Sic Mundus Creatus Est

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Camminando lentamente lungo uno stretto corridoio sommerso nella semioscurità mi
domandavo dove esso mi avrebbe condotta.
Fin dalla mia più tenera età avevo dimostrato un'indole curiosa; per ogni cosa che appariva
priva di significato io dovevo trovare il modo di risolvere quell'intricato mistero, anche a
costo di compiere atti inopportuni e guardare dove era meglio mantenere le palpebre serrate.
I miei genitori mi avevano spesso rimproverata a causa di questo comportamento,
dicendomi che non mi avrebbe portata a nulla di buono. Nella mia intera vita non avrei mai
voluto disobbedire, arrecando a loro dolore e vergogna; io amavo i miei genitori, anche
perché erano le uniche persone capaci di comprendermi e starmi accanto. Ma l'impulso
dettato dalla sete di conoscenza mi martellava nella testa come un eco persistente;
indomabile. Non c'era mai silenzio. Ogni cosa intorno a me dava vita a domande e misteri
da risolvere; non potevo fermarmi. Ero nata come incarnazione del peccato.
Quindi continuavo a camminare in quel lungo corridoio che sembrava non finire mai. Non
ricordavo né dove mi trovassi né come ero giunta lì, ma non aveva alcuna importanza. Con i
piedi scalzi, quasi diventati insensibili per il freddo, saggiavo lentamente e con delicatezza il
liscio pavimento di marmo; quasi come se contassi i passi che mi tenevano lontana dalla
meta.
Sapevo che una volta raggiunta non sarei più potuta fuggire. Sentivo nel ventre un calore
impossibile da descrivere e un forte dolore alla tempia sinistra. Il cuore mi batteva così forte
da poterne udire i battiti spezzare un silenzio pesante come un macigno.
Ancora prima di sapere cosa vi fosse alla fine, ero consapevole che avrebbe per sempre
dannato la mia vita. Mi sarei affacciata a una conoscenza senza pari, destinata a pochi eletti,
cadendo nel tormento fino al momento della mia morte. Lo sapevo ma non mi fermavo.
Stavo percorrendo la strada a cui fin dalla nascita ero stata destinata.
A questo punto i ricordi si fanno confusi e febbrili, ma rammento bene determinate cose:
una cacofonia di suoni giunsero a me ancora prima di vedere lei, che urlava e piangeva in un
angolo buio, in una stanza indefinita e indescrivibile. Rannicchiata a terra, con i lunghi
capelli rossi che le cadevano sul viso, la bambina tremava e piangeva, alternando urla di
orrore per qualcosa di terribile che solo lei poteva vedere. Era lì con me ma
contemporaneamente si trovava altrove, in un altro luogo, in un altro tempo. Sapevo che
non avrei potuto toccarla e interferire; non ne avevo il potere.
Osservandola nella sua disperazione, cominciai a tremare e caddi a terra perché il dolore alla
testa e al ventre s'erano fatti insopportabili, ma fu proprio mentre mi contorcevo sul
pavimento che vidi cosa c'era ai piedi della bambina: un libro. Era piccolo e bianco,
leggermente sporco e rovinato. Giaceva vicino a entrambe, separate dall'imparziale barriera
eretta dal tempo e dalle dimensioni. Ma quel libro, mi resi conto che avrei potuto toccarlo e
prenderlo, perché esso esisteva ovunque.
Sulla copertina vi era scritto, in lettere nere e raffinate, una frase che distrusse per sempre la
mia mente: "Sic Mundus Creatus Est".
«E Poi Fu Creato Il Mondo» sussurrai quasi inconsciamente, mentre il dolore
insopportabile mi trascinava nel buio.
L'ultima cosa che vidi furono quelle lettere nere, mentre un grido disumano mi trafiggeva la
testa.
E così mi svegliai; nel mio letto, in un bagno di sudore e con le orecchie che sanguinavano
leggermente.

Per mesi non sognai più nulla. Dormivo notti tranquille immerse nel buio oppure non
riuscivo a chiudere occhio, passando le ore ad ascoltare il sottomesso respiro delle mie
compagne di stanza mentre spesso la pioggia infuriava contro le vecchie finestre. Il vento
incessante scuoteva le imposte come se sapesse che per me le notti di vero sonno e riposo
erano oramai finite.
Le giornate proseguivano lente, scandite secondo dopo secondo dal forte desiderio di
rivedere di nuovo quel libro. Desideravo sfogliarlo e consumarne le pagine, nonostante
ancora non ne conoscessi l'effettivo contenuto. Il sapere era intriso in quel tomo così come
il sangue irrora i tessuti del corpo ogni giorno, in ogni momento.
La morte e il tempo gli erano sconosciuti perché solo in seguito nacque il mondo. Non
aveva epoca, non aveva inizio o fine. Era lì ed era ovunque.
Io lo avrei trovato; sapevo già che lo avrei cercato a ogni costo. Quella notte, in quel sogno,
qualcosa mi era entrato nel ventre. Nessuna annunciazione come con la Vergine Maria;
nessuna Grazia. Ero stata violata.
Senza praticamente alcun indizio, cominciai la mia ricerca; ogni momento libero era
dedicato allo scopo di trovare anche una minima traccia, per darmi la conferma che non
fossi solo semplicemente impazzita.
Trascorrevo le mie giornate, quando non c'erano lezioni o compiti a impegnarmi, nella
grande e antica biblioteca della città. Avere ancora tredici anni e vivere in un prestigioso
collegio femminile non aiutava. Tanto meno il semplice dato di fatto di essere nata donna e
diventata orfana dopo l'incidente avvenuto ormai l'inverso scorso. Le uniche persone che
mi avessero mai davvero amata erano morte e solo grazie al loro enorme patrimonio, di cui
io ero legittima erede, come specificato dal testamento, potevo permettermi di vivere in una
prestigiosa scuola per giovani donne.
Una volta svolti tutti i miei compiti della giornata avevo il permesso di recarmi in biblioteca
fino a poco prima del tramonto. Sia le mie compagne che le docenti e il personale avevano
smesso di farmi domande. Credevano che fossi un semplice topo di biblioteca. Che male era
in grado di fare una giovane donna che passava ogni suo momento libero a leggere?
Se solo avessero potuto immaginare che cosa mi era capitato tra le mani circa un mese fa,
mentre esploravo i lati più bui e dimenticati dell'enorme biblioteca...
Sommerso da tomi malandati e mangiati dalla muffa, pieno di polvere, con il titolo quasi
cancellato dal tempo, vidi una delle rare copie esistenti del Necronomicon.
Fino ad allora ne avevo solo sentito parlare vagamente in altri vecchi libri ma mai avrei
pensato di ritrovarmi tra le mani una delle poche traduzioni dall'arabo.
Non sapevo esattamente cosa aspettarmi quando iniziai a sfogliarlo. In breve tempo lessi
ogni pagina avidamente; molti concetti sfuggivano alla mia mente perché erano talmente
inumani per essere compresi o anche solo immaginati. Nonostante il terrore che mi
penetrava le viscere man mano che andavo avanti, non potevo fermarmi. Sapevo di avere tra
le mani il mezzo per raggiungere il libro che avevo visto in sogno mesi fa. Questo bastava
per impedirmi di rinunciare o cedere alla paura.
Non avevo più niente. Nulla che appartenesse al calore umano; l'unica cosa che poteva
nutrirmi era la verità.
Correva l'anno 1798 e l'inverno stava cedendo il posto alla primavera, quando trovai il
modo di sognare ancora.

Sic Mundus Creatus EstWhere stories live. Discover now