Giorno 1

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Il mio soggiorno sull'isola di Malta inizò insolitamente presto per essere un giorno di piena estate e quindi, in teoria, di vacanza.

D'altra parte quelle erano state le istruzioni di Julia la sera prima: svegliarsi presto così che Edgar avesse il tempo di accompagnarci fino a scuola.

Già, accompagnarci, perché quando alle 07:30 scesi in cucina per la colazione scoprii che anche Igor frequentava lo stesso istituto da qualche settimana.

La cosa strana era che in tutto il pomeriggio precedente e neanche quella mattina a colazione avevo sentito il giovane russo spiccicare nemmeno mezza parola in inglese, anche se viveva con i nostri "genitori ospiti" da diverso tempo. Per lo meno, a Dio piacendo, mentre bevevamo il caffè prima di uscire aveva fra le mani solo la cartella, il fedele videogioco abbandonato sulla scrivania al piano di sopra in camera nostra.

Se dovessi portarvi adesso da casa di Edgar e Julia fino alla scuola non avrei la più pallida idea del percorso. Forse è perché non vedendo bene non badi molto alle strade, o più probabilmente perché io ed Edgar passammo i pur pochissimi minuti di tragitto parlando molto. Non si parlava di nulla di particolare, per lo meno nei primi giorni, ma ci si limitava a fare domande l'uno sulla vita dell'altro mentre il russo seduto al mio fianco tamburellava sulla borsa con le dita. Probabilmente era ormai una specie di riflesso condizionato, quel gesto così simile al manovrare i tasti di una console invisibile.

L'English Language Accademy di Sliema non era di certo l'edificio più evidente o vistoso del circondario. Dal lungomare si dipartiva un ampio viale trafficato da cui si diramavano una serie di viuzze laterali più o meno importanti. Fu proprio giù da una di quelle vie che Edgar si fiondò guidando abbastanza come un pazzo per fermare l'auto con un fischio delle gomme sull'asfalto rovente.

Sul marciapiede dove avevamo parcheggiato si apriva la facciata transennata e cavernosa di un palazzo di tre o quattro piani in ristrutturazione, mentre di fronte a quello un altro viottolo si dimostrò essere la nostra destinazione.

Era un vicolo pedonale cieco lungo una trentina di metri e dall'aria decisamente sciatta, i muri un po' vecchi e scoloriti ricoperti di graffiti o dalla pittura che cadeva in grosse falde polverizzandosi sul pavimento.
Sulla sinistra si apriva una porta a vetri che sembrava introdurre in una specie di spazio multiproprietà che ospitava, a gidicare dalle insegne, diversi bar e piccoli punti di ristoro.
L'English Language Accademy era proprio lì di fronte, la grande porta di legno a due battenti in stile antico affiancata dall'improbabile panorama di un bidone dei rifiuti stracolmo di cartacce, talmente pieno, infatti, che il coperchio vi penzolava sopra alquanto precariamente.

-Ci vediamo qui davanti alle 14:00.- mi salutò Edgar facendo un gran sorriso a me e un cenno un po' incerto a Igor prima di risalire in auto.

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Anche se da fuori metteva una tristezza infinita, devo dire che l'interno dell'ELA era tutta un'altra storia.
Dall'ingresso un po' piccolo ma con le pareti ingombre di armadietti tipo quelli dei musei, uno per ciascuno studente, si dipanavano due corridoi. Quello sulla sinistra ci sarebbe rimasto sconosciuto ancora per qualche giorno, mentre quello sulla destra, costeggiato da piccoli uffici su entrambi i lati, terminava in uno strettto giro scale affiancato da un ascensore che conducevano ai due piani superiori dove si trovavano le aule.

Svolta la prova d'ingresso, un testo con spazi vuoti da riempire con multiple choices ed alcuni a nostra scelta, venimmo suddivisi dopo circa un'ora di correzione in tre gruppi in base al livello di competenza dimostrato.
Io con mia sorpresa finii nel gruppo degli High Intermediate insieme a quattro o cinque altri del mio gruppo fra cui la veronese e la mia vicina di volo.

La prima mattinata di studio se ne andò abbastanza piacevolmente fra presentazioni nostre al resto della classe evidentemente già formata e da parte loro e dell'insegnante, una certa Judith Dillon bionda sulla trentina più o meno.

Con noi sei italiani c'erano altrettanti studenti: due tedesche, uno spagnolo, due danesi o su da quelle parti e, infine, una tipa russa circa della stessa età dell'insegnante.

-Ma questa è Malta o la Russia?!- esclamai a pranzo con il mio gruppo raccontandogli di come, strano caso della vita, avessi un connazionale della nostra compagna anche in casa. Igor infatti non faceva parte del nostro gruppo: credo fosse stato piazzato nel Low Intermediate, se non ricordo male.

Mentre ci infilavamo nel locale di fronte alla scuola per cercare da mangiare attirati dalla rassicurante M gialla che ovunque nel mondo attira il turista affamato, sfogliavamo il materiale che ci era stato consegnato quella mattina.
All'interno di un raccoglitore ad anelli di plastica bianco con l'emblema delal scuola si trovavano diverse cartelline che contenevano diversi documenti. C'erano una cartina di Malta con segnate le città ed i luoghi di maggiore interesse, una mappa della città con marcata la posizione della scuola e della nostra famiglia ospitante, una lista di numeri di telefono utili in caso ci fossimo ritrovati soli ed un tesserino magnetico che dava libero acceso ai mezzi pubblici della città oltre ad una piccola chiave del nostro armadietto su a scuola.

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Quel pomeriggio non trascorremmo molto tempo insieme, giusto quell'oretta che ci bastò per fare un giro giù al porto e pasare a cambiare gli Euro in Lire ad una banca che si trovava giusto sull'angolo fra il lungomare ed il viale che portava a scuola.

Il resto del pomeriggio l'avremmo trascorso a casa con le nostre famiglie per conoscerci meglio e, ecco la fregatura, per scrivere una presentazione di noi stessi che tenesse conto delle correzioni che quella mattina Mrs. Dillon ci aveva suggerito.

E così eccomi in camera a lavorare alla scrivania pur essendo teoricamente in vacanza , con le gocce di sudore che rotolavano dalla fronte e dal collo. Di Igor manco l'ombra, evidentemente doveva essere fuori con il suo gruppo.

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Quella sera si cenò tutti insieme a base di fish and chips, tutti tranne Igor che aveva chiamao nel pomeriggio per dire che sarebbe tornato per le nove e mezza dopo aver cenato fuori col suo gruppo.

Dopo cena avrei voluto passare un po' di tempo con la mia famiglia ospitante: dopotutto ero lì per parlare inglese, no?
Peccato che tutte le notizie ricevute quel giorno e le molte facce nuove da tentare di ricordare mi avessero tipo mandato il cervello in overdrive .

Decisi quindi di andarmene a letto abbastanza presto, saranno state a malapena le dieci, e ricaricare le batterie per il giorno dopo.

A proposito di batterie... qualcuno mi sa dire come cavolo le producono in Russia?!
Non ci potevo credere... sì, avete indovinato, ancora Igor col suo videogioco probabilmente alimentato a plutonio in stile Delorean. Come poteva averlo in mano tutto lo stramaledettissimo giorno e non aver ancora esaurito le pile?

Solo verso le undici la luce del display scomparve e con un tonfo l'aggeggio infernale venne abbandonato sul comodino... finalmente!

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 11, 2018 ⏰

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