Guerra

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Canzone consigliata: "Radioactive" degli Imagines Dragons❤

Lo sguardo che Iris aveva negli occhi non era umano: era totalmente in un universo parallelo, come quando Michele le aveva raccontato quello che dicevano su di lei.

Serena la guardò, mista tra il preoccupato e l'incerto e si avvicinò a lei per vedere che cosa avesse in mano sua figlia. Ma appena tentò di prenderlo, volò uno schiaffo così forte che le fece girare il viso di novanta gradi. Era stata la ragazza a tirarglielo. La stessa che prima era persa nel vuoto, ora fissava sua madre con odio e disprezzo, le lacrime agli occhi e la voce pronta ad urlare.
«Che cazzo è questo?!» sbraitò, riferendosi al documento che stringeva tra le mani, tremanti di rabbia. Sua madre piangeva già e si copriva la guancia colpita con una mano.
«Iris, ti prego... lasciami spiegare...» provò a dire lei, ma la ragazza non la lasciò continuare.
«Gennaro Zena! È l'uomo che ora sta pagando per l'omicidio di mio padre! Ma non può essere il mio padre biologico! Che cosa vuol dire?! Te lo sei scopata prima di stare con papà vero? Oppure durante? Ora voglio la verità! Anche su quella stramaledetta notte! Non mi hai detto nulla per anni, adesso esigo di sapere!» urlò con ferocia e aggressività, talmente tanta che nemmeno lei se ne credeva capace.

Serena tremò come una foglia sferzata dal vento. Quelle parole furono come ricevere un altro schiaffo. Ma in fondo sapeva di meritarselo.

«Te lo voleva dire... quella sera stavamo discutendo per quello e la situazione è degenerata... non... non so perché l'ho fatto io...»
«Cosa? Cosa hai fatto, Serena?» Christian era sulla soglia della stanza e aveva visto tutto, dallo schiaffo fino a quel momento. Aveva sentito le urla ed era venuto a vedere. Di sicuro non si aspettava tutto quello.
«Ti prego io... davvero non...» sussurrò e iniziò a piangere ancora più forte. Iris si stava spazientendo e non era di certo un buon segno. Voleva sentir dire da lei quello che aveva fatto, in modo da poter sganciare la sua bomba proprio lì, in quel momento.
«Serena? Cosa-hai-fatto?» scandì bene Christian, facendo qualche passo verso di lei. Non sapeva se essere preoccupato o arrabbiato.
«Tanto non lo farà mai. È inutile.» disse Iris, rompendo il silenzio. Quello non era il momento. Non ancora. Anche se era arrabbiata, non voleva che la fine iniziasse in quel momento.

Però almeno Serena sarebbe stata costretta a dire di Antonio a Christian. Insomma il loro rapporto si sarebbe incrinato di sicuro se lei avesse raccontato delle bugie ed era proprio l'obbiettivo di Iris: far allontanare il suo secondo papà da quella donna spietata e falsa.

«Ah, fanculo!» aggiunse e dette quelle parole, notando il silenzio patetico di sua madre, scossa dai singhiozzoi e la confusione dipinta sul volto di Christian, uscì dalla stanza. Mise le scarpe e andò via da quella casa, dove si respirava l'acre odore della menzogna.

Dove stava andando? Nell'unico posto in cui avrebbe trovato un po' di pace, ovvero sia quel vecchio albero che aveva visto lacrime e baci, dolore e felicità, e non aveva mai osato giudicare nessuno.

Però quel giorno era già occupato: una coppia spensierata di fidanzati stava dando libero sfogo alle proprie emozioni, senza curarsi del valore di quell'albero. Almeno per Iris.

Tornò allora sui suoi passi e decise di andare sul molo, perché di sicuro non sarebbe tornata a casa. Non aveva nemmeno una sigaretta o in giro non c'era nessuno a cui chiederla, per fumarsi quel pensiero fisso su Zena. O per meglio dire, suo padre. Lui lo sapeva della sua esistenza? Perché aveva accettato di andare in carcere al posto di sua madre? Lei gli aveva dato sicuramente qualcosa in cambio, ma perché lei aveva mentito? Sempre e costantemente a tutti?

La sua testa era piena di domande, tutte senza risposta. Però la più inquietante era che aveva avuto questo indizio da Antonio, che le era apparso quando stava quasi per morire. Ci era davvero così vicina da aver potuto avere una visione? Questo era certamente strano e disarmante come dettaglio.

«Mi scusi, ha forse una sigaretta?» chiese lei ad un vecchio che fumava, guardando il mare.
«Il fumo uccide.» rispose lui, senza distogliere lo sguardo dall'orizzonte. Aveva la barba grigia e incolta, degli occhiali tondi appollaiati sul naso adunco e un'espressione corrucciata.
«E perché fuma allora?» gli chiese lei, confusa.
«Perché l'ho fatto tutta la vita, se smetto ora non saprò di che altra morte morire.» continuò rilasciando una lunga nuvola di fumo bianco.
«E questo cosa c'entra? Ce l'ha o no la sigaretta?» chiese lei un po' infastidita. Non aveva voglia di sentirsi raccontare degli insegnamenti da un anziano scampanato che voleva morire di cancro ai poloni.
«Ragazzina, tu sei giovane, lascia perdere questi oggetti letali, non fanno per te.» disse lui, con quell'aria da finto saggio che alla riccia fece girare le scatole.
«Se non ce l'aveva bastava dirlo. Grazie comunque.» disse lei, infastidita ad un livello che rasentava il limite. E quel giorno la soglia era abbastanza bassa e vulnerabile.

Il vecchio alzò le spalle e continuò imperterrito a uccidersi lentamente, mentre Iris se ne andava, poco più lontano a sedersi e a riflettere.

Aveva un sacco di cose da riordinare nella sua mente, per capire cosa nascondesse sua madre. Che aveva capito andasse oltre a quello che aveva visto quella notte.

Alla prossima,
Alice❤

Il segreto di IRIS (COMPLETATA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora