Tikki stirò le braccia verso l’alto, alzando il capo e offrendo il volto al sole invernale che poco o nulla riscaldava: la mattina era diventata via via più freddo, abbandonando le temperature autunnali per quelle più rigide dell’inverno e anche il sole sembrava essersi rassegnato a essere nient’altro che una mera fonte di luce.
Sorrise, fermandosi lungo la strada che portava alla panetteria dei Dupain-Cheng e osservando il mare poco lontano, notando come la grande distesa di acqua si muovesse placida e le onde si infrangevano piano sulla spiaggia, quasi come se il Padre non avesse nessuna voglia di muoversi.
Si appoggiò alla balaustra che delimitava la strada che dominava la spiaggia sottostante e chiuse gli occhi, inspirando e avvertendo appena il richiamo del genitore e sposo: era flebile, quasi impercettibile alle sue orecchie e non aveva più quella forza trascinante che l’aveva sempre attirata come una falena alla luce.
Un’altra cosa che stava cambiando in lei.
Un’altra cosa che la rendeva più umana e meno sirena.
Riaprì le palpebre, abbassando lo sguardo e posandolo sui palmi delle mani, concentrandosi appena sulle linee che li attraversavano: poteva essere la lontananza dal Genitore che la faceva sentire così? Forse il non immergersi per tanto stava dando i suoi sintomi oppure…
Oppure non sapeva neanche lei cosa le stesse succedendo.
Cosa succedeva a una sirena che rimaneva sulla terraferma per tanto tempo?
Perché sognava? Perché non avvertiva più il richiamo del Padre?
Perché stava cambiando così tanto?
Lasciò andare un respiro, chinando maggiormente il capo fino a toccare con la fronte la balaustra di ferro e sentendolo ghiacciato al contatto con la pelle: non c’era nessuno con cui parlare, a cui chiedere consiglio; l’unica opzione a sua disposizione era il Padre ma sapeva benissimo come questi si sarebbe messo in allarme non appena avesse saputo cosa le stava accadendo.
Forse l’avrebbe portata via da lì, forse l’avrebbe tenuta in acqua e le avrebbe impedito di tornare sulla terraferma.
Non voleva saperlo e quindi rimaneva in silenzio, lontana da lui poiché paurosa che i suoi pensieri potessero tradirla, ignara di ciò che le stava accadendo e continuando a vivere come se nulla fosse la vita da umana.
Si tirò su, scuotendo la testa e storcendo la bocca quando una lunga ciocca le rimase sul naso, scacciandola infastidita e voltandosi, riprendendo a camminare e notando solo in quel momento la donna a pochi passi da lei: Marie era immobile, le braccia abbandonate lungo i fianchi e i pugni stretti fino a far diventare bianche le nocche, lo sguardo che la fissava e le labbra strette fino a diventare una linea sottile: «Sei ancora qui, assassina?» le domandò, quasi stesse sputando ogni parola che le rivolgeva: «Perché sei qui? Perché nessuno si accorge di ciò che sei veramente?»
Tikki aprì la bocca, richiudendola e stringendo le labbra, voltandosi poi e, aperta la borsa che teneva alla spalla, cercò il blocco con il quale era solita comunicare: non poteva non negare che lei era l’assassina del padre di Marie, sapeva benissimo che era l’uomo per cui aveva cantato quando era giunta in quell’angolo di mondo, ma ciò che non comprendeva era la certezza della donna nell’accusarla.
Marie non poteva sapere cosa lei era e cosa aveva fatto, eppure era certa che lei avesse ucciso il padre.
Plagg, i Dupain-Cheng e il dottor Fu erano convinti che, nella disperazione, Marie l’aveva additata come assassina perché semplicemente una straniera in quel luogo. Ma poteva essere questo un motivo valido?
«Oh, non userai quella cosa con me» la voce di Marie le provocò un brivido lungo la schiena, la minaccia nel tono della donna le fece alzare la testa e si trovò la donna a pochi passi: incapace di muoversi, la guardò mentre le tirava via il blocco dalle mani e lo gettava nella spiaggia sottostante, afferrandole poi una ciocca di capelli e tirandola con forza, tanto che Tikki sentì il cuoio capelluto dolerle mentre Marie la strattonava: «Tu sei quella che ha ucciso mio padre. Lo so. Sei stata tu e lo proverò ad ogni costo!» dichiarò, continuando a tirare con forza, mentre Tikki stringeva i denti, portandosi le mani alla testa e sopportando in stoico silenzio il dolore.
Non doveva parlare.
Non doveva emettere alcun suono.
Non avrebbe condannato a morte certa quella donna.
Chiuse gli occhi, sentendo l’altra mano di Marie agguantarla una seconda ciocca e rimanendo completamente in balia della donna, gli occhi che le pizzicavano per le lacrime trattenute e le labbra che si aprivano: «Basta!» mormorò con un filo di voce, avvertendo immediatamente l’altra lasciare i suoi capelli e portandosi una mano alla gola, mentre apriva gli occhi e osservava Marie: lo sguardo aveva perso ogni luce completamente spento, il corpo era immobile e le braccia erano di nuovo abbandonate lungo i fianchi, le mani aperte con i palmi rivolti verso le cosce; Tikki si portò le mani alla bocca, osservando con orrore ciò che aveva appena fatto: aveva parlato e così aveva condannato a morte certa Marie: «Cosa ho fatto?»

 
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E si riparte anche con La sirena, un'altra storia che è veramente da parecchio che non vedeva un aggiornamento: che posso dire? Con questo capitolo ho dovuto alzare un poco il rating perché...beh, sapevo già che se avessi tagliato di netto la scena in molte mi avrebbero rincorso con i bastoni, quindi ho preferito fare un piccolo switch di rating (da Giallo ad Arancione, in pratica) e non togliere assolutamente niente. Detto ciò...che dire, ormai ci stiamo avvicinando alla fine e solo una manciata di capitoli manca prima della conclusione.
Detto questo, vi ricordo la pagina facebook per rimanere sempre aggiornati e ricevere piccole anteprime dei capitoli o dei miei scleri e il gruppo Two Miraculous Writers, aperto e gestito con kiaretta_scrittrice92.
Come sempre ci tengo a ringraziarvi tutti quanti per il supporto che mi date: grazie a tutti voi che mi leggete, commentate e inserite questa storia (e le altre) nelle vostre liste.
Grazie tantissimo!

La sirena || Miraculous Fanfiction {Completata}Where stories live. Discover now