi vispi.

Presa dal panico iniziò ad armeggiare con la tastiera di plexiglas sul bracciolo, fingendo di essere occupata ad aggiustare la propria bolla di comfort. Ogni sedia poteva infatti essere adattata alle esigenze dell'occupante: forma, morbidezza, temperatura e numerosi altri parametri venivano regolati individualmente dal display.

«Chi dei tre è il pappagallo che ripete sempre quello che dicono gli altri?» domandò Mei Chen indicando con un cenno del capo i ragazzi ancora fermi sulla soglia.

«Quello cicciotto: Alvaro Solis. Mentre l'altro si chiama Reinmar Caprioli e, non si direbbe, ma è un mezzo genio. Il terzo invece, Rajat-non-mi-ricordo-il-cognome, è un cafone arrogante della peggior specie» spiegò Sheila che amava il gossip in ogni sua sfumatura.

Con la coda dell'occhio, Camelie vide il promesso sposo sedersi a metà della sala, con la solita aria strafottente di chi aveva sotto controllo qualsiasi aspetto della propria vita. Ignorò le risatine di Sheila, le domande insistenti di Mei, e il ricordo ancora vivido del fiato di Rajat sul suo volto, concentrandosi sulla presentazione che avrebbe dovuto fare da lì a poco. Era solo un espediente per distrarsi, perché la conosceva a menadito; si trattava infatti di un riassunto del discorso con cui, quattro mesi prima, aveva convinto la commissione della categoria Germogli di Talento ad assegnarle il premio.

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