I ~ Il canto dell'uccellino

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La madre di Jiyong canticchiava in cucina. Ovviamente non era lei a cucinare solitamente. Il padre era un imprenditore abbastanza ricco è importante a Seoul, da potersi permettere domestici ed una cuoca personale. Al piccolo Jiyong però, piaceva l'immagine della propria madre che cantava in cucina mentre gli preparava la merenda.
Alla fine la donna lo lasciava entrare in cucina e, sollevando dolcemente da terra, lo faceva sedere sul bancone della cucina, dove lo lasciava mangiare pane burro e marmellata. L'unica cosa che sapeva preparare da sola oltre al thè.

Jiyong era quel tipo di bambino ingenuo che credeva fosse la madre a cucinare tutto, anche se quando gli chiedevano quale fosse la cosa che preferiva mangiare rispondeva sempre: pane burro e marmellata. E questo era il tipo di legame che gli univa.

Tutto cominciò a sgretolarsi alla morte del nonno materno. Da quel giorno la madre si era chiusa nel proprio studio, non ne usciva mai nemmeno per mangiare.

-Mamma.- la chiamò incerto il piccolo Jiyong dopo essersi intrufolato nella stanza.
-Non entrare qui Jiyong, la mamma non vuole.-
Nonostante vivessero nella stessa casa, divenne sempre più raro incontrarla.
La dolce madre che il bambino adorava oltre ogni cosa, adesso era diventata un'irraggiungibile statua d'oro per lui.

Il padre lavorava sempre e non aveva mai perso tempo ad occuparsi del figlio, era sempre stata lei a stare con lui. Ma adesso Jiyong era solo.

-Qual è il tuo colore preferito Jiyong?-
-Il nero!-
-Il nero? Ma è un colore così triste per un bambino.-
-No invece, è il colore dei capelli della mia mamma.-

Dopo l'ennesimo litigio, ormai la famiglia era distrutta, avevano sopportato per un paio d'anni, poi il capofamiglia si era deciso a rivelare la sua relazione con una delle proprie dipendenti.
La madre di Jiyong uscì di casa la sera stessa. Mentre nevicava furiosamente. Il figlio le corse incontro inciampando nella neve.
-Mamma! Dove vai? Perché mi stai lasciando qui?-
Lei non si girò più verso di lui. Camminava dritta mentre i suoi capelli, legati in una crocchia, si sciolsero al vento freddo dell'inverno, e i fiocchi candidi di neve vorticarono fra quei fili corvini.
Fu l'ultima volta in cui Jiyong la vide.

Tre mesi dopo, suo padre portò in casa la nuova compagna insieme al figlio che avevano concepito all'oscuro di tutti.
Non solo a Jiyong era stata portata via la madre ma era stata anche rimpiazzata con una donna sconosciuta, che, a parere di Jiyong, si era intrufolata nella sua vita solo per godere degli agi del padre.
Il problema peggiore era rappresentato dal bambino però, una creatura di tre anni che Jiyong cominciò ad odiare profondamente.
Era colpa sua se sua madre se ne era andata.

Cominciò a compiere i dispetti più disparati nei confronti del fratellastro minore, issandosi contro le ire del padre. La sua nuova matrigna, non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi.
Quando a otto anni, rasò da solo la testa del fratello con il rasoio, per poco alla donna non venne un infarto.
Temendo che un giorno uno degli scherzi potesse danneggiare gravemente il figlio, soleva tenerlo sempre con sè, e spesso lo teneva in braccio. Lo sedeva sulla cucina e gli dava la merenda, proprio come faceva la madre di Jiyong con lui.
Il bambino se ne stava là,
Dietro una colonna, nella penombra, a guardare una madre amorevole coccolare il proprio figlio.

-Anche la tua mamma ti abbandonerà un giorno, Jae.-
-Non è vero!- protestava il fratellino con le lacrime agli occhi.
-Invece sì, un giorno se ne andrà e non tornerà mai più!-
Hyungjae, scoppiava allora in lacrime.
Tuttavia la predizione di Jiyong non si avverò mai, la dolce madre del fratellastro tornava sempre per consolarlo e per farlo ridere.

-Jiyong, hai fatto di nuovo piangere tuo fratello. Cosa dobbiamo fare con te?-
-Lui non è mio fratello!-
La donna sospirò, tenendosi il figlio stretto.

Un bel pomeriggio un uccellino cadde davanti alla porta di casa, si era ferito ad un'ala e ora cercando di risollevarsi, era rimasto stremato al suolo.
Jiyong lo raccolse. Lo tenne tra le mani come fosse un tesoro e lo portò senza farsi vedere in camera sua.
Lo tenne al caldo, gli fasciò l'ala come potè e cercò in giardino dei lombrichi da dargli da mangiare.
All'inizio l' uccellino era spaventato e tremava. Ma con un po' di pazienza il bambino riuscì a farlo mangiare. Il piccolo uccellino, si addormentò e allora Jiyong potè accarezzargli le piume morbide. Tenne lontano dalla stanza il loro gatto e si prese cura della creatura per qualche giorno, finché un pomeriggio tornando a casa non fu sorpreso da un' orribile scoperta.

Hyungjae, affacciato alla finestra del secondo piano, stava tenendo il piccolo uccellino tra le mani, il quale pigolava spaventato.
-Vola uccellino, adesso sei guarito!- esclamò il bambino sorridendo.
-Cosa fai, stupido! Mettilo giù!- gridò Jiyong!
Corse su per le scale cercando di raggiungere il più velocemente possibile il fratellastro.
-Non farlo Hyungjae! Non farlo!- gridava a pieni polmoni mentre saliva le scale.
Ma quando raggiunse la camera vide Hyungjae lanciare l'uccellino il quale svolazzò per qualche centimetro, per poi precipitare al suolo.

Jiyong si fiondò sul davanzale della finestra, spingendo in malo modo il fratellino.

-Perchè non ha volato? Perché?- chiese il bambino scoppiando a piangere.
-Perché era ferito! Sei un idiota! Ti odio!-

Jiyong in preda alla rabbia prese a scuotere il fratello per le spalle.
-Perché devi sempre metterti in mezzo? Sei uno stupido! Tua madre doveva abbandonarti! Non la mia!-
Lo fece cadere a terra, il più piccolo prese a piangere disperatamente. Ma Jiyong si sentiva troppo arrabbiato.

Entrò la madre di Hyungjae, avendo sentito il pianto disperato del figlio.

-Che diavolo stai facendo?- afferrò il braccio di Jiyong per allontanarlo dal fratellino.
Notò i segni rossastri alla base del collo del figlio.
-Volevi ucciderlo? Volevi stroncarlo? Sei un mostro!-

Diede uno schiaffo a Jiyong e prendendo in braccio Hyungjae uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle, facendola sbattere con un rumore secco.

Jiyong si accasciò a terra. Non riuscì nemmeno a piangere, sentiva solo la guancia dove aveva ricevuto lo schiaffo pulsare.

-Fa male.- mormorò con gli occhi persi verso la porta.

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