3. L'affascinante uomo dietro la maschera (I)

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Kennedy Holsen non aveva capito niente di lei. Gli avrebbe mostrato di che pasta era fatta e, se si fosse scusato e l'avesse corteggiata opportunamente, magari gli avrebbe dato una seconda possibilità. Si trattava pur sempre del ragazzo che aveva venerato da lontano per quattro anni.

Sheila McGowan si sistemò la maschera e si tastò i capelli, nel tentativo di capire se il gesto irruento di Camelie avesse rovinato la pettinatura. Solo quando ebbe la certezza di essere in ordine, si rivolse nuovamente all'amica.

«Si può sapere che fine hai fatto? Il tuo assistente virtuale continuava a trovare delle scuse pietose per rimbalzare le nostre chiamate e a un certo punto abbiamo pensato che l'accordo di matrimonio con Kennedy fosse saltato e tu ti fossi rinchiusa in un convento di clausura per l'umiliazione.»

Camelie arricciò le labbra, contrariata dall'incapacità del suo AI di gestire un'emergenza. Perché fabbricare bugie poco credibili quando avrebbe potuto usare la motivazione che la costringeva a letto all'incirca una settimana ogni mese? Infilò due dita tra l'elastico e i capelli nivei per attenuare la morsa che aggravava il dolore alla testa.

Sheila era solita parlare al plurale perché non c'era niente della sua vita che non riguardasse almeno qualcun altro; tipicamente Camelie o la terza amica del trio: l'isterica e viziata Mei Chen. Camelie si guardò attorno, sorpresa che Sheila e Mei si fossero separate.

«Dov'è...»

«Kennedy è in terrazza – scusa, volevo dire: nella Selva delle Nebbie Eterne. Ti cerca da quando è arrivato» la interruppe Sheila, dando per scontato che l'altra morisse dalla voglia di salutare il fidanzato. «Come mai non siete venuti insieme?»

Camelie, fingendo di non aver sentito la domanda, prese a frugare nella borsetta alla ricerca di una pasticca per l'emicrania.

«Devi raccontarmi tutto, Cam! Tutto! Avete già fissato la data? Che invidia, saranno le nozze più spettacolari della nostra generazione, già lo so! Che invidia!»

Sheila era un fiume in piena, ma quelle domande non facevano che ricordare a Camelie che, nel giro di una sera, la vita perfetta che tra sé e sé aveva sempre amato paragonare a una di quelle giostre uscite da una cartolina d'altri tempi, si era trasformata in un labirinto degli orrori. Da quel momento in avanti, a ogni passo avrebbe dovuto schivare una domanda scomoda, a ogni angolo si sarebbe scontrata con qualcuno che avrebbe potuto smascherare la messinscena. Messinscena. Non era forse proprio quella la parola che aveva usato Kennedy Holsen per descrivere il loro fidanzamento?

«Stasera è più bello del solito, Cam. Sarete meravigliosi quando ballerete insieme! Che invidia! Lo troverai subito: ha un completo argentato con le rifiniture blu e una maschera nera che lascia scoperta solo la bocca. È un sogno, Cam, il tuo maritino è un sogno!» la voce di Sheila si era fatta talmente acuta che in molti si erano voltati a fissarle.

Camelie si decise finalmente a lasciar andare il ramo a cui era aggrappata. Assecondò con un leggero movimento del collo la vertigine che l'aveva colta e per poco non pestò i piedi dell'amica.

«Quanto hai bevuto?» Sheila si avvicinò per annusare l'odore acre dell'alcol e quando ebbe la conferma che l'altra aveva iniziato a festeggiare ben prima di arrivare, scoppiò a ridere con l'aria di chi la sapeva lunga.

«Sei agitata?» la punzecchiò, «l'amore ti fa perdere il sangue freddo, Cam? Mmm... o forse oggi è una serata speciale per te e Holsen?» mugugnò arricciando esageratamente le labbra.

Camelie ebbe un conato di vomito all'idea di baciare Kennedy Holsen, immaginando che magari fino a poco prima era stato appartato chissà dove, a fare chissà cosa, con la ragazza bionda. Da un lato voleva affrontarlo, chiarirsi con lui o chiudere una volta per tutte una relazione che non aveva futuro; dall'altro, all'idea di trovarselo davanti, ignaro che la sua farsa fosse allo scoperto e infastidito dalla sua sola presenza, Camelie sentiva un brivido di disagio carezzarle la spina dorsale.

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