Capitolo Sette

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<<Cos'è successo?>>domando.Siamo nell'infermeria, Olly da una parte e io dall'altra. Hector sta sdraiato nel letto, tutto fasciato e incerottato. La ferita alla gamba è meno grave di quel che sembrava e infatti, secondo i medici, in un paio di giorni potrà uscire da qui e riprendere gradualmente gli allenamenti.<<Morti ovunque. Camminavano in mezzo a noi creando panico. Ci attaccavano con pugnali e non potevamo fare nulla per ucciderli. Ad Alexandros è capitato di decapitarne uno e allora abbiamo capito come procedere. Dopo aver staccato la testa dal corpo, svanivano.>><<Come svanivano>> chiese Olly.<<Un momento prima erano lì e quello dopo non c'erano più. Ce n'erano tanti, troppi per poterli contare. Ne ammazzavi uno e ne tornava un altro. E poi il cane. Il figlio di Cerbero era grande e arrabbiato quanto il padre. Attaccava tutto e mordeva e sbavava. Una scena disgustosa.>> racconta.Ha lo sguardo distrutto da ciò che ha visto, ma non solo. Continua a stringere tra le mani il lenzuolo.Olly ad un certo punto si alza, saluta il nostro amico con un bacio sulla guancia e poi esce dalla stanza, diretta alla lezione di musica.<<Non è come lo abbiamo sempre immaginato – dice dopo un attimo di silenzio – là fuori è stato brutto. Ho temuto di non fare ritorno. C'era sangue ovunque, uomini morti, dilaniati dalle fauci del cane, altri ancora erano stati uccisi dai morti che poi ritornavano tra di noi pronti ad uccidere.>>Gli strinsi la mano, non sapendo cosa dire. Per anni, durante gli allenamenti, avevamo sognato come sarebbe stato il nostro primo combattimento contro le bestie infernali, ma mai avrei immaginato che sarebbe stato così. Mentre mi dirigevo verso l'infermeria, avevo origliato una conversazione tra Milena e Alexandros. Discutevamo della devastazione che c'era stata, dicevano che erano anni che non succedeva niente di simile. Ade era visibilmente arrabbiato e cercava qualcosa. Un qualcosa che avevano all'accademia e ora che non era riuscito a prenderlo, sarebbe stato ancora più furente e avrebbe scatenato altre devastazioni.Non posso pensare ad una cosa simile. Guardo il mio amico e mi sento in colpa vedendolo in quello stato.<<Saresti dovuto tornare con me all'accademia>> gli dico.<<Non avrei potuto. Non sono un codardo, mi hanno addestrato ad essere un combattente ed è quello che sono e diventerò.Alexandros dice che la prima volta che ti trovi a combattere è sempre così. Tutti ci passano, non siamo macchine. Le emozioni che proviamo sono giuste e se non le provassimo dovremmo preoccuparci.>> non avrei mai pensato che Alexandros fosse in grado di formulare frasi simili e soprattutto di avere pensieri così profondi.<<Ah, a proposito di Alexandros... era visibilmente incazzato quando ci ha visto là fuori. Tornando indietro ha detto che ti avrebbe uccisa e avrebbe fatto in modo di toglierci il permesso di uscita. Gli ho spiegato che era colpa mia, ma non gli interessava. Ha detto: "Avevo vietato a Zoe di uscire e ha trasgredito una delle mie regole. Verrà punita.">> dice il mio amico imitando alla perfezione il tono arrogante del mio istruttore. Oddio, non poteva aver detto quelle cose, no?Lo ammetto, avevo paura. Una dannatissima paura delle conseguenze. Se prima mi aveva rotto solo un braccio, ora potevo essere sicura che mi avrebbe disintegrata solo con la forza del pensiero. Se il figlio di Ares è così incazzato non ho speranze di salvezza. <<Mi conviene andare a cercarlo, magari riesco a mitigare la sua rabbia e la mia morte...>> dico al mio amico alzandomi. Con spalle basse e strisciando i piedi mi dirigo alla porta, non prima di aver guardato un'ultima volta Hector che mi sorride infondendomi coraggio. Non sono mai stata una persona paurosa, anzi mi sono sempre reputata coraggiosa e a volte sprezzante del pericolo. Ho sempre creduto che sarei stata in grado di affrontare qualsiasi situazione mi si ponesse davanti ma ora devo ricredermi.Trovo Alexandros nella palestra dove siamo soliti allenarci. Si sta esercitando in complessi esercizi di krav maga. Sembra volare su quei tappeti e il suo corpo è così aggraziato da sembrare senza peso, come se la forza di gravità non esercitasse forza su lui.Il busto nudo è imperlato di sudore e i capelli neri, nonostante siano tenuti legati da un codino alla base del collo, sfuggono, seguendo i movimenti della testa in base alle azioni che svolge. E' puro erotismo e non posso fare a meno di stupirmi per non aver notato prima quanto sia affascinante. Credo di essere stata cieca per colpa dei pregiudizi che avevo su di lui, non che io abbia cambiato idea, tutt'altro. Sono convinta che Alexandros sia uguale a suo padre sotto ogni aspetto. Come il dio della guerra, è iroso e brutale, violento e sanguinario. Non ho bisogno dell'immaginazione per credere che il figlio sia uguale. <<Se hai finito di ammirare la mia bellezza, ti aspetto al centro dei tappeti.>> mi dice senza degnarmi di uno sguardo.Beccata! Avanzo a passo lento, studiando l'atteggiamento del mio istruttore. Non sembra arrabbiato

