Capitolo 23

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Tutte le volte che ero stato in casa di Eva mi ero ritrovato a sentire i suoi orgasmi rimbombare ad eco in ogni enorme stanza vuota, ora invece persone tra invitati e camerieri riempivano l'ampio spazio senza occuparlo completamente.

Passo dopo passo i miei occhi si focalizzavano rapidamente sui mobili sopra cui l'avevo posseduta in ogni posizione, sui divani e perfino sui tappeti. Tutto era rimasto come lo avevo lasciato, ma sulle pareti notai che mancavano i vecchi quadri sostituiti con nuovi ed astratti.

Emily mi era di fianco, non si era mossa di un passo, il suo stupore era percepibile sull'espressione che aveva in volto, sulle sue labbra aperte e gli occhi spalancati. Mi domandai a che tipo di case od appartamento fosse lei abituata considerato quanto rimanesse affascinata per un arredamento più ricco, ma questa sarebbe stata una delle tante domande che le avrei posto in seguito o forse mai.

"Ma che piacevole sorpresa avere qui con noi il giovane Russel McRoverguy".

Il Signor Gaber, noto agente letterario, uomo sulla sessantina, ex collaboratore di varie case editrici quale proprio quella di Eva, mi si avvicinò con un largo sorriso.

"Lei pensi che è una sorpresa anche per me", ironizzai.

"Che cosa la porta in questa tana di lupi affamati?"

"L'invito del capo branco", ammisi ora che Eva sembrava come essere sparita.

"E mi dica, è qui da solo?"

"No, sono qui con..." allargando il braccio feci per avvicinare la mia partner, ma Emily non era al mio fianco.

Quando mi voltai era ferma immobile, un blocco di ghiaccio in mezzo ad una sauna pronta a sciogliersi goccia dopo goccia. Volsi il mio sguardo nella stessa direzione in cui era fisso il suo: Robert Gibson.
Mandai giù il nodo in gola quando notai che anche lui la guardava. Aveva l'espressione per nulla sorpresa nel vederla fra gli invitati, lui ed Eva si erano sicuramente messi d'accordo per averla a tutti i costi a questa cena e c'erano riusciti.

"Signor Russel, va tutto bene?" Gaber mi parlò.

Lo guardai:"Sì, mi può gentilmente scusare?" Mi avvicinai ad Emily che sussultò quando la toccai.

Le feci capire che dovevamo continuare a muoverci, nel mentre fissai Robert che sembrava poco contento di vedermi accanto a lei. Nella mia testa provai un senso di piacere, doveva essergli sembrata sicuramente una scena deplorevole vedere la sua amata muoversi al mio fianco. Per quanto Emily mentisse sulla sua relazione con quel ragazzo, sapevo perfettamente chi lui fosse e cos'era stato per lei ed ero più che certo anche Eva lo sapesse.

Ma stavo seriamente detestando l'idea che avesse messo in mezzo anche lui pur di arrivare ad Emily ed il pensiero che forse avrebbe giocato la carta giusta prima di me, mi rendeva alquanto infastidito.

Raggiungemmo la sala da pranzo, un tavolo ovale disposto al centro sotto un grande lampadario a soffitto interamente in cristallo era apparecchiato con il servizio di piatti e bicchieri più costoso che Eva aveva nella sua cristalliera.

La solita esibizionista, pensai.

"Bene signori e signore", poi il tintinnio di un bicchiere distolse la mia attenzione dal centro tavola floreale:"Potete accomodarvi, la cena è quasi pronta per essere servita", annunciò Eva.

Ogni uomo o ragazzo prese posto senza farselo ripetere una seconda volta, io ed Emily eravamo quasi gli unici fermi in piedi a parte altre cinque o sei persone ancora ferme nel corridoio.

Mi avvicinai all'orecchio di Emily:"Dove vuoi sederti?" Le sussurrai.

Emily si guardò attorno poi avanzò verso due sedie libere:"Qui va bene".

"Perfetto, mi metterò accanto a te".

La vidi arrossire quando tirò la sedia verso di sé:"Va bene".

Feci per accomodarmi al suo fianco ma venni improvvisamente bloccato dal braccio: era Eva che si era precipitata verso di me stropicciando la manica della mia giacca.

Ero rimasto in bilico con il peso sulle gambe:"Mi spiace Russel...", disse:"Ma in quanto direttore della Forgotten Editor il tuo posto è capotavola", volse uno sguardo fulmineo verso Emily che sembrava impietrita ed intimidita:"Accanto a me", aggiunse.

Quel suo modo di guardarla, quel suo continuo voler mettere in mostra quanto lei avesse avuto da me molto di più mi dava strettamente sui nervi.

Voleva giocare? Le stavo concedendo possibilità di farlo, ma non tolleravo l'arroganza che rivolgeva nei confronti di Emily.

"Ho già preso posto", risposi con tono fermo:"Ed è qui, accanto ad Emily".

Le lanciai lo stesso sguardo che aveva rivolto ad Emily, non le piacque molto e ne fui contento.

Era proprio ciò che volevo.

"Russel", ma Emily attirò la mia attenzione:"Se lo fai per me non preoccuparti", guardò gli invitati con la coda dell'occhio:"E' giusto che tu vada dove tutti possano vederti meglio".

Nella mia testa ringhiai, a che gioco stava giocando anche Emily? Non mi era possibile che lei avesse così premura per me né tanto meno che lei pensasse di sentirsi a suo agio stando in mezzo a persone che non conosceva.

Ma non avevo altra scelta che assecondare entrambe, così sospirai e scostai la sedia per potermi avvicinare ad Eva. Quando feci per allontanarmi mi fermai ad un passo dietro le spalle di Emily e mi chinai.

"Per qualsiasi cosa, ce ne andremo", le sussurrai senza attendere risposta.

Tornai al fianco di Eva, non la guardavo, disprezzavo questo singolo momento. Stavo seriamente detestando l'idea di non avere Emily sotto il mio più totale controllo, di non poterla tenere lontana da quegli occhi così desiderosi di riaverla.

Mi accorsi che Eva si era avvicinata quanto più possibile a me, la sua altezza quasi simile alla mia le permise perfino di parlarmi sottovoce.

"Non preoccuparti per la ragazza, saprà cavarsela", mi disse.

Strinsi i pugni e serrai le mascelle:"Non sono preoccupato", mentii a denti stretti quando raggiungemmo il posto capotavola.

Da qui avevo una visuale migliore di ogni singolo invitato, Emily mi era distante solo di cinque sedie ma riuscivo tranquillamente a vederla senza dovermi sporgere.

Quei posti liberi cominciarono ad occuparsi, accanto
ad Emily si avvicinò un ragazzo alto e snello vestito solo di pantalone gessato e camicia azzurra. Si stava accomodando al suo fianco ed io, sospirando silenziosamente, mi rilassai all'idea che quel posto accanto a lei fosse stato occupato da qualcuno che non fosse Gibson.

Continuavo a guardare nella loro direzione, stavano parlando ma non capivo di cosa dato il vociare nella stanza. Eva si era appena accomodata accanto a me, la sua mano stava volutamente toccando la mia coscia, abbassai lo sguardo per accorgermi che il suo palmo stava salendo, le afferrai il polso e la costrinsi a fermarsi. Quando alzai il mio sguardo sugli invitati la distrazione di quel secondo mi fu irreparabile: Robert Gibson si era accomodato alla sedia lato opposto, proprio di fronte ad Emily.

Il suo modo di guardarla, carico di interesse e desiderio nel poterle anche solo parlare mi fece venire voglia di alzarmi dal tavolo e portar via Emily da qui.

Come tu mi vuoi - Russel McRoverguy Where stories live. Discover now