«Pilota fallito a me? Mi sembra di averti salvato la vita. E almeno non sono io quello che ha perso l'intera flotta».

«Siete senza ammiraglia».

«La stanno risistemando».

Uomini.

Mi viene solo da piangere. L'unica persona con cui potevo sostenere una discussione è sparita: eravamo io ed Aesta ad occuparci di portare avanti il progetto, gli altri non ci hanno mai messo mano, non posso farmi aiutare da nessuno.

«Perché se mi odi così tanto non te ne vai? Anzi, perché non mi dici di andarmene, eh?» chiede Axel alzando la voce. Mi alzo, mettendomi in mezzo. «Adesso basta. Vi state comportando come bambini».

«Sapete una cosa? Io me ne tiro fuori!» urla Brunnos.

Non so cosa mi trattenga dall'ammazzare entrambi.

Axel si lascia cadere a terra, si siede prendendosi la testa tra le mani.

«Sono un idiota, vero?»

Gli metto una mano sulla spalla. «Qualche volta sì» gli rispondo e lui abbozza un sorriso, poi guardo Brunnos che se ne sta con le braccia incrociate, borbottando qualcosa sotto voce.

«Voglio solo che sia chiara una cosa. Qui non si tratta di appartenere a questa o quella fazione: se non risolviamo questo... questo problema o come lo vogliate chiamare non ci sarà più nessuna guerra da combattere, niente in cui credere. Non è più una faccenda tra la Federazione e l'Alleanza, dovete capire questo».

Axel annuisce con un cenno del capo. «È che... non lo so... io ho una dannata paura di morire». Non avevo mai sentito la sua voce diventare così stridula. Mi accovaccio davanti a lui, guardandolo negli occhi: sono lucidi, sta tremando, non so nemmeno cosa dirgli – in fondo, chi l'ha trascinato in questo inferno sono stata io. Anche la scomparsa di Aesta: non posso fare a meno di non ritenermi responsabile. Ho messo in pericolo la vita di entrambi. Stringo i pugni, la mano è coperta di sudore, fisso lo sguardo ora su un punto, ora su un altro. Mi lascio cadere a terra.

Una mano si posa sulla mia spalla. «Calmati, Davith».

Mi alzo, fisso il vuoto, c'è come un senso di oppressione al petto che mi attanaglia, ho bisogno d'aria.

«Io... io... scusatemi». Mi prendo la testa fra le mani, la scuoto, mentre sento gli occhi pungere.

La mano di Brunnos indugia sulla mia spalla, stringe appena la stoffa della giacca, non sa cosa fare. «Credo sia meglio per tutti se ce ne andiamo a dormire».

Annuisco, passando il dorso della mano sugli occhi. «Continueremo domani...»

Axel si alza, scuotendo la polvere dalla divisa. «Almeno le misurazioni le hai prese?»

Scuoto la testa. «Ho fatto in tempo solo ad appoggiarlo in terra. È rimasto lassù, se Aesta l'avesse almeno appoggiato, potrei lavorare anche da qui. Ma non credo di esser in grado di lavorarci adesso. Sono preoccupata per lei... mi sembra di aver rovinato tutto».

«Non è colpa tua. Davvero, va' a dormire. Riprenditi. Sei più pallida del solito».

Dormire. È una parola. Continuo a rigirarmi nel letto, senza riuscire a prendere sonno. La coperta si è attorcigliata intorno alle gambe un'altra volta – la terza, da quando mi sono distesa. Continuo a vedere quella maledetta LWSS che ha portato via Aesta non appena chiudo gli occhi, continuo a sentirmi responsabile e niente potrebbe tirare via quel peso.

Mi metto a sedere, guardando le mani abbandonate sulle cosce dopo aver acceso la luce. Non riesco a dormire, sono quasi propensa a mettermi a lavorare di nuovo al progetto: il tablet, d'altra parte, è appoggiato qui vicino al letto, su una mensola a portata di mano.

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaWhere stories live. Discover now