Non ho mai concesso a Cindy di chiamarmi così, ma il mio cognome pronunciato da Harry acquista un suono piacevole.

Rilasso le spalle dapprima contratte e trattengo a stento un sorrisetto compiaciuto da idiota. Siamo ancora lontani dal rapporto amichevole vero e proprio, ma immagino che, con uno come lui, siano necessari i piedi di piombo.

«Ti sta bene il rosa», commenta d'un tratto.

Mi volto per guardarlo, ma lui ha gli occhi fissi sulla strada.

«È color salmone, in realtà», lo correggo, abbassando lo sguardo sul maglione.

Sorride ancora, ora divertito. «Ai complimenti si risponde con un "grazie"», puntualizza.

Ammetto di non aver fatto caso al complimento e, senza sapere cosa dire, mi limito a fare spallucce. Mi focalizzo sulle maniche della camicia che indossa, ripiegate sino ai gomiti. L'inchiostro di alcuni tatuaggi gli imbratta la pelle e, incuriosita, mi sporgo per osservare meglio. Riesco a riconoscere una bussola, ma Harry si accorge che lo sto fissando e abbassa prima una manica, poi l'altra.

«Hai tatuaggi?» domando, fingendo di non aver visto bene.

«Uhm.»

«Cosa rappresentano?»

«Non sono affari tuoi», taglia corto. Il solito tono glaciale che ha usato con me dal principio ritorna alla carica con prepotenza, facendomi alzare gli occhi al cielo. Lascio andare un leggero sbuffo e appoggio la fronte contro il finestrino, distogliendo lo sguardo dalla figura di Harry.

Quando arriviamo davanti al bowling, lui parcheggia l'auto vicino all'entrata principale.

«Siamo in anticipo di venti minuti», gli faccio notare nel momento in cui varchiamo la soglia.

«Meglio in anticipo che in ritardo», ribatte.

Alla mia destra c'è un ristorante e, davanti, la sala da bowling. Seguo Harry fino al bar e lo lascio ordinare due bicchieri di Coca Cola senza protestare.

«Niente alcolici. Domani abbiamo i test», chiarisce, porgendomene uno.

«Non avevo intenzione di bere alcol», rispondo. «Grazie.»

Cala il silenzio ed entrambi ci concentriamo sulle altre persone che giocano.

«Sei mai stata qui?» chiede d'un tratto.

Annuisco. «Ci venivo spesso con...» Mi blocco e decido su due piedi di non dargli troppe spiegazioni. «Una persona», concludo.

«Il tuo ragazzo?» domanda.

«Non sono affari tuoi», ribatto, rifilandogli la sua stessa frase di poco fa.

Non mi dà fastidio parlare del mio ex ragazzo, ma dato che Harry gioca a fare il misterioso, mi sento in dovere di ricambiare con la stessa moneta.

«Hai parlato al passato. Presumo sia il tuo ex», continua.

«Pensa pure ciò che preferisci.»

Si lascia sfuggire una debole risata e io gli rivolgo un'occhiataccia perché mi sta palesemente prendendo in giro.

«Non c'è bisogno di fare la misteriosa», commenta, posizionandosi davanti a me per bloccarmi la visuale.

«Io? L'unico che gioca al misterioso sei tu. Io limito a ricambiare il favore», ribatto, non nascondendo la mia irritazione.

«È per la domanda sui tatuaggi, giusto?»

Non rispondo. Lui finisce di bere la sua bibita e appoggia il bicchiere vuoto sul bancone. Si passa la lingua sul labbro inferiore e torna a guardarmi, questa volta con un'espressione più rilassata. Si spinge in avanti e avvicina il suo viso al mio. Punto i miei occhi nei suoi e deglutisco. Odio quando fa così. Non sopporto i momenti in cui decide di dimezzare le distanze, perché riesce a spazzare via ogni sfumatura di irritazione che mi provoca gli istanti precedenti.

«Facciamo così», dice, con tono basso. «Una mia risposta in cambio di una tua risposta. Domande superficiali, non troppo personali.»

Un senso di vittoria si impadronisce di me. La possibilità di fare una domanda a Harry mi è stata appena offerta da lui stesso su un piatto d'argento e non la sprecherei per niente al mondo.

«Sarà difficile sceglierne una. Vorrei farti un sacco di domande» ammetto.

«Capisco» risponde, lasciandomi con un punto interrogativo in testa grande quanto il palazzo in cui vivo.

«Non possiamo giocare a qualche gioco? Tipo, non so... il gioco delle dieci domande?» La mia proposta è infantile, ma la curiosità che scatena in me Harry è troppo forte da gestire. Non posso accontentarmi di una sola domanda; una sua risposta creerebbe solo altri dubbi e quesiti.

«No.»

«Otto domande?»

«Neanche.»

«Cinque?»

«No.»

«Tre?» azzardo.

Scuote la testa ed emetto un gemito di esasperazione. Tentare di arrivare a un compromesso con lui è più difficile che scalare una montagna.

«Lasciamo perdere», sbotto, distogliendo lo sguardo.

Spero con tutta me stessa che Lydia e gli altri stiano per arrivare. Intavolare conversazioni con Harry è difficile, se non quasi impossibile. Con loro, almeno, mi sentirò a mio agio.

«Va bene, facciamo una cosa», asserisce lui.

Gli presto attenzione e sollevo le sopracciglia per invitarlo a continuare.

«Giochiamo a bowling. Se io perdo, non mi farai domande. Se vinco, mi potrai chiedere quello che vuoi.»

Questo ragazzo è davvero strano, non smetterò mai di ripeterlo. La sua proposta fa acqua da tutte le parti.

«Non dovrebbe essere il contrario? Tu perdi e io ti faccio le domande?»

«No.»

«Mi stai proponendo una specie di gioco non a somma zero?» chiedo.

«Più o meno. Nessuno di noi perde e nessuno di noi vince.»

«Non ha senso.»

«Ha più senso di quanto tu creda», replica. «Io devo battere Zayn perché abbiamo una partita in corso da ormai due mesi. Mi obbligherà a giocare in coppia con te e devo... anzi, dobbiamo vincere. Se così sarà, potrai chiedermi quello che vuoi. Ci stai?»

Lo trovo un compromesso stupido e privo di senso, ma non posso rifiutare perché potrei davvero ricevere risposte alle domande che mi vorticano in testa da quando lo conosco. Una tra tutte, la sua età.

«Ci sto.»

*

Doctor Dream 1&2Where stories live. Discover now