Capitolo 2

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3 anni dopo.

Raccontare la vita di un uomo quasi trentenne che a parte il lavoro e molti vizi più non ha, non era una cosa facile.

Vivevo solo da anni ormai in una casa così immensa che non serviva a molto per un uomo sempre assente, nessuna donna vi aveva mai messo piedi ed era giusto così.

Avevo bisogno del mio spazio, della mia privacy ed essendo un uomo legato ad alcuni rischi e piaceri, l'incolumità era una veste di cui non volevo privare la mia vita.

Quella donna, Eva, più volte aveva tentato di inseguirmi con la macchina fino alla mia abitazione, lei non sapeva però che la velocità era diventata la mia sfida secondaria.

Due piani, otto stanze, due giardini, una piscina e un pianoforte, avevo per me tutto l'occorrente per vivere nel lusso sfrenato.

Come ogni sera, dopo il lavoro, ero solito rientrare in casa e sorseggiare del buon vino rosso nel calice in cristallo perfettamente lucido e scintillante.

Il silenzio mi era comodo in alcuni momenti, ma in altri diveniva un tormento. Nonostante avessi ormai accettato la morte dei miei genitori, non potevo dimenticare che loro non erano più accanto a me ad assaporare del buon vino e andar fieri del mio lavoro in azienda.

Dovevo la mia fortuna a loro ed era straziante non poterli ringraziare come si doveva realmente fare, così ogni giorno lavoravo duramente e ogni sera, prima di partecipare ad una delle mie solite corse, suonavo al pianoforte.

La Forgotten Editor era stata fondata da mio padre all'età di venti anni, stessa età in cui io mi dovetti adoperare di lucidità e serietà per diventarne titolare.

Mentre i miei coetanei si divertivano e uscivano in locali a far conquiste, io avevo già sulle spalle una vita buia, due genitori portati via da un incidente e una donna che promise amore ma mi tradì senza vergogna.

Non giustificherò a Dio i miei loschi comportamenti, non lo pregherò per avermi tolto qualcosa nel momento più importante della mia vita e mai mi inginocchierò esausto a chiedere perdono di tutti i peccati che da quel giorno stavo volutamente compiendo. Lui aveva tolto il bene più prezioso ed io gli stavo togliendo il mio credo e tutto ciò che mi avrebbe reso puro e impunito ai suoi occhi di supremo e divino.

Quando ero piccolo ricordo che mia madre suonava per me una melodia calda e intensa, mi addormentavo ascoltandola anche se il più delle volte finivo con rovinarle il pezzo, data la mia irrequieta curiosità nel premere i tasti bianchi e pesanti nello stesso momento in cui lo faceva lei.

Ricordo che non mi sgridava mai anzi, il sorriso sul suo volto mi spingeva ad insistere fin quando non decise di insegnarmi a suonare.

Mi soddisfava il fatto che dalle mie mani uscisse musica e che la mia curiosità da infantile diventasse poi una passione, oltre che un talento. Così ogni sera, da quella sera, non andavo a dormire mai senza aver prima suonato sotto il riflesso della piscina illuminata da una luna timida e innamorata del suo cielo.

Mi avviai a lenti passi verso il giardino sul retro e mi fermai davanti il pianoforte poggiando il bicchiere sul rivestimento esterno, mi sedetti sullo sgabello in pelle nera a tre posti e sollevai il coperchio scoprendone la tastiera.

Un ultimo sospiro accompagnato da una breve carezza sulle note per poi iniziare a suonare.
La composizione di mia madre quando ero bambino, era questo ciò che ad occhi chiusi stavo riproducendo. Una melodia lenta ma che non solo toccava le corde che vibravano nella cassa e ne permettevano il giusto suono, ma colpivano la mia anima e la ferivano fino ad ucciderla e lasciarla a terra inerme.

Fra una nota e l'altra che cancellava completamente lo scorrere del tempo, avvertii il cellulare vibrarmi in tasca. Mi fermai di colpo e leggendo il nome sul display, rimasi un attimo stranito: Sophie, la mia segretaria personale non chiamava mai a quest'ora.

"Mi dispiace disturbarla, ma vorrei comunicarle che è appena arrivata una mail particolare che dovrebbe assolutamente leggere", comunicò con la sua solita calma.

"Chi la manda?" Domandai alzandomi dallo sgabello e rientrando in casa.

"Emily Castle, scrittrice di fama mondiale. Vorrebbe avere un appuntamento con lei".

Una scrittrice di fama mondiale chiedeva di me, non sapevo nulla di lei né del suo essere autrice di opere conosciute in piccola parte ma pensando ai miei interessi, poteva sicuramente essere ciò che serviva per dare ancor più crescita alla mia editoria e rendere l'azienda e il mio nome ancor più importante e intoccabile.

"Sophie, segnale un appuntamento per domani alle ore 16:00 presso il mio ufficio".

"Va bene, a domani Direttore McRoverguy".

La prima cosa che feci una volta chiusa la telefonata fu salire in stanza e scoprire qualcosa in più su questa ragazza. Mi sedetti sulla sedia davanti il portatile e iniziai le mie ricerche su di lei.

Non ci volle molto per trovare la sua scheda: nata nel 1995 a Boston, amante dei libri e della scrittura, figlia unica, altezza sotto il metro e settanta, castana, magra, autrice della trilogia "L'amore dietro i tuoi occhi", nessun vincolo matrimoniale.

Mi soffermai sull'ultimo punto: sarebbe la prima donna non sposata che potrebbe darmi qualcosa in cambio della mia disponibilità, che avrebbe a che fare con me.

Scacciai immediatamente quello strano pensiero, era da un po' che non avevo contatti diretti con una donna single e ciò poteva essere un reale problema per me, non che le donne sposate non lo fossero.

Sospirai, stampai il documento e lo misi nella valigetta sotto il letto insieme a tutti gli altri documenti. Tornai al PC e cercai qualcosa inerente le trilogie pubblicate dalla "Social Book Editor" in soli sei mesi dall'invio del manoscritto, avevano raggiunto il milione di copie vendute in otto mesi e mezzo.

Ero sorpreso da questo risultato, dovevo assolutamente parlare con lei.

Come tu mi vuoi - Russel McRoverguy Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum