Un tulipano giallo

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Asteria volteggiava leggera tra le sue braccia. Il suo sorriso illuminava qualunque cosa. La sua risata si confondeva tra le note della melodia suonata dall'orchestra.

Piccoli bianchi fiori d'arancio si intrecciavano tra onde scure dei suoi capelli, emanando un lieve profumo ad ogni giravolta. I suoi fianchi erano serrati dalla presa salda di lui, che le concedeva piccoli baci sul mento.

Gli invitati, felici, li osservavano estasiati, augurando loro ogni bene, ogni felicità. Loro non sapevano. Non potevano sapere.

Lui era stato mio. Lo era stato molte volte.

E io ero stata sua. Lo sono ancora. Sua, solo sua.

Sua, sin dal primo giorno che lo vidi, nel lussureggiante giardino del Manor della sua famiglia, un giorno di primavera: rincorrevamo insieme i candidi pavoni, mentre i nostri genitori discutevano sul nostro futuro ad Hogwarts e fuori da quelle mura.

Sua, quando il temporale ci sorprese e dovemmo trovar rifugio nelle stalle dei cavalli alati della mia famiglia: guardava lascivamente il mio corpo, coperto dal leggero abito, talmente bagnato da attaccarmisi addosso ma che presto raggiunse terra.

Sua, un pigro giorno di primavera pieno di sole, quando avremmo dovuto studiare per i G.U.F.O.

Sua, all'insaputa di tutti. Non mi importava nulla. Non mi importava che nessuno sapesse. Non mi interessava che lui frequentasse altre ragazze o che quelle giocassero con i suoi capelli chiari. Lui tornava sempre da me. Con la vaga promessa, sussurrata tra un sospiro e un bacio, che lo sarei stata per sempre. E io ci ho creduto. Gli ho creduto. Ho creduto ai suoi racconti di un futuro insieme.

« Ti sposerò ».

Quei tiepidi giorni di Maggio, passati tra libri e gemiti, erano diventati il mio nascondiglio di pace, i miei momenti felici. Erano i miei ricordi più belli.

Ma l'anno dopo, qualcosa in lui si era spezzato, incrinato, cambiato per sempre.

Non mi rivolgeva più nemmeno una parola, un gesto, uno sguardo. I suoi occhi erano freddi e distaccati: sembrava che nulla lo interessasse minimamente; persino prendersela con i Grifondoro sembrava essergli tedioso. Lo guardavo impallidire, dimagrire, divenire l'ombra di se stesso.

Volevo sapere cosa gli fosse capitato, cosa fosse successo. Volevo chiedere a quelli che lo affiancavano più spesso. Ma sarebbe stato stupido e sospetto: tra tutti noi non ci sono altro che legami di rispetto e cortesia, raramente di amicizia. Gli stessi che legano i nostri padri.

Poi eccolo. Un nuovo Maggio. Ma, stavolta, non era luminoso e caldo e le giornate non erano più pigre e cariche di passione. Questo Maggio era freddo, tremendamente freddo. È stato così anche quella sera in cui fece entrare i Mangiamorte all'interno di Hogwarts, quella sera in cui tentò di assassinare il vecchio Preside, la sera in cui fuggì. La sera in cui scoprii che era diventato uno di loro. Eppure non mi importava nulla. Io ero sua.

Lui mi sposerà.

E la guerra giunse, per entrambi, per tutti: non c'era più spazio per l'amore, nessun angolo di pace, nessun posto felice in cui rifugiarsi. Solo ricordi; ricordi che, in quei giorni, mi portavano infinita dolcezza e voglia di continuare. E se tutti pensavano a come sopravvivere, in qualunque modo, in qualsiasi caso, io mi perdevo solo in quei giorni.

La guerra finirà. Lui mi sposerà.

Mi ritrovai a ripetermi questo ritornello giorno dopo giorno e quando Potter arrivò al castello, pregai che fosse davvero arrivata la fine per quella guerra che non era mia, di cui non mi interessava nulla, che non mi apparteneva e a cui io non appartenevo. Non mi importava neppure chi ne sarebbe uscito vincitore. L'unico mio pensiero era quello di ritrovare Draco. Il mio Draco. E di poter finalmente stare con lui. Il resto non contava.

Un tulipano gialloWhere stories live. Discover now