Capitolo 11

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L’acqua si chiuse sopra di lei, fagocitandola all’interno della sua oscurità senza fine: i polmoni le dolevano e lei aprì la bocca ma, invece che aria, ingurgitò solo acqua; il vestito, diventato pesante e impregnato d’acqua, la trascinava con forza verso il fondo, rendendo vano ogni suo tentativo di provare a risalire, di provare a salvarsi.
Sarebbe morta lì.
La sua vita si sarebbe consumata lì: gettata come una vittima sacrificale in quelle acque che le toglievano la vita, esattamente come stavano facendo con il suo villaggio.
Lei non era altro che un’offerta, un tentativo di placare quel dio che sembrava non trovare fine alla sua furia.
Vuoi salvarti?
La voce fu chiara nella sua mente, quasi come se qualcuno le stesse parlando proprio davanti a lei e non si trovasse immersa nell’acqua: socchiuse gli occhi, lasciandosi andare e sentendo il corpo smettere di lottare, di cercare di rimanere in vita.
Si lasciò cullare dalla corrente, stanca di continuare a lottare contro qualcosa più forte di lei.
Sì, le sarebbe piaciuto vivere ma, a quanto pareva, il suo destino era la morte.

Tikki aprì gli occhi di scatto, tirandosi a sedere nel letto e guardando la stanza immersa nella luce fioca del primo mattino, rimanendo immobile e incapace di capire cosa era appena successo: le sirene non dormivano e tantomeno sognavano e quindi che cosa aveva appena avuto?
Un movimento alla sua sinistra la fece sobbalzare appena e si voltò, sorridendo alla vista del giovane uomo ancora immerso nel sonno; tirò su le gambe, poggiando la guancia contro le ginocchia e continuò a fissare Plagg immerso nel sonno: erano passati tre mesi da quando, accettando l’invito di lui, era entrata in quella casa e gli si era concessa.
Tre mesi dove, un passo per volta, si era trasferita nel piccolo bungalow al limitare della proprietà degli Agreste e la sua vita aveva iniziato un percorso ben preciso e tranquillo: lo guardava svegliarsi e sorriderle, passare un po’ di tempo con lei e poi ricordarsi del mondo esterno e andare a svolgere le proprie attività.
Plagg come tuttofare del villaggio, lei come commessa nel negozio dei Dupain-Cheng.
Una vita…
Umana, ben lontana da quella da sirena a cui era abituata.
Non era più sola, immersa nella fredda acqua del Padre, ma assieme a persone che le volevano bene e la facevano sentire accettata e amata.
Ma quello che era appena successo aveva un qualcosa di preoccupante: non sognava da quando era umana e tutto ciò che ricordava di quell’attività era immerso nella nebbia del tempo; inoltre, non sentiva più l’impellente bisogno di andare dal Padre, di immergersi nelle sue acque.
Erano trascorsi tre mesi da quando aveva cantato per Lui, da quando si era stabilita sulla terraferma, eppure non sentiva l’impellente bisogno di andarsene, anche se sapeva benissimo che, presto o tardi, sarebbe stata chiamata: ogni giorno che passava si avvicinava quello in cui avrebbe dovuto dire addio a tutto.
Addio a quel posto.
Addio ai Dupain-Cheng.
Addio a Plagg.
Era l’inevitabile fine a cui si avvicinava e sapeva quanto ciò l’avrebbe distrutta, solo il pensare di andarsene le straziava il cuore e le provocava fitte all’altezza del petto, non osava immaginare come sarebbe stata il giorno in cui ciò sarebbe successo nella realtà.
Non sarebbe mai potuta tornare, non sapeva dove il Padre l’avrebbe mandata.
La sua vita sarebbe tornata a essere quella di una creatura del mare e tutti, in quel paesino, avrebbero presto dimenticato la straniera dai capelli cremisi che era stata fra loro per un po’.
Inspirò, stendendosi nuovamente nel letto e voltandosi verso Plagg, ancora profondamente addormentato, mentre la sua mente viaggiava: anche lui si sarebbe dimenticato di lei, relegandola in un angolo della mente e riportandola a galla di tanto in tanto, magari parlando con Marinette.
Stirò le labbra in un sorriso, allungando appena la mano e fermando le dita a pochi millimetri dalla pelle del viso di lui: avrebbe continuato la sua vita, avrebbe incontrato qualcun'altra da amare e sarebbe invecchiato con lei al suo fianco, giungendo alla fine di quel viaggio che gli umani chiamavano vita. Lei sarebbe rimasta immobile, invece, ferma nel tempo e relegata al suo mare.
Non c’era futuro per loro e lo sapeva bene.
Come conosceva bene il momento che adesso stava vivendo: non era la prima volta e non sarebbe stata neanche l’ultima in cui si lasciava andare a simili pensieri, a simili congetture e rendendosi conto che non stava facendo altro che profetizzare ciò che sarebbe avvenuto.
Sfiorò appena la punta del naso di Plagg con l’indice, sorridendo e osservandolo mentre storceva la bocca e scuoteva appena il capo, aprendo poi lentamente le palpebre e sbattendole un paio di volte, prima di voltarsi verso di lei e guardala appena confuso e con il sonno ancora nello sguardo: «Te l’hanno mai detto che sei troppo mattiniera, Rossa?» le domandò, girandosi su un fianco e passandole un braccio attorno alla vita, facendo aderire così i loro corpi nudi; una gamba le imprigionò i piedi e Plagg piegò l’altro braccio sotto la testa, lasciando andare un sospiro e richiudendo le palpebre: «Cosa c’è che non va?» le domandò con la voce ancora impastata e biascicando appena.
Tikki scosse il capo, circondandogli a sua volta la vita e carezzandogli la parte di schiena che poteva raggiungere, seguendo con la punta del dito la colonna vertebrale e sentendolo rabbrividire fra le sue braccia: «Signorina, se continui così…» si fermò, sibilando appena e, rotolandole sopra, la imprigionò fra lui e il materasso: «Sai cosa succede quando mi svegli così, vero?» le domandò, osservandola negli occhi e studiandola appena: Tikki annuì mentre piegava le labbra in un sorriso, inspirando appena quando sentì le mani di Plagg carezzarle i fianchi in quel modo lento e circolare che le anticipava cosa sarebbe successo di lì a poco.
Plagg riusciva a capire sempre cosa lei volesse e come darle piacere: seguendo il ritmo del suo respiro sapeva quando toccarla e quando no, dall’irrigidimento dei suoi muscoli riusciva a comprendere quando era prossima all’orgasmo o se poteva spingersi ancora un po’ e continuare in quella tortura piacevole.
Lo assecondò, passandogli le braccia attorno al collo e stringendogli appena le gambe attorno al bacino, sentendolo già pronto per lei, stringendo le labbra quando sentì le labbra che le carezzavano la gola e scendevano lungo il collo, mentre una mano di Plagg le si posava fra le gambe, avvertendo quella scarica di attesa salirle lungo la schiena e che anticipava il tutto: «Sei la mia rovina, Rossa.»
Lo strinse con forza quando i loro corpi si unirono, afferrando le ciocche scure e adeguandosi al ritmo che Plagg impose al loro amplesso finché entrambi non vennero: un suono gutturale lui, in completo silenzio lei.

La sirena || Miraculous Fanfiction {Completata}Where stories live. Discover now