L'ombrello

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20 Settembre 2017

Oh mio Dio!
Sembra quasi assurdo cominciare questa pagina di diario con la stessa esclamazione di qualche mese fa, ma "Oh. Mio. Dio!"
Non crederai a tutto ciò che sto per raccontarti, come sempre, io stessa sono la prima che stenta a credere che sia vero ancora una volta.
Già...
Ancora una volta.

Sono in aereoporto ormai da diverso tempo, motivo per il quale colgo l'occasione per scriverti ed impiegare in qualche modo queste ore che sembrano non passare mai.
Già, ora ti chiederai "a fare cosa?"
Beh, innanzitutto ad imprecare, perché giustamente quando tutto sembra andare a meraviglia, c'è sempre dietro l'angolo l'imprevisto di turno.
Yeah...
Ovviamente, guarda caso, sembrano esserci stati dei ritardi e sia i passeggeri che gli accompagnatori non sanno più come impiegare le infinite ore di attesa...
Per fortuna che ho te, almeno so come sfruttare il mio di tempo e soprattutto cerco di tenere la mia mente il più impegnata possibile, per evitare di andare ulteriormente in ansia.

Dunque, le cose sono successe così stranamente, che ancora non riesco a capacitarmene.
È accaduto tutto qualche sera dopo la nostra ultima chiacchierata, o meglio, dopo le mie ultime annotazioni.
Ero a casa coi miei che, una volta tornati dalle vacanze e saputa la bella notizia, per festeggiare il grande annuncio di Walter e Sara, avevano deciso di fare una cena invitando anche il resto della famiglia che non vedeva mio fratello da un bel po'di tempo.

La cosa, più che una cena divenne una vera e propria festa: tra zii, nonni, cugini ( alcuni dei quali coi rispettivi figli), nel giardino sul retro regnava la baldoria e il caos più totale.
In effetti era solo il pretesto per passare del tempo tutti insieme, che ad eccezione del capodanno riuscivamo a riunirci raramente.
Dopo l'aggravarsi delle condizioni di salute del nonno, la vita di noi tutti si era semplicemente alternata tra lavoro e ospedali per diversi mesi, dandoci i turni e ritagliando ciascuno pezzi del proprio tempo per darci una mano a vicenda.
Nonostante ci fossero poi stati dei miglioramenti, nei mesi successivi non eravamo mai riusciti del tutto a riprendere quella sorta di stabilità.
Quella serata serviva davvero a tutti.

Ma torniamo a noi, mentre lavavo le stoviglie, dopo aver imposto a mia madre di godersi la serata, dedicandomi alle faccende che solitamente svolgeva lei, dalla finestra che affacciava sul giardino mi sento chiamare.
Rilancio un urlo in risposta per chiedere cosa volessero, mi dicono qualcosa che però a causa dello scroscio dell'acqua e dei piatti che risciacquavo e riponevo nel lavello non capisco.
Pochi minuti dopo e vedo arrivare Carlo, il mio primo nipotino "acquisito".
Lo splendido bambinetto paffutello di circa 6 anni dai capelli castani e gli occhi color nocciola, figlio del maggiore dei miei cugini, era rimasto sulla soglia della cucina per dirmi timidamente
"ti cercano!"

Lo guardo per un istante, tremando al solo pensiero che si trattasse nuovamente di Riccardo.
In un secondo tremila pensieri invasero la mia mente, immaginando che si fosse presentato nuovamente alla porta di casa a fare o a chiedere chissà cosa: sarebbe stata una catastrofe, soprattutto con tutta la mia famiglia presente!
Timorosa chiedo al piccolo di chi si tratta e lui a quella domanda si limita semplicemente a scuotere la testolina dicendo
"Non lo so..."

Poco dopo lo vedo sollevare tra le mani il mio cellulare e avvicinarsi lentamente a me.
Il fatto che mi cercassero al telefono mi fece tirare un sospiro di sollievo, pensando immediatamente che si trattasse di Hanna o semplicemente del solito cliente di turno che non si fa scrupoli a chiamare anche alle undici di domenica sera.
Ho sorriso al piccolo bimbo chiedendogli di avvicinarsi e mentre riponevo l'ultimo bicchiere sulla pila di stoviglie lavate, noto lo schermo acceso con uno sfondo differente da quando si riceve una telefonata...

Sognando FeltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora