2. L'annuncio di un matrimonio felice (II)

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Il senso di distacco dalla realtà che la avvolse, mentre i suoi occhi porpora vagavano nella condensa, era l'unica emozione della serata su cui riusciva a fare affidamento. Tutto il resto: l'euforia per l'annuncio delle nozze, l'eccitazione per le attenzioni di Kennedy, lo choc dovuto alla scoperta della sua vera indole, la paura di non poter fare marcia indietro sugli accordi tra le due famiglie; tutte quelle sensazioni le sembravano al contrario eteree, inconsistenti come un sogno a occhi aperti.

Un sogno. Quanto avrebbe desiderato che la scoperta dell'opinione che Kennedy aveva di lei fosse stato tutto un sogno.

In quel momento il velivolo oltrepassò la recinzione laser che delimitava i possedimenti Lambert e un bip morse li avvertì che mancava all'incirca mezzora all'arrivo.

«Kennedy Holsen è stato un'ottima scelta», Graziella aveva deciso di mettere a tacere l'orgoglio pungolato dalle parole sprezzanti del marito, pur di riprendere a spettegolare, «sei davvero fortunata che gli Holsen abbiano accettato la nostra proposta, Camelie.»

Fortunata.

La ragazza mantenne ostinatamente lo sguardo fuori dal finestrino, le pupille mosse freneticamente dal tentativo di mettere a fuoco le piante informi che scorrevano sotto di loro.

«Ho concordato con Holsen che il figlio verrà a stare da noi due weekend al mese, per cominciare a prendere familiarità con le piantagioni», riprese Antoine, schiarendosi la gola avvolta in uno scialle verde acido.

Camelie si irrigidì e premette con forza il palmo della mano sul vetro, come se potesse bastare quel gesto a frantumarlo. Sentiva il bisogno impellente di mandare qualcosa in frantumi. L'angoscia che teneva imbottigliata da quando aveva scorto, attraverso un uscio socchiuso, il vero Kennedy Holsen, aveva bisogno di prendere forma ed esprimersi in qualcosa di più liberatorio di un urlo soffocato nella neve.

Se un urlo c'era davvero stato.

«Di già?» esclamò Graziella, sbattendo le ciglia finte. «Non pensavo che volessi passargli il testimone tanto presto...»

«Non dire stupidaggini!» la voce dell'uomo si riempì nuovamente di esasperazione, «pensi che il mio sia un mestiere che si impara in un paio di giorni? Ci vogliono anni per capire di cosa hanno bisogno le nostre colture per prosperare e i nostri schiavi per ubbidire. Il ragazzo mi è sembrato sveglio, ma è ancora troppo influenzato dal padre.»

Kennedy Holsen sarebbe stato ospite nella tenuta Lambert due volte al mese. Camelie non aveva sentito altro. La notizia che fino a qualche ora prima avrebbe alimentato per giorni le sue fantasie, ora le gravava sul cuore come uno di quei momenti di pura umiliazione con cui l'insegnante di storia amava concludere le sue interrogazioni. Fino a quel giorno, l'incubo ricorrente di Camelie era infatti sempre stato lo stesso: rivivere all'infinito il momento agghiacciante in cui la sua mente si svuotava delle poche nozioni che aveva provato a fissare con ore di ripetizione e si riempiva delle parole lapidarie, intrise di cattiveria, con cui la De Graaf la inchiodava ogni volta alla sedia, costringendola ad abbassare lo sguardo per la vergogna. "Ci sono allievi intelligenti e allievi che si impegnano; grazie per avermi dato l'ennesima conferma che tu non appartieni a nessuna delle due categorie, Lambert". Fino a quel giorno non c'era stato niente di peggio, per Camelie, che subire gli abusi verbali della professoressa De Graaf. Fino a quel giorno.

La ragazza si avvolse nella pelliccia di zibellino. Nonostante il tepore dell'abitacolo, era infatti scossa dai brividi. Tornò a concentrarsi sul paesaggio che scorreva ipnotico sotto di loro. Non aveva idea di dove fossero esattamente, nelle terre sconfinate che portavano il suo nome; né riusciva a identificare gli alberi rachitici illuminati tetramente dalle luci della navicella. Suo padre aveva tentato in tutti i modi di farle memorizzare la mappa delle coltivazioni da cui dipendeva la loro ricchezza; per anni l'aveva martellata con domande trabocchetto, finché non si era convinto che Camelie fosse un caso perso. Il severo e impaziente Antoine Lambert aveva deciso che non valesse la pena continuare a investire tempo e speranze nella sua unica figlia.

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