eppure nei suoi occhi posso scorgere le fiamme.

<<Mi hai disubbidito>> dice semplicemente. Ha smesso di muoversi, mi fissa con in mano l'asciugamano con il quale si è terso il sudore dal viso. Non so cosa dire perché è vero, non avevo il permesso di uscire eppure l'ho fatto.

<<Potevi essere uccisa là fuori.>>

<<Io...>> cosa? Non avevo parole per potermi scusare perché avevo fatto una cazzata.<<Devi capire che sei preziosa, Zoe. La tua morte potrebbe essere fatale, non solo per te...>> aggiunge rendendosi conto solo dopo di quello che ha detto.Fatale? Per gli altri? Cosa stava dicendo? <<Cosa intendi dire?>> domando guardandolo fisso negli occhi.

<<Nulla, ho parlato a sproposito. Devi essere punita per ciò che hai fatto. Domattina alle quattro ti aspetterò qui.>>

<<Cosa mi aspetta?>> chiedo fingendo di non aver fatto caso al suo cambio di argomento.<<Corsa. Correrai fino a quando le tue gambe non imploreranno perdono e allora correrai ancora. Sempre più veloce. Non ti sarà concesso fermarsi. Se lo farai ripartirai e sarà ancora più difficile.>>

Le sue parole non mi spaventano, ormai lo avevo capito che mi sarebbe toccata una delle sue fantasiosi punizioni e non mi illudevo che fosse una semplice corsa, c'era qualcosa sotto.<<Alexandros, perché io?>> chiedo non riuscendo a dimenticare le parole dette.

<<Perché tu sei quella che devo allenare>> dice fingendo di non aver colto il senso delle mie parole.Chi sono io? Nessuno eppure sono la migliore tra gli studenti e lui mi allena, ma la sua frase non sottintende questo.

<<No. Perché sono importante?>>

<<Non sta a me darti una spiegazione e se fossi in te smetterei di pormi domande. Fingi che le mie parole non siano mai state dette e tutto andrà per il meglio.>> dice credendo di porre fine alla mia curiosità. Si sbaglia di grosso se la pensa così.<<Non sono capace di fingere. Dimmi perché, spiegami ciò che non so. Cosa sta succedendo? Qual è il mio ruolo in tutto questo?>>Il figlio di Ares scuote la testa. Mi si avvicina lentamente e quando è di fronte a me noto la sua altezza. E' alto, molto più di me e mi sento piccola e indifesa vicino a lui. Lo guardo negli occhi e mi tremano le gambe nello scorgere il suo sguardo diviso tra ciò che sa e vorrebbe dirmi e ciò che sa ma non vuole dirmi. Mi scosta una ciocca ribelle dalla fronte in un gesto che sa poco di professionalità. Le sue dita indugiano sulla mia pelle lasciandomi una sensazione di calore al loro passaggio.<<Sei così piccola che potresti essere schiacciata in qualunque momento, Zoe. Il mio compito è quello di insegnarti a difenderti da tutto e tutti. Non sta a me dirti quello che so, posso solo sperare che tu non disubbidisca più ai miei ordini e impari a fidarti dei miei insegnamenti perché saranno loro a salvarti la vita.>><<E chi allora potrà raccontarmi ciò che sta succedendo??>><<Qualcuno di più in alto rispetto a me...>> dice soltanto, non lasciandomi intendere nulla.Le sue dita lentamente scendono ad accarezzarmi il collo, così leggere come una piuma e sono così imbambolata nel percepire quel contatto che non mi sono accorta che lui non è più di fronte a me. Ha già raccolto le sue cose e si sta dirigendo verso la porta della palestra.Le sue dita, come ali di farfalla, mi hanno fatta sentire strana. Mai nessuno si è avvicinato a me in quel modo, facendomi provare certe sensazioni. Mi sentivo un fuoco e lui è stato la miccia che mi ha acceso.


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